Sebbene sulla carta il genere sia uno dei più disprezzati, volenti o dolenti, siamo cresciuti con la cultura trash e con i suoi protagonisti. Un gusto, che da marginale, negli ultimi decenni si è imposto a livello culturale, una storpiatura del buon gusto, direbbero i più. Come naturale epilogo della narrazione epica, direbbero in pochi.
Dati alla mano, oggi siamo immersi nella cultura trash, soprattutto sui social dove è evidente il suo trionfo. I personaggi del panorama trash sono sempre più spesso celebrati e glorificati proprio come eroi epici, posti sull’olimpo da schiere di fan e haters.
Il trash boom
Fan o hater il trash è parte del nostro retaggio culturale, fin dagli albori dell’intrattenimento di massa, i suoi protagonisti assieme alle loro gesta sono impressi nella nostra memoria. Così la fantastica parabola epica del trash ha inizio negli anni ’80, con l’esplosione di programmi dal basso profilo culturale e mediocre livello tecnico ma dalla forte attrattiva. Popolata appunto da anti-eroi, catalogabili attraverso l’esasperazione dei loro connotati popolari, che sfociano in gag demenziali.
I non-contenuti trash sono costruiti in modo tale da scavalcare il perché delle cose e domandarsi soltanto il come di queste. La pochezza del contenuto viene così declinata e compensata dalla figuracce epiche dei suoi personaggi, storture degli stereotipi moderni. Appunto attraverso la rappresentazione di capacità che non gli appartengono, l’eroe epico trash attrae anche solo per il gusto di giudicare e allenare il nostro spirito critico.
Ad oggi stiamo parlando di veri e propri cult, dal classico “GF”, al sessista “Ciao Darwin”, ah e non dimentichiamoci di “Alta infedeltà”, “Temptation Island” e “Uomini e Donne”, i cui protagonisti come Giulia de Lellis e Gemma Galgani sono poeti di momenti sublimi, così culturalmente bassi da evocare la comicità dell’assurdo.
E stiamo elencando solo i più famosi, la cultura trash seppure disprezzata è riuscita a proliferare rapidamente in virtù della nostra attrazione perversa verso l’ignoranza, ramificandosi attraverso sempre più format.
“Beh, un orso può destreggiarsi e rimanere in equilibrio su una palla. Lui è talentuoso, ma non è famoso. Mi capisci?”
Kim Kardashian
Questa una delle massime di un’eroina della cultura trash, spiega il suo talento a chi, forse troppo intransigente, rifiuta di riconoscere la forza di un poema epico come “Keeping Up With The Kardashians”, made in USA.
Cultura trash in chiave epica
Questo orientamento del gusto basato sul recupero sfacciato, di tutto quanto è deteriore e grottesco, con l’avvento dei social ha subito un’ulteriore spinta verso l’alto. La sinergia tra il nostro crescente appetito di disagio e la sua condivisione, è stato l’innesco alla rivincita dell’epica trash, sull’ipocrisia del politically correct. Attraverso la condivisione di meme, pagine dedicate e canali youtube abbiamo legittimato il trash e il politically scorrect.
Il trash ci piace e ne abbiamo bisogno, siamo giunti così a celebrarne assieme gli epic fail. Non è infatti difficile trovare l’associazione di momenti ai limiti del degrado e l’aggettivo epico, e nemmeno scandire la nostra percezione del tempo in base ad essi.
…Dov’è Bugo?
Morgan, Sanremo 2020
La cultura trash annulla le nostre pretese di senso, verità e veridicità, una narrazione fantastica comunque mossa dalle mode contemporanee. Come l’epica, il trash si configura come un genere nato dall’esigenza di un popolo di tramandare la propria memoria, attraverso le grandi gesta compiute dai suoi eroi, uno strumento fondamentale alla celebrazione del senso di appartenenza a una cultura.
Un’espressione della nostra civiltà dalla valenza più pratica che lirica. Se su un versante è possibile azzardare il paragone tra la funzione catartica dell’opera epica con quella dell’intrattenimento trash, su di un altro allora è possibile rapportare l’antica usanza del simposio – seconda parte del banchetto greco-romano, dedita alla dialettica e all’intrattenimento – con l’attuale mestessismo dei reality.
Dalla cultura trash, attraverso la sua critica condivisa, ne è nato un giudizio comune in grado però di spingerci a una presa di coscienza culturale più profonda di ciò che è sempre stato ai confini della moralità.
E se dico “No, vabbè Maria io esco..”?
Il valore della spazzatura
Del trash o sei fan o sei hater, in ogni caso tendi a rapportartici e a confrontartici. D’altra parte escluderlo dal nostro mondo equivale a escludere in parte noi stessi dal tessuto sociale. I meme sono importanti e ancora più importante è capirli. Se il trash ci fa ridere è per la sua apparente spontaneità disincantata, una parodia di una realtà sempre più precaria, veloce e sfuggente. All’opposto, proprio per la sua banalità, la cultura trash riesce in maniera sbrigativa ed efficace ad imbrigliarla e a spiegarcela. L’epica trash dalla sua ha la puerilità unica e inconfondibile di riuscire a rappresentare le storture della realtà e di contrapporla, senza troppi fronzoli, al falso buonismo delle tante narrazioni che ci bombardano costantemente.
Un processo comunque conoscitivo.
Si tratta di una sfumatura amara e squallida della nostra cultura, comunque parte della nostra esperienza e conoscenza. Grazie alla spettacolarizzazione demenziale, accessibilissima e semplice, l’epica trash permette di allungare il nostro sguardo critico anche nei confronti di noi stessi. Un processo conoscitivo alternativo, che preso con le giuste precauzioni, amplia la nostra conoscenza dei meccanismi del nostro mondo e quindi di noi stessi.
Valeria Zoppo