Dal profilo fake al reato di sostituzione di persona, il passo è breve

reato di sostituzione di persona

Previsto dall’articolo 494 del Codice penale, il reato di sostituzione di persona configurava l’illecito in tutti i casi di matrimoni per procura in cui uno dei due coniugi mentiva sul proprio status sociale o addirittura sulla propria identità. Oggi nuove fattispecie hanno reinventato l’articolo per tutelare principalmente la fede pubblica nelle informazioni diffuse sui social.

Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino a un anno.

art. 494 c.p.

Determinante è anche il contesto, social in questo caso, in cui il reato di sostituzione di persona si manifesta creando falsi profili e attribuendosi falsi status con lo scopo di trarne un vantaggio o di arrecare danno.

Per la sua sussistenza è necessario che vi sia dolo specifico, cioè la coscienza e volontà di procurarsi un vantaggio o arrecare danno ad altri. Non è un caso se spesso e volentieri la creazione di profili fake viene spesso contestata insieme ad altri reati come molestie o atti persecutori.




Ma non finisce qua. Fra le tante insidie ci sono anche profili fake il più delle volte generati da bot (software) per fare spam, per ingaggiare vere e proprie truffe, oppure per fare trolling. Prese in giro o molestie rivolte al singolo o a comunità screditandolo attraverso commenti, shitposting e ancora peggio mobbing.

In un periodo come il nostro, in cui è possibile influenzare attraverso i social l’opinione pubblica, viene da chiedersi allora se in questo mare di fake sia possibile pescare qualcosa di vero.

Reato di sostituzione di persona o scherzo innocente?

Con la sentenza 652/2020 la Corte di Cassazione stabilisce un’attenuante per la sostituzione di persona. Pur costituendo reato, se commesso una volta soltanto può non essere punibile. L’attenuante in questo caso non è automatica ma valutata caso per caso, di per sé dichiarare il falso già integra il reato.

Sul web è più semplice, non c’è contatto fisico, puoi pensare bene alle tue risposte, insomma puoi pianificare l’immagine che gli altri hanno di te. Il numero di utenti dei vari social e siti di dating rappresenta un pubblico così vasto che è impossibile non piacere a nessuno.

C’è poi chi sceglie di nascondersi per il bisogno di evadere da se stesso, rivelando la propria fragilità e le proprie insicurezze. Con tutti questi filtri non  è così assurdo pensare che ci si possa vergognare del proprio aspetto e che nei casi più estremi la vergogna spinga a fingerci qualcun altro pur di instaurare dei rapporti. Nelle maglie della grande rete del world wide web vengono pescati sempre più catfish (pesce gatto). Persone che usano una falsa identità con tanto di foto annesse ripescate dal web e informazioni personali inventate con il fine di iniziare relazioni sentimentali e personali.

I motivi per creare un profilo fake sono tanti, chi per gelosia, chi per smania di controllo o semplice curiosità. Però dalla curiosità alla smania di controllo il passo rischia di essere troppo breve.  C’è una sottile differenza tra spiare le storie dell’ex con un profilo falso, per non dargli nessuna soddisfazione e farlo nonostante ci abbia bloccati. I social network prendono le sembianze di un buco della serratura con cui giocare a fare le spie.

D’altra parte la distanza apparente tra vita reale e mondo virtuale incoraggia molti leoni da tastiera a farsi avanti. Come se l’arrivo dei social ci avesse resi più liberi di essere noi stessi. Un po’ più liberi un po’ più bestie.

Valeria Zoppo

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