Tutto per il turismo, niente al di fuori del turismo
Gli spostamenti, a Cuba, durano ere geologiche, tra strade e paesaggi caraibici fatti di palme reali e mogotes. La natura è formidabile. A sud, dalla Baia dei Porci a Cienfuegos si prende la strada che costeggia la baia, scendendo giù fino a Playa Giron e poi chissà dove. Su quella strada avviene una strage. Granchietti tossici (nel senso di non commestibili) e con le orbite di fuori, tra aprile e maggio, quando il sole non è ancora molto alto nel cielo, passano dal mare al bosco interno dove si riproducono, per poi tornare alla spiaggia a deporre le uova. In questo tragitto devono attraversare una strada umana, percorsa dagli umani con le loro macchine umane.
La quantità di granchi è impressionante: un vero tappeto di creature nere e arancioni che alzano le tenaglie nel tentativo di difendersi mentre migrano da una parte all’altra. I taxi qui di passaggio – che siano Chevrolet del 1954, Plymouth dello stesso periodo o più moderne macchine noleggiate dai turisti – dapprima cercano di dribblare le creature. Ma più si va a sud, più la strada diventa un tappeto di granchi in movimento. L’alternativa, qui, è fermarsi: più del disgusto della strage, della morte e dell’odore pungente nell’aria, odore di morte nelle narici, può il timore fondato di forare. Oppure non darsi per vinti e attendere un camion per mettersi al suo seguito: il mezzo pesante apre la strada uccidendo e maciullando quei granchi grandi come una mano umana. E i turisti seguono.
“Un mondo migliore è possibile”, diceva Fidel. È sempre un murales a ricordarlo. Versace e Armani hanno fatto capolino all’Avana, nelle strade che circondano il Campidoglio. Le vetrine sono ancora un po’ impolverate, ma segnano comunque un mondo distante anni luce dallo scenario che si incontra girando l’angolo: le strade dell’Avana Vecchia e di Centro Avana.
Bambini che giocano a pallone, bicitaxi, jineteros (i truffatori che tentano di raggirare i turisti, con storie di Buena Vista Social Club e sigari), macchine coloratissime anni ‘50 – un vero e proprio museo a cielo aperto dell’automobile – e persone distese sull’asfalto, impegnate a mettere a posto il motore o le ruote del bicitaxi. “Le strade dell’Avana sono uno spettacolo perenne: teatro, caricature, dramma, commedia o qualsiasi altra cosa”, scriveva Alejo Carpentier in ‘L’Avana, amore mio’.
In bilico tra sudore, carne, colore, decadenza, distruzione, vita, fetore di escrementi e profumo di detersivo per i pavimenti.
Angela Gennaro