La ricerca proveniente dalla Scuola di salute pubblica dell’università di Washington e pubblicata su The lancet, è molto categorica e lascia poche speranze a popoli come il nostro o quello francese che hanno la cultura del vino tra quelle più radicate nella propria tradizione. Lo studio indaga i danni da alcool e conclude che non esiste una quantità sana di alcool sotto la quale il rischio è zero. In altre parole, ferme restando le proprietà benefiche di alcune delle componenti del vino di cui avevo scritto in precedenza, l’alcool è un veleno che non ha effetti positivi, alcune ricerche precedenti affermavano che sotto una certa quantità il veleno diventa praticamente innocuo e dunque i benefici delle altre componenti del vino portavano decisamente in area positiva il bilancio tra effetti positivi e negativi.
L’autrice principale della nuova ricerca, la dottoressa Emmanuela Gakidou, la pensa diversamente, innanzitutto puntualizza come non ci sia nessuna ricerca che dimostra che l’alcool assunto da vino o da birra sia meno dannoso di quello assunto da superalcolici. Certo un bicchiere di vino contiene meno alcool di uno di whisky ma la differenza è solo nella quantità, dunque 10 grammi di alcool li troviamo in 100ml di vino rosso a 13% o in 375ml di birra a 3,5% (dunque una birra leggera, una comune premium, specie se doppio malto, arriva facilmente a 4,5% o 5%) o in 30ml di uno spirito a 40% e dal punto di vista medico la fonte non cambia nulla, perlomeno non c’è ricerca che dimostra che faccia qualche differenza.
Poi la ricerca snocciola dati impressionanti sulle morti in varia maniera legate al consumo di alcool nel mondo, nel 2016 sono state imputate all’alcool 3 milioni di morti a livello globale, forse più impressionante è il dato sulla percentuale delle morti legate all’alcool nella popolazione maschile giovane (15-49) uno sbalorditivo 12% a livello mondiale.
Infine la ricerca snocciola i dati divisi per nazione e qui non sarà una sorpresa scoprire che la stretta osservanza dei precetti della fede religiosa musulmana ha portato almeno un beneficio alla salute di quei popoli che sono praticamente astemi per cultura. Indovinate qual è il paese con la più bassa percentuale di morti legate all’alcool (morti su 100000 abitanti nella fascia 15-49, sia maschi che femmine)? Il Kuwait con un 0,3, seguito da una lista di paesi per lo più del medio oriente, ma in questa classifica rientrano anche Singapore e le Maldive. Dall’altra parte della classifica probabilmente nessuno sarà sorpreso di trovare la Russia al secondo posto con uno spaventoso 118,4, il triste primato invece se lo aggiudica il minuscolo stato africano del Lesotho con un non invidiabile 145,3.
Nello studio sono presenti anche altre statistiche come quella della percentuale di bevitori abituali nella popolazione (divisa tra maschi e femmine) e quella del numero medio di drink, le classifiche non sono immediatamente sovrapponibili, se per esempio troviamo l’Ucraina ai primi posti (al quarto) per numero di morti e al primo per numero di drink, troviamo la Danimarca e la Norvegia ai primi due per numero di bevitori ma non sono nella classifica degli stati con maggiore mortalità da alcool, facile immaginare che altri fattori concorrano nel diminuire l’aspettativa di vita in paesi meno sviluppati e a mitigare i danni negli avanzatissimi Paesi scandinavi.
Naturalmente uno studio di queste dimensioni si è basato sull’esame di dati medici e precedenti ricerche provenienti da molti paesi ed è stato possibile grazie alla collaborazione di ricercatori di tutto il mondo, addirittura più di 500 collaboratori sparsi in 40 paesi.
Roberto Todini