Finora le ricerche che stimano i danni da cambiamento climatico si erano concentrate sui problemi creati ai paesi poveri, indicando come l’ennesima ingiustizia nei loro confronti il fatto che i gas serra (essenzialmente le emissioni di anidride carbonica) fossero prodotti soprattutto dai paesi industrializzati per sostenere il loro elevato standard di vita e gli altri ne subissero gli effetti. In realtà, fermo restando che le ricerche devono inseguire la verità e non dati utili a una tesi sociopolitica, la nuova ricerca proveniente dall’università di San Diego e pubblicata su Nature Climate Change, che racconta tutta un’altra storia, potrebbe avere più possibilità di influenzare le politiche energetiche degli USA, puntando non su improbabili sensi di colpa (anzi spesso un argomento usato nel dibattito dagli oppositori delle politiche di restrizione alle emissioni è che ne beneficerebbero gli altri paesi e gli USA ne riceverebbero solo danni all’economia) ma sulla realtà economica dei costi economici dal cambiamento climatico che sono molto più ingenti per la grande potenza di quanto ritenuto in precedenza.
Veniamo ai dati della ricerca, l’autrice principale Kate Ricke è assistente professore presso la Scuola di Politica Globale e Strategia e presso la Scripps Institution di Oceanografia, usando i più recenti modelli climatici, stime empiriche dei danni economici da cambiamento climatico e previsioni socioeconomiche ha rivisto al rialzo un parametro chiamato social cost of carbon (SCC).
Questo parametro è proprio quello utilizzato dalle autorità pubbliche per informare le decisioni su queste materie. L’EPA l’agenzia per la protezione dell’ambiente, stimava un SCC a livello globale variabile da 12 a 62 dollari americani per tonnellata di CO2 emessa. i nuovi dati parlano di 180–800 dollari USA a livello globale, ma soprattutto la ricerca ha, per la prima volta, calcolato i costi a livello locale per quasi 200 paesi. Il dato relativo agli USA parla di 50 dollari per tonnellata emessa che a fronte dei 5 miliardi di tonnellate di emissioni annue fanno un costo di 250 miliardi.
La Ricke sottolinea come questo dato non dovrebbe sorprendere, le economie più ricche sono anche quelle che hanno più da perdere, certo si potrebbe relativizzare il dato e probabilmente scoprire che un danno minore subito da un’economia più piccola sia relativamente maggiore, ma come ho scritto sopra è utile mostrare alle autorità (e ai votanti) USA quanto siano ingenti per loro i danni provocati dalle emissioni.
Curiosamente, continua la Ricke, gli Stati Uniti sembrano però più colpiti persino rispetto ad altre economie avanzate, eppure mentre i paesi europei in questi anni stanno assumendo un ruolo leader negli accordi per ridurre le emissioni, sono proprio gli USA e paesi come l’India, che fa loro compagnia nei poco invidiabili primissimi posti della classifica dei più danneggiati, a frenare sul prendere impegni.
Roberto Todini