Cosa c’è in Italia oltre al modello della famiglia mononucleare? È possibile rivoluzionare la nostra cultura abitativa, relazionale e famigliare? Forse sì, e alcuni esempi esistono già.
Qual è la situazione della cultura abitativa, relazionale e famigliare in Italia? Nelle ultime settimane, Michela Murgia ha condiviso dei post su Instagram con i quali ha scelto di parlare della sua queer family. Così facendo ha portato alla ribalta, davanti all’opinione pubblica italiana, un tema del quale nel nostro paese discutiamo poco. La cultura abitativa e relazionale occidentale ci pone altri due grandi temi. Da un lato quello della norma relazionale e famigliare, secondo la quale l’unica famiglia ammissibile è quella eterosessuale e cisgender; dall’altro, il tema delle coabitazioni e delle comunità. Possiamo immaginare delle comunità slegate dal legame di sangue? E che cosa accadrebbe se barattassimo l’individualismo per la vita di comunità?
Michela Murgia e “Queering the family”. Per una cultura famigliare, abitativa e relazionale diversa
La scrittrice Michela Murgia nelle scorse settimane ha scelto di condividere tramite dei post su Instagram – dal titolo “Queering the family” – alcuni aspetti personali della sua famiglia queer. Ha parlato di cura, di amore, di collaborazione, del chiamare in modi diversi il volersi bene. Murgia ci ha mostrato che è possibile vivere una vita relazionale e famigliare uscendo dal modello – spesso forzato e a maglie strette – della famiglia mononucleare. La scrittrice ha affermato:
La queerness familiare è una cosa che esiste e raccontarla è una necessità sempre più politica, con un governo fascista che per le famiglie non riconosce altro modello che il suo.
Al primo post ne sono seguiti altri due, nei quali Murgia argomenta il tema dell’ipersessualizzazione delle famiglie non tradizionali e racconta il suo essere madre in una “coppia omogenitoriale”, «perché da dodici anni condividiamo un figlio». In poche parole, la scrittrice è riuscita a distillare il significato di famiglia, togliendo il pane dalla bocca di chi usa i propri denti per azzannare chi non si ritrova nel modello di famiglia mononucleare ed eteropatriarcale.
Vi svelo un segreto: esattamente come tutte le famiglia, una famiglia queer è un posto dove si organizza la responsabilità reciproca, non le scopate. (…) La proprietà non si esercita sulle persone.
La nuova stagione di Morgana, il podcast di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, questa volta affronterà il tema della maternità, «attraverso le storie di dieci Morgane che l’hanno interpretata fuoriuscendo dagli stereotipi rassicuranti e dai legami biologici».
Anche se le affermazioni di Michela Murgia sul tema sono state in molti casi fraintese e riportate nel modo errato, è finalmente presente l’opportunità per l’opinione pubblica italiana di riflettere sulla propria cultura abitativa e relazionale. Finalmente, il dubbio: e se fosse possibile vivere una vita famigliare diversa?
Le coabitazioni giovanili solidali in Piemonte
Esistono molti modi diversi di intendere le famiglie e le relazioni. Una possibilità è la vita di comunità: scegliere di condividere lo spazio della propria abitazione con altre e altri, creando un rapporto di cura reciproca, e aprendolo alla più ampia comunità cittadina.
Un modo di fare esperienza di comunità è abitare in una coabitazione giovanile solidale. Alcuni esperimenti sono presenti in altre regioni italiane, ma in questo momento la sperimentazione più forte è quella presente a Torino. Ma che cosa sono le coabitazioni giovanili solidali?
Le Coabitazioni Giovanili Solidali sono comunità di coabitazione, costituite in alloggi di proprietà pubblica (comunale o dell’A.T.C.) situati in quartieri di edilizia residenziale pubblica, o in ambiti urbani con elevata presenza di edilizia sociale (…). Sono composte da giovani volontari tra i 18 e i 30 anni che hanno scelto di vivere un’esperienza di autonomia in progetti di solidarietà. In cambio di un affitto ridotto al 10% dell’equo canone, mettono a disposizione gratuitamente ognuno 10 ore a settimana del proprio tempo a beneficio dei cittadini per attività di sostegno, accompagnamento e supporto nel quotidiano, sviluppo di comunità.
I e le giovani che vivono in una coabitazione a Torino si prendono cura delle relazioni fra vicini, organizzano momenti di scambio e convivialità, feste dei vicini, caffè e pasti in comune, e – soprattutto – hanno il compito essenziale di trasformare una casa e un palazzo in un luogo di comunità.
Cosa c’entra tutto questo con la queer family? Entrambi sono modelli diversi di vivere l’adultità: non si vive da soli o da sole, ma in una comunità che ha un obiettivo comune. E, soprattutto, si vive in un contesto dove è possibile trovare il supporto e la cura che molte persone non hanno sperimentato nella famiglia d’origine.
Una cultura abitativa e relazionale diversa è possibile in Italia?
Quindi, la famiglia mononucleare è davvero l’unica possibilità? Possiamo trovare dei nuovi modi di vivere la casa, le relazioni, la “famiglia”?
Abbiamo visto che una cultura abitativa e relazionale diversa da quella della famiglia mononucleare ed eteropatriarcale, anche in Italia, esiste già. Non è supportata istituzionalmente, però, e non se ne parla abbastanza.
Vivere in modo diverso è possibile, se lo si desidera. Perché forse iniziamo a renderci conto, collettivamente e sempre di più, che per molte e molti il modello di famiglia mononucleare ed eteropatriarcale non è così invitante. Che forse, in molti casi, è stato solamente l’ennesimo strumento di controllo dell’ordine sociale e delle categorie più disciminate, tra cui donne e bambine. E, forse, capiremo finalmente che ciò che conta è la cura nelle relazioni e la strada da percorrere insieme, per diventare ed essere persone adulte più libere e felici.