La cucina Plant-based è esplosa negli ultimi anni. Galeotto fu il grande impulso promosso dai social tramite pagine e canali curati da fantasiosi influencer pronti a deliziarci con nuove ricette ogni giorno e altrettanto, per i meno affini alle arti culinarie, per merito delle aziende specializzate nel veg food che hanno via via immesso sul mercato soluzioni sempre più golose e vantaggiose. Ma cos’altro c’è dietro la cucina vegetale?
Salute, ambiente, etica ed economia: sono molti i campi interessati dall’inversione di tendenza dell’ultimo ventennio che ha visto sempre più il propagarsi di nuovi usi a tavola e durante gli spuntini, grazie al diffondersi fra i consumatori di un nuovo approccio, più attento alla provenienza e alle qualità specifiche dei prodotti alimentari.
Parlare di cucina Plant-based o vegetale non è sempre semplice, poiché essa comprende un ampissimo ventaglio di possibilità. Plant-based significa derivato da ingredienti vegetali e, tendenzialmente, gli alimenti sotto questa dicitura comprenderebbero non soltanto l’assenza di ingredienti di origine animale, ma anche una certa “filiera corta” fra l’ingrediente vegetale e l’alimento finito. Ma è sempre così?
Alcune associazioni mettono in guardia a proposito di alimenti di origine vegetale volti a sostituire quelli di origine animale che, tuttavia, per mantenere le medesime qualità e caratteristiche potrebbero talvolta essere iper-processati. Un esempio noto è quello dell’idrogenazione, processo attraverso il quale gli oli vegetali possono subire una trasformazione mediante metodo chimico capace di condurli allo stato solido o semisolido (margarine). Questo e altri procedimenti potrebbero rendere la digeribilità, nonché la salvaguardia e la disponibilità dei nutrienti meno efficienti per i consumatori. Tuttavia, non è la regola ed è per questo che per approcciarsi a un’alimentazione più consapevole è di imprescindibile importanza svolgere un ruolo attivo da consumatori nella lettura attenta delle etichette e nell’informazione costante.
In un periodo in cui in Italia la tendenza a ridurre il consumo di carne e pesce si sta espandendo, sebbene non manchino alcune incertezze. La scelta di orientarsi verso la cucina plant-based scaturisce spesso dall’intento di apportare migliorie alla propria dieta, ma occorre tenere conto del fatto che la diffusione di un consumo vegetale adeguato al fabbisogno medio non è un fatto univoco in tutte le aree del Paese.
A fianco a questa crescita positiva, rintracciabile più in alcune località che in altre, grazie spesso ad analisi di mercato svolte dalle più grandi start-up di delivery, si aggiornano di anno in anno numerosi studi a livello nazionale e internazionale sull’importanza dell’impatto dell’alimentazione Plant-based su ambiente e sostenibilità.
Produrre cibo inquina, ma sussistono sostanziali differenze fra le varie tecniche e la destinazione specifica dell’attività. Istituti autorevoli come Science e Nature stimano che ogni anno l’industria alimentare produrrebbe fra il 26% e il 34% della CO2 totale, con una differenza sostanziale che varia fra la stima precedente e la seconda principalmente in virtù dell’intero percorso svolto dagli alimenti. Il primo dato valuta l’impatto iniziale, già di per sé notevole, orientandosi principalmente sulla produzione. Il secondo, invece, include anche la parte successiva all’acquisto, vale a dire la conservazione degli alimenti, quindi, l’energia necessaria per garantirla e lo spreco.
L’aspetto rincuorante è che le strategie per l’ottimizzazione della produzione di cibo sostenibile sono molteplici, come suggerisce anche il FAO nella sua recente analisi. Il FAO, organismo delle Nazioni Unite che cura l’obbiettivo alla sostenibilità alimentare, pone l’attenzione sul grande divario che ancora oggi sussiste fra la fame nel mondo e gli sprechi, concentrandosi sull’importanza del lavoro agricolo eco-sostenibile e sulla tutela degli ambienti acquatici e forestali.
La cucina Plant-based può sostituire almeno in parte, per ora, il consumo di alimenti di origine animale, salvaguardando i terreni che sarebbero altrimenti minacciati dall’espansione degli allevamenti, riducendo la crudeltà sugli animali e il consumo di acqua.
La strada è ancora lunga poiché, assieme a una nuova consapevolezza alimentare, occorre che le forze politiche dei vari Paesi possano e vogliano accogliere nuovi patti, nuove norme e strategie capaci di incentivare l’avanguardia nelle filiere produttive.