“Da grande voglio diventare…” lo abbiamo detto tutti in risposta a una domanda talvolta indiscreta. E poi grandi lo si diventa davvero, e arriva il momento di spiccare il volo, di lasciarsi andare e “camminare con le proprie gambe”, liberi dalle sovrastrutture che la società offre o impone per permettere a tutti di crescere, sviluppare competenze e apprendere conoscenze che serviranno per affrontare il mondo fuori equipaggiati e pronti.
Lasci la scuola, l’università, quel mondo ovattato e spesso molto distante dalla realtà e ti ritrovi forse per la prima volta solo; la prima volta fuori dal grembo materno piangiamo, non abbiamo parole per esprimerlo il disagio del cambiamento, il taglio del cordone, e tutto è da fare, da imparare; ci sono voluti nove mesi di creazione, al sicuro, protetti, e qualche ora per scoprire che tutto è ancora da guadagnare.
Uscire da quel mondo protetto e immergersi nel mondo del lavoro oggi è un’eco infantile. Fa sentire spaesati, fuori luogo, con tutto ancora da apprendere. Per quello però “in soccorso” c’è il grande mondo della continua formazione post-universitaria; non sono bastati gli anni tra i banchi, la maturazione non è giunta a compimento, bisogna proseguire la cottura, e allora si continua, e insieme si tenta di mettere un piede nel mare magnum del precariato; “Ai miei tempi si faceva la gavetta”, canzonano gli anziani oggi (miracolosamente) in pensione, e così accetti contratti part time se ti va bene a 500 euro al mese, che di part time hanno però solo il nome. “E quanto dura tutto ciò?” “Boh, forse sei mesi, forse nove, forse un anno.”
Da grande voglio diventare… (ma grande, quanto?)
Così ti chiedi dove vanno a finire le lezioni dei maestri all’università, tutte le ambizioni e le aspirazioni dei vent’anni, quando il mondo credi di avercelo in mano, quando leggi e senti che qualcosa dentro ti si smuove, e impari cosa vuoi e cosa non vuoi diventare, disdegnando fermamente ciò che credi di non meritare, e ti chiedi se potrai, forse un giorno, avere anche tu una platea non pagante che ti ascolta e che apprende. E quando quel giorno arriva, quella domanda ritorna alla mente, “Cosa vuoi fare da grande? E cosa stai facendo ora?”, “Una scalata”, che include concorsi posticipati, o straordinari, ultra selettivi. E stage non retribuiti, o tirocini che per partecipare: “richiesta esperienza di tre anni nel settore”. L’esperienza che chiedete, si compra anche quella?
E allora invece de: “I giovani restano a casa, piuttosto che andare a lavorare, perché è più comodo, perché c’è il Reddito di cittadinanza” sarebbe meglio: “Proviamo ad offrire ai giovani quello che per noi era scontato e garantito”.
Carmen Alfano