D’Anna sta a De Luca come la brace sta alla padella

mondi.it
mondi.it

Ora gli animali da fuori guardavano il maiale e poi l’uomo e ancora il maiale: ma era ormai impossibile dire chi era l’uno e chi l’altro”.

George Orwell, La fattoria degli animali

Sono contenta di non essere vostra figlia, vostra sorella, vostra madre e men che meno la vostra compagna. Non si sta bene in compagnia di qualcuno che si teme, ed io ho paura di voi: della vostra banalità, della vostra pochezza, della vostra superficialità. E non è un discorso legato all’appartenenza ad un partito politico. È una questione fondata sul principio di rispetto (“rispetto” si scrive con la doppia “t”, sì) a voi sconosciuto.

Sapete, la gravità della situazione non la definisce solo il fatto che al mondo esistano individui come De Luca, che si servono di parole e di espressioni prelevate dal dizionario della violenza, sempre adoperato, ma a rendere tutto ancor più preoccupante è il fatto che al mondo esistano individui come D’Anna, i quali non solo assolvono i primi ma assecondano la loro perversità aggiungendovi dell’altro marciume. Indicare madre natura come nemico di una donna… E il vostro? Qual è? Il buon senso? La capacità di interloquire, ribattere, difendersi, confrontarsi senza ricorrere ad offese e ad insensatezze? E noi, noi dovremmo imparare da voi? A fare cosa, a dire cosa, precisamente?

Celebrate il mito del machismo, del sessismo, del materialismo in una maniera vergognosa, per poi assolvervi a vicenda con frasi tipo: “De Luca ha usato un’espressione poco corretta ma che rientra nei canoni consueti del suo gergo. E poi non ha niente a che vedere con la materiale attuazione”. Ma che carini: l’idea di uccidere una donna è solo un’idea, non lo farebbero mai. Ora sì, che possiamo tranquillizzarci. Un avviso, però: badate bene, donne, che per svolgere un ruolo politico, per esprimere la propria opinione, bisogna rispondere in modo adeguato ai canoni di bellezza che i signori indicano.

E pensare che Impastato diceva che “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.

Per questo a voi conviene non insegnare la bellezza: perché in questo modo potete renderci simili a voi, omertosi e viscidi. Per questo c’è chi si è fatto ammazzare perché celebrava la Verità e la Giustizia e il Rispetto senza mai metter piede nelle vostre aule, senza mai sedersi sulle vostre poltrone. Per questo a volte tutto sembra inutile e senza ombre di azzurro: perché stiamo preparando gli striscioni con cui sfidare il vento del 26 novembre contro la violenza sulle donne, e chi dovrebbe passarci pennarelli e megafoni, non perde tempo per offendere e per sminuire.

Sono contenta di non essere vostra figlia, vostra sorella, vostra madre e men che meno la vostra compagna: sono contenta di aver goduto della possibilità di scoprire, di capire e di apprendere il valore, il peso, lo spessore e la grandezza della bellezza, della semplicità e del rispetto che mi sono stati insegnati, trasmessi da chi, molto più di voi, ha praticato e continua a praticare la Verità e la Gentilezza. Virtù che voi non conoscete. E che mirate a cancellare anche dalle nostre menti e dal nostro modo di agire e di relazionarci.

“…ma era ormai impossibile dire chi era l’uomo e chi era il maiale”: anche se, vi dirò, io la differenza la noto. E preferisco sostenere il secondo.

 

Deborah Biasco

Exit mobile version