D’Annunzio e la pubblicità: la storia di un genio del marketing ante litteram

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D’Annunzio è uno degli scrittori italiani più conosciuti, non solo per le sue opere, ma anche per la sua biografia. Di aneddoti sul poeta abruzzese ce ne sono a bizzeffe. Di leggende metropolitane, anche di più. Trasgressivo sin da piccolo, era sicuramente un uomo dalle mille risorse, e parte del suo successo deriva anche dalla sua abilità nel promuovere se stesso.

Un’abilità che emerge sin dagli esordi quando, per ottenere l’attenzione del grande pubblico, arrivò ad elaborare un espediente geniale per promuovere il suo Primo Vere. Un episodio che non si può non menzionare, quando si pensa al rapporto tra D’Annunzio e la pubblicità.

Nel Novembre 1880 decise di inviare sotto falso nome una lettera alla Gazzetta della Domenica di Firenze. Nella lettera, si diceva che era deceduto a seguito di una caduta da cavallo. Numerosi furono i giornali che riportarono la notizia della sua prematura scomparsa, e questo fece sì che il nome di D’Annunzio fosse sulla bocca di tutti. Una mossa davvero astuta, che gli offrì la possibilità di pubblicare una smentita e attirare l’attenzione sulla nuova edizione della sua prima raccolta poetica.

Ma questa non fu l’unica volta in cui si distinse per astuzia.

Molti anni dopo, nel 1915, lo D’Annunzio ebbe un grave incidente che lo costrinse a vivere nell’oscurità, bendato e immobile, per circa due mesi. Poteva parlare poco e sottovoce, scrivere era gli diventato praticamente impossibile. Dovette elaborare una strategia per farlo: si fece preparare dalla figlia migliaia di sottili strisce di carta, i cartigli, che gli permettevano di scrivere senza rischiare di sovrapporre le righe, cosa che poteva succedere facilmente per i problemi gravi alla vista. Questa idea venne prontamente divulgata, per mettere in mostra la sua intelligenza e anche per promuovere il Notturno. Il poeta dichiarò che l’opera era il felice risultato della messa a punto di 10.000 cartigli, una cifra tanto esorbitante quanto falsa: prove filologiche, infatti, dimostrano non solo che i cartigli che utilizzò furono 2.500, cifra ben inferiore, ma anche che il libro che leggiamo oggi è in gran parte frutto dell’unione di scritti precedenti e successivi alla convalescenza. L’esperienza di scrittura alla cieca non era falsa, ma assai limitata nel tempo. L’esagerazione di questa, però fu una strategia tanto efficace che ben presto i librai registrarono il “tutto esaurito” e rimasero senza copie dell’opera, venduta in tutta la sua tiratura.

La promozione delle sue opere letterarie era un’attività che lo occupava a tempo pieno, e coinvolgeva anche la sua vita privata.

Coinvolto in numerosi scandali, vedeva l’arte e la vita come inscindibili, e sosteneva la necessità di fare di questa un’opera d’arte. Sprezzante nei confronti della massa, era un amante del lusso sfrenato. Tanto che pur avendo ingenti entrate visse sempre in difficoltà economiche, rimanendo schiavo dei debiti per il rovinoso bisogno del superfluo e di apparire.


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La costruzione del suo personaggio, però, gli permetteva anche di essere sempre al centro dell’attenzione mediatica, cosa che non poteva restare inosservata.

Questo rese possibile e inevitabile l’incontro tra D’Annunzio e la pubblicità, mettendo in evidenza le sue grandi doti nel mondo del marketing. E non solo nel campo dell’editoria.

In passato non era raro che scrittori creassero slogan pubblicitari. D’Annunzio non solo si cimentò in questi giochi di parole, ma battezzò anche dei prodotti, come la penna Aurora, il liquore Aurum e il biscotto Saiwa. Ma anche la catena di negozi Rinascente deve il suo nome all’autore del Piacere. E fu scelto persino come testimonial dell’amaro Montenegro.

Un altro aneddoto che vale la pena menzionare parlando di D’Annunzio e la pubblicità ha a che vedere con un marchio ben noto: quello della Fiat.

Giovanni Agnelli, infatti, gli regalò una 509, il primo modello prodotto in grande scala. Questo episodio è particolarmente interessante perché in quel periodo il sostantivo “automobile” era usato sia al maschile che al femminile. Fu D’Annunzio a sostenere che il sostantivo doveva essere usato esclusivamente al femminile, dopo aver visto la nuova auto della casa torinese.

Le parole che pronunciò furono:

L’automobile è femminile: questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità di una seduttrice e delle donne, ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza



Il mondo di D’Annunzio era sicuramente un mondo affascinante. Così come lo sono tutte le sue piccole rivoluzioni nel mondo della pubblicità. E, di più, in quello del lessico. Grande maestro dell’estetismo, fu anche inventore di tanti neologismi, alcuni dei quali potete trovare qui.

Rimane solo una domanda: chissà come se la sarebbe cavata oggi, ai tempi del web marketing!

Sofia Dora Chilleri

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