Damasco si riempie di manifestazioni per i diritti delle donne in Siria

diritti delle donne in Siria

Centinaia di persone hanno manifestato durante la giornata di ieri in Siria e, in particolare, la capitale Damasco si è riempita di una popolazione che gridava e rivendicava uno Stato democratico e i diritti delle donne in Siria. “Vogliamo democrazia, non uno Stato religioso”, urlava la folla in protesta nei confronti della coalizione degli islamisti radicali che hanno parte del controllo del territorio. Al centro di Damasco, un grido di libertà per uno Stato libero e laico.

Cittadini in piazza per una Siria laica e democratica

Centinaia di cittadini siriani si sono radunati nella centrale Piazza degli Omayyadi a Damasco per chiedere la costruzione di uno Stato laico e democratico, che tuteli i diritti di tutti i suoi cittadini, in particolare i diritti delle donne in Siria. La manifestazione, organizzata pochi giorni dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad per mano di una coalizione guidata da forze islamiste, ha rappresentato un grido di speranza e di cambiamento.

Cartelli con slogan come “Vogliamo la democrazia, non uno Stato religioso” e “Non esiste una nazione libera senza donne libere” hanno caratterizzato il raduno, evidenziando una forte componente femminista e la volontà di costruire una società più inclusiva.

Attualmente la Siria e la città di Damasco si trovano sotto il controllo delle milizie armate dell’HTS, Hayat Tahrir al-Sham, un gruppo di fede islamica e di stampo radicale.

Una speranza per il futuro della Siria

Dopo decenni di dittatura, la caduta del regime di Assad rappresenta un momento cruciale per il Paese. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha descritto la situazione siriana come una “fiammella di speranza” che non deve spegnersi.

I nuovi leader di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), il gruppo che ha guidato la coalizione vincente, hanno promesso di rispettare i diritti delle donne in Siria e delle minoranze etniche e religiose, sebbene il loro passato legato a organizzazioni jihadiste susciti preoccupazioni.

Abu Mohammad al-Jolani, leader della milizia HTS, ha dichiarato in un’intervista alla BBC che il suo gruppo non intende replicare il modello dei Talebani in Siria. Al contrario, ha sottolineato l’importanza dell’istruzione, soprattutto per le donne, affermando che nella provincia di Idlib oltre il 60% degli studenti universitari sono donne.



Il leader ha inoltre chiesto la revoca delle sanzioni internazionali imposte alla Siria, ritenendo che colpiscano indistintamente vittime e carnefici. Al-Jolani ha cercato di trasmettere un’immagine più moderata, abbandonando la retorica jihadista e promettendo che una commissione di esperti scriverà la futura Costituzione del Paese.

Un popolo in marcia per i diritti delle donne in Siria

Il corteo a Damasco ha messo in luce un profondo desiderio di unità e giustizia. Tra i partecipanti, molti hanno chiesto l’inclusione di tutte le comunità, siano esse religiose o laiche, nel processo di ricostruzione del Paese. Una giovane donna ha guidato simbolicamente il raduno a cavallo, incarnando l’immagine di una nuova Siria che guarda al futuro con coraggio.

L’ONG siriana “Wanabqa” ha ribadito l’urgenza di garantire i diritti dei cittadini in base alla cittadinanza, senza discriminazioni di genere, etnia o fede religiosa. Questa richiesta rappresenta un passo fondamentale per la creazione di uno Stato basato sulla parità e sulla giustizia sociale.

La manifestazione di ieri a Damasco è stata sicuramente una strategia di difesa da parte della popolazione siriana, e sopratutto da parte delle donne, per ricordare al nuovo regime che verrà che esiste ancora una resistenza e una lotta per uno Stato democratico. La misoginia e il maschilismo, oltre ad una struttura dello Stato patriarcale, sono ancora sentimenti e atteggiamenti molto forti in Siria: basti pensare che un politico pochi giorni fa ha dichiarato che inserire le donne nei posti di lavoro ministeriali o parlamentari è un atto immaturo, che può portare dei problemi.

Un difficile equilibrio tra tradizione e modernità

Nonostante le promesse di cambiamento, permangono contraddizioni. Ad esempio, nella provincia di Idlib l’uso del velo è obbligatorio, anche per le visitatrici straniere. Questo riflette il persistere di tradizioni che cozzano con le aspirazioni di una parte della popolazione e che ha sempre portato la religione a reprimere qualsiasi diritto delle donne in Siria che potesse parlare di autonomia e libertà dall’uomo o dalla famiglia.

Il messaggio lanciato dalla piazza è chiaro: il popolo siriano desidera un futuro di libertà, uguaglianza e rispetto dei diritti umani, sopratutto quelli delle donne. Gli slogan dei manifestanti riflettono una speranza condivisa per un Paese libero da ogni forma di oppressione, sia essa politica o religiosa.

L’immagine della folla riunita a Piazza degli Omayyadi, con cartelli e bandiere, rappresenta un simbolo di resistenza e determinazione. La strada verso la democrazia e l’inclusione sarà lunga e tortuosa, ma i cittadini siriani sembrano decisi a percorrerla con coraggio. Nelle parole delle manifestanti e nella lotta continua delle donne si può toccare facilmente la voglia di riscatto e libertà in gran parte della Siria.

Lucrezia Agliani

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