Il prossimo aprile Cuba, tra Covid e recessione, cambierà volto. Economia, politica e diritti: ma quale eredità lascia il regime castrista?
Dal prossimo aprile Cuba, per come la conosciamo, potrebbe cambiare profondamente: il Partito comunista cubano (Pcc), infatti, si riunirà a congresso congedando la maggior parte della dirigenza attuale. A partire da Raúl Castro, succeduto al fratello Fidel, scomparso nel 2016. Sarà il primo congresso post Fidel Castro: nel 2016, infatti, fu proprio il Líder Máximo a delegare il fratello Raúl. Tra contraddizioni e titanismo, Cuba al tempo del Covid è una terra segnata dai lunghi anni di isolamento commerciale. Un Paese che ha sempre avuto dei nemici potenti, ma che è stato capace di suscitare simpatie trasversali. Non solo Che Guevara o Hugo Chavez: anche personalità come Diego Maradona hanno coltivato il culto di Cuba rivoluzionaria. Un culto alimentato anche dalla Riforma Agraria del ’59 e dalla fondazione dell’Associazione Nazionale dei Piccoli Agricoltori. Ma aldilà della retorica: cosa lasceranno Raúl Castro e Díaz-Canel ai cubani?
Cuba: da Batista a Fidel Castro
Il progetto rivoluzionario cubano nasce – paradossalmente – fuori da Cuba. Il futuro Líder Máximo studia legge e – dopo la laurea – tenta la via della politica passando dall’ingresso principale. Candidato alle presidenziali, diventa protagonista della ribellione al golpe di Fulgencio Batista, nel 1952. Battuto e condannato, va in esilio prima negli Stati Uniti e poi in Messico, dove conosce il medico argentino Ernesto Guevara de la Serna. La presa de L’Avana avviene solamente nel ’59 e Castro, dopo qualche apparente tentennamento, dirotta il Paese verso una politica socialista e rivoluzionaria. Cuba, che era legata commercialmente agli Stati Uniti, divenne rapidamente il nemico numero uno dell’Occidente. Un elemento fondamentale, perché l’economia isolana da quel momento è caratterizzata da un duro embargo, imposto dagli Usa. A questo si aggiunse l’accesa militanza della sinistra cubana, sempre più ostile.
“Faremo ciò che dobbiamo per mantenere in funzione le nostre fabbriche, per mantenere i nostri lavoratori autonomi, per andare avanti in queste condizioni difficili e troveremo la formula per salvare il Paese, salvare la rivoluzione e salvare il socialismo” (Fidel Castro)
Cuba tra Unione Sovietica e Terzo Mondo
I rapporti tra Stati Uniti e Cuba peggiorarono quando il governo cubano espropriò le compagnie americane che operavano sul territorio. La rottura – economica e militare – fu totale quando il governo cubano strinse accordi petroliferi con l’Unione Sovietica. Il presidente Usa John Fitzgerald Kennedy e la Cia finanziarono gli esuli cubani, che sbarcarono alla Baia dei Porci nel 1961. L’invasione fallì ma i pessimi rapporti rimasero: con la crisi missilistica del ’62 Cuba si impegnava a ritirare dal territorio le armi sovietiche, in cambio della non aggressione. Molti ritengono, poi, che il biennio ’61-’62 segnò un peggioramento sul piano della libertà di espressione. Incarcerati e uccisi, ai pochi oppositori che si salvarono non rimase che l’esilio. In seguito divenne particolarmente numerosa la comunità cubana in Florida. Isolato internazionalmente, il governo cubano appoggiò l’Urss e i movimenti guerriglieri dell’America latina. Divenne importante anche l’elemento terzomondista: nel 1966 L’Avana ospitò la conferenza tricontinentale.
Anni ’90-2000
Da quando prese il potere, Fidel Castro concentrò sempre più il potere nelle sue mani. Fiaccata dalla crisi e dall’isolamento, verso la fine degli anni ’90 Cuba diede vita all’Alianza Bolivariana para América Latina y el Caribe (Alba). In particolare, l’associazione di Paesi era composta da Argentina, Brasile, Bolivia e il Venezuela di Hugo Chavez. Un fronte di cooperazione che ha portato alla fornitura petrolifera agevolata per Cuba, e assistenza sanitaria per il Venezuela. Recentemente molti paesi dell’America latina hanno beneficiato dell’invio di medici e sanitari cubani, per fronteggiare la pandemia da coronavirus. Nuove aperture, inoltre, sono arrivate sul fronte dell’economia: nel 2019, infatti, il popolo cubano ha votato una riforma della Costituzione. Pur restando il partito unico, la riforma ha introdotto delle limitazioni al numero dei mandati presidenziali, fissato a due della durata di cinque anni. Di rilievo anche le aperture su proprietà privata e mercato libero.
Is the San Isidro Movement an independent group of artists? Are the San Isidro Movement and the rare protest last Friday in front of the Culture Ministry one in the same? The situation in Cuba is far more complex than has been portrayed by the media.Thread pic.twitter.com/WKrtvdSzmg
— Belly of The Beast (@bellybeastcuba) December 3, 2020
Cuba tra Covid e diritti
Tra luci e ombre Cuba si è sempre adattata, sopravvivendo al crollo dell’Unione Sovietica e al terzo millennio. Nonostante i timori della seconda ondata ha gestito bene la prima fase pandemica, contenendo il Covid. E sta anche tentando una via autonoma per il vaccino: sono quattro in tutto, e si trovano in diverse fasi di sperimentazione. Le contraddizioni sono semmai altre: in rete circola da giorni la protesta degli artisti. Libertà d’espressione, fine della censura ideologica e riconoscimento di spazi culturali indipendenti: sono le richieste della società civile. Lo scorso 27 novembre poeti, rapper e intellettuali hanno manifestato a favore della libertà d’espressione davanti al ministero della Cultura. L’abolizione del ‘doppio peso’ e l’VIII Congresso del Pcc innescheranno dei cambiamenti – forse – poco prevedibili. Tra effetto Covid, crisi economica e nuove richieste di libertà, cosa resterà in futuro della memoria rivoluzionaria del Paese?
Francesco Nicolini