La storia
Era il 2004 quando Cyntoia Brown– sedicenne del Tennessee- veniva arrestata per aver ucciso con un colpo di pistola il suo aguzzino. Proprio lei, passata da carnefice ad assassina in una sola notte, la stessa in cui credeva di aver mostrato coraggio nel porre fine a una storia di abusi e molestie. Una notte, quella del 2004, che doveva dare alla ragazza il sapore della tanto attesa “libertà” ma che invece, l’ha portata a fare i conti con Johnny Mitchell, l’aguzzino che il sapore della libertà glielo avrebbe tolto per sempre.
Lo stato del Tennessee non ascoltò le ragioni della ragazza, giudicata adulta in grado di intendere e volere e condannata al massimo della pena, con l’aggravante della prostituzione. Poco importa se la ragazza aveva alle spalle una storia di soprusi lunga tre generazioni e fosse caduta, fin da giovanissima, in mano a trafficanti del sesso, di fronte alla legge Cyntoia Brown era colpevole e per questo doveva pagare.
Da qui il silenzio. Solo un documentario girato dal filmaker Daniel Birman nel 2011, che fece scalpore e portò i legislatori del Tennessee a cambiare la legge; stabilendo che l’imputazione di prostituzione potesse essere formulata solo per le ragazze maggiorenni. Peccato, però, che non si volle dare validità retroattiva e la Brown dovette rimanere in carcere. Da quel momento di Cyntoia Brown non si seppe più nulla.
Servivano le denunce a Weinstein per far riemergere la vicenda di Cyntoia Brown
Era il 2004 e dello scandalo Weinstein ancora nessuna voce. Eppure i casi di molestie da parte del produttore americano erano già tantissimi. Perché nessuna notizia? Perché c’era il timore. Il timore delle donne abusate di mettersi contro il potere. Il potere di un uomo che avrebbe potuto farle passare come bugiarde e rovinare loro famiglia e carriera.
La verità, però, viene sempre a galla, ce lo insegnano da anni; e grazie alle prime testimonianze coraggiose di Rose McGowan e Ashley Judd, il caso Weinstein è uscito fuori. Le donne abusate dal produttore si sono sentite parte di una squadra, che avrebbe vinto contro il potere di uno degli uomini più influenti del mondo. Così è stato. Partita vinta e Harvey Weinstein con le spalle al muro.
Da questa vicenda la nascita dell’hashtag #MeToo (anche a me), attraverso il quale centinaia di migliaia di donne hanno scosso la rete con le proprie testimonianze. Ma soprattutto, uno scandalo rivelatosi utile per fare riemergere la vicenda Cyntoia Brown, per troppo tempo tenuta all’oscuro.
Con l’hashtag #freeCyntoiaBrown numerose star scendono in campo per la liberazione della giovane
Sono trascorsi 13 anni da quella notte del 2004, quando Cyntoia Brown ha detto definitivamente addio alla sua libertà. Anni in cui la giovane ha potuto diplomarsi e laurearsi. Una storia di soprusi e molestie conclusa con un ergastolo ingiustificato. La vicenda della giovane sta facendo il giro del mondo e numerose star- da Cara Delevigne a Snoop Dog, da Kim Kardashian a Rihanna– si stanno battendo per capire cosa si possa fare per il caso della donna.
Anche l’hasthag #freeCyntoiaBrown è diventato virale, con l’intento di fare squadra e appoggiare la giovane privata della sua libertà. Tra tutti i sostenitori anche Jeremy Faison, deputato Repubblicano del Tennessee, che ha cominciato ad impegnarsi per ottenere un rilascio anticipato della giovane. Se la riduzione di pensa dovesse essere accolta, Cyntoia Brown potrebbe ottenere la libertà condizionale dopo i 67 anni.
Meglio dell’ergastolo sì, ma comunque troppo tempo per una ragazza la cui unica colpa è stata quella di difendersi da una condanna che le rendeva la vita insopportabile, senza sapere che la condanna vera sarebbe arrivata subito dopo.
Francesca Conti