Dalla sfilata al supermercato di “Detto Fatto” possiamo trarre un importante indicatore

Detto Fatto

Federico Feliziani ultima voce

Di Federico Feliziani


Nei giorni scorsi è montata la polemica sul degradante siparietto messo in scena nella puntata di “Detto Fatto” in onda su Rai Due martedì 24 novembre. La trasmissione ha portato agli occhi del pubblico del secondo canale Rai un “tutorial” su come la donna debba comportarsi fra le corsie di un supermercato.
L’assunto esplicitato dagli autori di “Detto Fatto” fatica ad essere collocato in un’epoca storica senza offenderne i protagonisti. Perché quello che sostengono, ignorando più di mezzo secolo di storia, è come il supermercato sia la passerella su cui la donna sfila. E allora, perché non darle qualche consiglio su come ammiccare prendendo l’ammorbidente?

Un episodio che sta mettendo sul piede di guerra tutta la politica che ha subito stigmatizzato quanto avvenuto negli studi di Rai Due.
Come se non bastasse, a programma sospeso, i telespettatori mattutini di giovedì 26 si sono ritrovati davanti una replica di “Detto Fatto” nella quale la trasmissione presentava una sfilata di biancheria intima. Qualcosa che va oltre lo scusabile e il perdonabile.

Si suppone infatti che la televisione pubblica abbia ben chiaro quale sia il proprio ruolo e come lo debba svolgere. Trasmettere siparietti che racchiudono gli stereotipi di un secolo contro i quali ci si sta battendo non è certamente quanto auspicabile da un’istituzione con finalità, oltre di intrattenimento, anche educative.

Al di là dei provvedimenti che saranno presi dalla Commissione di vigilanza, la politica ha avuto un esempio di quanto lontana è dal raggiungere l’obbiettivo per cui è da tempo al lavoro. Non è molto rassicurante infatti che una componente istituzionale, come di fatto è la Rai non presti attenzione a un tema contro cui lo Stato si sta battendo. Non si tratta di un semplice abbaglio purtroppo. Si tratta di un errore che contiene in sé un significato indicativo per comprendere se gli sforzi fatti fin qui hanno un’efficacia.

Spesso ci dimentichiamo come la televisione sia fatta da uomini e donne a loro volta cittadini di questo Paese. Dai presentatori alle presentatrici, dagli autori alle autrici, dagli attori alle attrici sono tutte persone di cui la politica regola le vite. Ciò che viene rappresentato in televisione, fiction o real time che sia, è sempre frutto del pensiero di cittadini.
Dunque. Che cosa ne possiamo trarre? Sarebbe una discussione molto lunga ma probabilmente un limite nell’interiorizzazione del rispetto umano e di genere c’è. Probabilmente proporre leggi sul rispetto di genere non è sufficiente a produrre un effetto reale. E ne è prova quanto è stato messo in scena su Rai Due.

Forse è necessario agire più in profondità sviluppando il senso culturale delle leggi in vigore. È certamente più complesso e molto meno roboante per i protagonisti politici, ma indispensabile per eliminare tutti gli stereotipi, le umiliazioni a cui ancora oggi assistiamo nei confronti del genere femminile. Non basta trasporre un vocabolo per raggiungere la parità di genere. Senza consapevolezza anche quel vocabolo correttamente declinato celerà retropensieri.

L’apparenza può ingannare molto spesso. La politica non si può fermare ad un primo strato superficiale. Deve per forza scendere in profondità agendo sulle radici. Altrimenti tutti gli sforzi profusi non saranno incisivi.

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