Moonassi: quando il Piccolo Buddha è faccia a faccia con la fragilità delle relazioni dei nostri giorni.
Moonassi, aka Daehyun Kim, 1980, di Seoul è un artista e illustratore. Ha studiato pittura orientale alla Hongik University. Appena laureato, ha iniziato a fare i suoi disegni caratteristici chiamati “Moonassi Series“;ha lavorato anche come graphic designer, marketing manager e art director per alcune compagnie per diversi anni. Da quando lavora per il New York Times come illustratore, collabora anche con diversi artisti. Ora lavora e vive in Paju, Gyeongi-da.
Cosa rapisce dei disegni di Moonassi -che oltre all’essere il nome della lunga serie di disegni è anche la sua firma artistica-? Forse la morbidezza del tratto, che fa sempre apparire tutto come soave e leggero, delicato e fragile; oppure la scelta cromatica: sempre un inchiostro nero, delineante, incisivo, intenso e con una grandissima dose narrativa?
I disegni in bianco e nero, così come le foto, sono sempre più intensi; il nero è preferibile quando l’urgenza di raccontare qualcosa, di esprimere un “dal dentro“ è maggiore rispetto alla sola esigenza di rappresentare una realtà. Certo, l’Espressionismo ci insegna che anche il colore può sconvolgerci, ribaltarci, strabiliarci e fare smuovere dentro di noi le peggiori angosce e le più profonde paure; ma il Nero Sovrano fa questo con una tattica strategica: utilizzando la pacatezza. Un disegno in bianco e nero, senza l’uso dei colori, può rivoluzionare il sentire più profondo con una calma inaspettata, senza distrarre, e per questo con una efficacia letale: se un’immagine ti inquieta, stai pur certo che proverai paura; se un’immagine ti piace, sicuramente ti ritroverai immerso nella bellezza e non saprai come spiegarlo. Un’immagine in bianco e nero non urla, ma entra decisa.
Così avviene per questa “Moonassi series”, una lunga serie, dal 2008 ad oggi, di disegni in piccoli fogli, raffiguranti sempre lo stesso personaggio, a volte da solo, a volte sdoppiato, in contesti surreali e metafisici. Nel sito troverete la sua dichiarazione dove dice che ciò che rappresenta è il modo in cui lui percepisce il mondo circostante e le relazioni che lo animano, niente di più. “Niente di più”, come se fosse poco e di certo non lo è: Moonassi, con alle spalle uno studio in pittura orientale, ci trasporta dentro il microcosmo che ognuno di noi si porta dentro, mettendo in risalto la delicatezza dell’essere umano, la sua fragilità nel mondo e la sua labilità nel mettersi in gioco con gli altri. Questi protagonisti, sempre simili alla raffigurazione del Buddha, riconoscibile dai lunghi lobi, la testa perfettamente rotonda e gli occhi chiusi, come in meditazione, sono uguali tra di loro. A volte due, a volte in più, ma sempre uguali. Non c’è differenza di genere, di razza o alcuna peculiarità fisica: sono tutti uguali. Questo perché noi, quando siamo a contatto con gli altri, abbiamo l’opportunità di metterci a contatto con noi stessi, per quanto sia difficile e non ci riusciamo sempre, ammesso e non concesso che ci proviamo. L’essere l’altro è, quasi sempre, un essere noi con il quale ci dobbiamo confrontare. E non è facile: ci vuole coraggio e presenza nel mondo, voglia di indagarci e forza nel farlo. Per questo Moonassi ha sempre questo grande spazio vuoto intorno ai suoi piccoli protagonisti, per permettere a loro di avere lo spazio necessario a scavarsi, guardarsi dentro, forse amarsi. La concezione zen del vuoto che riempie, che anche quando svuota in realtà lascia qualcosa: se stessi.
“Moonassi”, scrive l’artista sulla sua dichiarazione, è una parola che si avvicina moltissimo al significato buddista di “anatta“, traducibile con “assenza di sé“. La teoria di Anatta nel Buddismo è immensa, intrinseca e ricca di senso e significato, non basterebbe un solo articolo e si rischia di essere superficiali nel dare una sola direzione alla spiegazione piuttosto di un’altra. In fiducia, infatti, l’invito è di osservare i disegni di Moonassi e farsi ispirare e guidare dal Di Dentro per scoprire cosa significhi questa “assenza di sé”: quale assenza, dove, con chi.
Assenza di sé davanti agli altri, nel mondo intorno a noi; assenza di sé non quindi come annullamento, ma forse come vuoto che riempie? Forse perché quando ci immoliamo nelle nostre relazioni, siamo sempre assenti a noi? Possiamo comunque riempirci, o ci riempiamo a vicenda? Moonassi ci invita a questa riflessione senza darci una risposta, come nelle migliori meditazioni che portano ad altre meditazioni in un continuo cercare il senso della nostra esistenza. Un’esistenza di colori che ritorna al bianco e nero, quando dobbiamo indagare, un’esistenza di suoni che necessita un metafisico silenzio. Una vita di assenza che diventa presenza quando il vuoto permette di fare spazio alle cose più importanti. Che sia questo l’invito? Conviene scoprirlo e accettarlo.
Gea Di Bella