Cresce la spesa media in cultura e arte in Italia, ma permane il ritratto di un paese a due velocità tra Nord e Sud della penisola.
È questo il dato principale che è emerso dal 14° rapporto Federculture, presentato ieri presso la Camera di Commercio di Milano. Il rapporto fa riferimento alla differenze di fruizione e partecipazione della popolazione alla vita culturale del paese.
Ciò che emerge dal quadro generale è quello di una realtà che vive di luci e ombre, determinata da tanti fattori, tra cui la digitalizzazione globale e i tagli ai diversi settori dell’arte e dello spettacolo, che ne hanno minato la stabilità e la sopravvivenza.
Nonostante si parli ancora di un paese al di sotto della media rispetto ai principali interlocutori europei, pare che la crisi più nera sia stata superata. Se la media della spesa complessiva nell’eurozona è dell’8,5 %, l’Italia si ferma al 6,7%, ma è la Svezia a detenere il primato, con una spesa annuale pari all’11%.
Aumenta sensibilmente la quota di spesa che la famiglia media italiana riserva ai musei, cinema, teatro e concerti: si passa infatti dal 3,1% nel 2017, pari a 31 miliardi di euro, a 71,4 miliardi, con una crescita del 2,6% rispetto al 2016; il trend di crescita comprende anche la spesa per libri e musica.
Resta però ancora un forte divario fra nord e sud della penisola, con una spesa media mensile, al nord, di 129,7 euro, cui si aggiunge il picco di 150 euro mensili in Trentino Alto Adige. Drastico calo nel meridione, dove la spesa mensile non supera i 90 euro mensili, scendendo drammaticamente a 66 euro in Sicilia.
A questo si aggiunge una soglia di anomia non indifferente della fascia adulta, pari al 38,5% della popolazione, che non partecipa o non è interessata ad alcun tipo di attività culturale. Molti di questi dati però non possono tenere conto solo delle dinamiche ambientali, bensì di altri fattori quali la precarietà, l’esposizione ai media, la percezione di sicurezza e stabilità nel paese.
Una magra consolazione arriva dall’editoria: cresce sensibilmente, da 40,5% a 41%, la quota di chi legge più di un libro l’anno, da 40,5% a 41%, ma diminuisce la categoria dei cosiddetti “lettori forti”, ossia quelli che ne leggono più di 12 nell’arco di un anno. “Si tratta di prendere atto, ha avvertito il Ministro dei Beni Culturali, Alberto Bonisoli, che l’Italia è un Paese che ha delle linee di faglia e grosse tensioni interne. Per questo abbiamo pensato a una manovra economica che ha l’obiettivo di far ripartire l’economia, ma anche di andare in controtendenza rispetto a questa separazione dell’Italia a due velocità”.
Segnali di ottimismo arrivano però dal turismo, specie quello culturale che è tornato a crescere e oggi rappresenta il 35,4% della quota totale, con un 10% di visitatori in più nei musei statali e presso i siti archeologici. Resta però una forte incertezza, sottolineata dal presidente di Federculture, Andrea Cancellato, sul futuro delle spese di sostegno per il patrimonio artistico e storico; in particolar modo egli ha criticato il passaggio di controllo del settore turistico, dai Beni culturali alle Politiche agricole, sostenendo, assieme al direttore Bocci, la necessità di una cabina di regia a Palazzo Chigi.
Infine un dato non edificante da parte delle amministrazioni comunali che scende del 4% rispetto al 2015, così come scendono le erogazioni da parte delle fondazioni bancarie di -9% rispetto al 2016.
Emerge insomma un quadro complessivo di un paese leggermente in crescita, ma ulteriormente diviso al suo interno fra nord e sud, fra informazione e inculturazione popolare, ma anche fra regioni e comuni e l’insieme di questi dati dovrebbe far riflettere gli italiani, le amministrazioni e lo stesso Mibac il quale ha confermato, per il 2019, un leggero aumento nello stanziamento di fondi pubblici di circa 2,4 miliardi, rispetto ai 2 dello scorso anno.
Fausto Bisantis