A distanza di 20 anni sbarca nelle librerie italiane il libro della scrittrice di culto Cynthia Ozick, oggi quasi novantenne, dal titolo Le carte della signorina Puttermesser. Edito da La Nave di Teseo e tradotto splendidamente da Elena Malanga, il romanzo risale infatti al 1997.
La trama
L’eroina della storia è Ruth Puttermesser, avvocato newyorchese di 34 anni. Figlia di un russo, emigrato in America con lo zar ancora sul trono, Ruth è secchiona a scuola e lettrice instancabile. Laureatasi a pieni voti, trova lavoro nella municipalità di New York.
Nel dipartimento Riscossioni e Pignoramenti constata il funzionamento feudale e gerarchico della burocrazia. Mal sopportandolo, entra in rotta di collisione con il suo capo. Se il lavoro è senza soddisfazioni, la vita sentimentale va anche peggio. La sua relazione con un uomo sposato arriva ben presto al capolinea perché Ruth, prima di un impegno di coppia, deve assolutamente finire di leggere il Teeteto di Platone.
La protagonista ha un sogno nascosto. Avere una figlia, immaginata solo e sempre a sua immagine e somiglianza. Presa da questa fantasticheria, accade qualcosa di prodigioso. Sul letto accanto al suo si materializza il corpo nudo di una 15enne. Poco prima Ruth era caduta in trance ed aveva creato un golem, applicando alla perfezione le istruzioni del rabbino di Praga, Jehuda Löw.
Il golem femmina decide di farsi chiamare Santippe e come tutti i golem non smetterà mai crescere. Scrive per la sua creatrice un programma di riforme all’avanguardia per la città di New York. La signorina Puttermesser diventa sindaco e trasforma la città in un paradiso. L’amministrazione è perfetta. La convivenza così civile da diventare persino noiosa. Intanto le dimensioni e i comportamenti di Santippe sono sempre più imbarazzanti. Ruth sarà costretta a sbarazzarsene con l’aiuto del vecchio amante, tornato alla carica.
Da qui il romanzo, difficilmente inquadrabile, prosegue intrecciando altre storie con la ricerca personale della protagonista, sempre tesa ad una perfezione ideale e per questo irreale. Ruth incontrerà sulla sua strada il pittore Rupert Rabeeno. Riceverà la visita della cugina moscovita, fuggita dall’Urss in disfacimento, con la quale avrà un confronto esilarante sulle due culture. E alla fine della giostra, alla signorina Puttermesser non rimarrà da fare che una riflessione: trovare un paradiso significa anche perderlo.
I temi
Viste le sue origini di ebrea russa, una grande scrittrice come Cynthia Ozick non può non tener conto di gente come Gogol e Bulgakov. Mettendo in pratica la loro lezione Cynthia Ozick rappresenta con ferocia la meschinità e l’ingiustizia della burocrazia in quanto tale, a qualunque longitudine e latitudine. Ne viene fuori un teatrino dell’assurdo assai coinvolgente, colorato dalla scrittrice newyorchese con la raffinata e malinconica ironia ebraica. L’umorismo yiddish del Centro Europa scorre invisibile tra le pagine del libro.
Dietro lo spirito fantasioso del romanzo si celano questioni d’importanza capitale. Tra quelle strettamente legate al nostro tempo c’è la condizione della donna moderna, alla ricerca a volte egoistica dell’indipendenza, che si scontra con i rapporti affettivi e la sfera tutta femminile della maternità. Ruth vuole una figlia femmina che sia la sua fotocopia, ma si riduce ad un surrogato mostruoso quale il golem. Tra le tematiche senza tempo c’è la ricerca della felicità, individuale e collettiva. Che non è la perfezione noiosa della New York ben amministrata dalla protagonista. Cosa sarebbe la vita senza i suoi eccessi, le sue tribolazioni, i suoi misteri. Cynthia Ozick scrive di questo, in modo denso e vivo, con voce pulsante e divertita, in un romanzo che pretende molto dal lettore, a cui in compenso regala una grande storia.
Michele Lamonaca