La camera ha approvato in via definitiva una legge sul cosiddetto “cyberbullismo”, cioè una forma di bullismo che avviene online.
La legge è stata approvata alla unanimità, con 432 si e un astenuto, dopo un percorso legislativo di più di tre anni e diverse modifiche radicali.
Era stata proposta dalla senatrice del Partito Democratico Elena Ferrara, che era stata l’insegnante di una ragazza di Novara che nel 2013 si suicidò dopo che era stato diffuso un video dove veniva molestata sessualmente.
In Italia, sinora, non esisteva una legge di questo tipo, nonostante da diversi anni se ne sentiva la necessità.
La legge ha avuto un percorso piuttosto tortuoso: proposta al Senato, in seconda lettura alla Camera era stata praticamente stravolta ed era diventata, soltanto,una più generica legge contro il bullismo.
Nel disegno normativo viene data, per la prima volta, una definizione ufficiale al cyberbullismo: si intende «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito dei dati personali in danno di minorenni, nonché la diffusione di contenuti online il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo».
Inoltre, la legge prevede che in ogni istituto tra i professori sarà individuato un referente per le iniziative contro il bullismo e il cyberbullismo.
Al preside spetterà informare subito le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo e, se necessario, convocare tutti gli interessati per adottare misure di assistenza alla vittima e sanzioni e percorsi rieducativi per l’autore.
Più in generale, il Miur ha il compito di predisporre linee di orientamento di prevenzione puntando, tra l’altro, sulla formazione del personale scolastico e la promozione di un ruolo attivo degli studenti, mentre ai singoli istituti è demandata l’educazione alla legalità e all’uso corretto di Internet.
Il tutto con la collaborazione della polizia postale e delle associazioni territoriali.
Il destinatario principale di tale tutela normativa è il minore. È stata abbassata a 14 anni l’età minima per fare richiesta a siti che gestiscono dati o ai social network di rimuovere un contenuto sgradito.
Se il sito non provvederà a rimuovere il contenuto entro 48 ore, dovrà farlo il Garante per la protezione dei dati personali entro altre 48 ore.
Se il responsabile è una persona che ha dai 14 ai 18 anni, inoltre, non scatterà un processo ma solamente la cosiddetta “procedura di ammonimento”: una serie di misure di dissuasione simili a quelle già previsto nella legge anti-stalking.
Così a questo punto sarà necessario parlare di soldi: il denaro stanziato (art.5) dalla legge avrà come finalità“le esigenze connesse allo svolgimento delle attività di formazione in ambito scolastico e territoriale finalizzate alla sicurezza dell’utilizzo della rete internet e alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo“.
La somma esatta è 220.000 euro all’anno. Che se volete potrete dividere per le 8mila scuole italiane.
Quando qualcuno, durante l’iter della legge, provò a far notare l’assoluta esiguità della somma, in Commissione bilancio fu detto chiaramente che non c’erano soldi e che la legge poteva procedere solo così. Vale a dire senza un euro per la prevenzione.
Ma parte principale, riguarda (doveva riguardare) la presa di coscienza pubblica dei rischi per i nostri ragazzi legati al cyberbullismo. Su questo la senatrice Ferrara è stata chiara in moltissime interviste: l’informazione prima di tutto.
Con l’avvento di questa legge ci auguriamo che i fenomeni legati al cyberbullismo abbiano trovato una giusta repressione.