Lunedì sera una tragedia, diretta conseguenza della negligenza delle istituzioni nell’edilizia popolare, si è abbattuta sul quartiere popolare di Scampia, a Napoli: il crollo del ballatoio nella Vela Celeste ha causato la morte di due persone e il ferimento di altre dodici. Le vittime, una donna di 35 anni e un uomo di 29, sono morti, rispettivamente, sul colpo e durante la nottata, a causa di un arresto cardiocircolatorio. Secondo le notizie riportate dall’Ansa, le persone ferite, tra le quali vi erano anche sette bambini, appartengono allo stesso nucleo familiare e abitavano al quarto piano della Vela Celeste. Intanto, dalle prime ore di questa mattina, mentre molti dei feriti sono in codice rosso, l’intera area della Vela è stata evacuata e chiusa dai Vigili del Fuoco per approfondire meglio le cause del crollo.
A poco servono i compianti e i dolori che le più alte voci istituzionali, come quella di Giorgia Meloni, stanno esternando in queste ore. Il crollo del ballatoio nella Vela Celeste di Scampia è solo la punta di un iceberg fatto da negligenze, incuria, completo disinteresse nei confronti di chi abita quartieri popolari. Scampia è, sopratutto oggi, l’emblema di tutte quelle persone lasciate sole dallo Stato e che non possono neanche assicurarsi la garanzia di vivere al sicuro.
Crollo del ballatoio nella Vela Celeste di Scampia: evacuazione e sopralluoghi delle autorità
Ieri sera, a Napoli, nel quartiere di Scampia, si è verificato un grave incidente con il crollo del ballatoio di collegamento nella Vela Celeste. L’episodio, avvenuto intorno alle 22:30, ha provocato la morte di due persone e il ferimento di altre 13, tra cui sette bambini, alcuni dei quali versano in gravi condizioni e attualmente in codice rosso. I vigili del fuoco, intervenuti prontamente, hanno completato l’evacuazione dei piani superiori dell’edificio e hanno escluso la presenza di altre persone sotto le macerie. In queste ore, i tecnici del Comune di Napoli stanno portando avanti sopralluoghi per capire, nel più breve tempo possibile, quali appartamenti sono da considerare ancora agibili.
Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, e il prefetto Michele Di Bari hanno effettuato un sopralluogo nella zona interessata. La tragedia è avvenuta al quarto piano della struttura, coinvolgendo anche i ballatoi dei piani inferiori. Le vittime sono un uomo di 29 anni, Roberto Abbruzzo, e una donna di 35 anni, Margherita Della Ragione. Le autorità stanno conducendo verifiche sulla stabilità del palazzo e indagando sulle cause del crollo del ballatoio nella Vela Celeste, con l’ipotesi più accreditata che punta a un cedimento strutturale. La Procura di Napoli ha aperto un’indagine per accertare eventuali responsabilità.
In seguito al crollo del ballatoio nella Vela Celeste, il prefetto Di Bari ha annunciato l’evacuazione di circa 800 persone, di cui 300 minori, e ha attivato il Centro coordinamento dei soccorsi per coordinare le operazioni di emergenza. La Protezione Civile e il Comune di Napoli hanno individuato alloggi temporanei per gli sfollati e predisposto servizi di assistenza, inclusi pasti e supporto psicologico, con particolare attenzione ai 73 disabili presenti nell’immobile.
Storia delle vele di Scampia: simbolo di quel “degrado” voluto dallo stesso Stato
Con il crollo del ballatoio nella Vela Celeste, è importante ricordare che la struttura è una delle ultime rimaste dopo molteplici abbattimenti effettuati in precedenza. La stessa sarebbe stata, di qui a poco, abbattuta come le altre per “ricostruire” un quartiere che agli occhi della borghesia italiana era simbolo di degrado e poca dignità – oltre che simbolo della “Gomorra”.
Ma, come da copione, il crollo del ballatoio nella Vela Celeste è arrivato prima che le istituzioni potessero effettivamente mettere in salvo la vita di tutte quelle persone; il crollo è arrivato prima che lo Stato italiano potesse provare all’intera popolazione che è presente sui territori e che garantisce il diritto all’abitare, in tutte le sue forme. Ma questo non è successo, e ora disperazione e dispiaceri avvolgono tutte quelle persone responsabili dell’incuria, dell’abbandono e della totale mancanza di manutenzione nei quartieri popolari come quello di Scampia.
Il complesso delle Vele di Scampia, costruito tra il 1962 e il 1975, è da decenni simbolo dei problemi di Napoli, inclusi degrado e criminalità. Le Vele, chiamate così per la loro forma, erano originariamente sette, ma solo tre sono rimaste in piedi dopo le demolizioni iniziate negli anni Novanta. La Vela Celeste è una delle poche destinate alla riqualificazione con un investimento di 18 milioni di euro del Piano Periferie. Il progetto prevede il rifacimento degli spazi comuni e delle superfici orizzontali di copertura, trasformando la Vela Celeste in un simbolo del riscatto del quartiere e dell’intero territorio della periferia napoletana.
Il progetto completo vedeva anche la costruzione di spazi comuni per la ricreazione, sopratutto quella dei bambini, centri aggregativi e altri strumenti di uso comune per ampliare beni e servizi nell’intero quartiere. Il piano però, nonostante l’audace progetto, non fu mai portato a termine in questi termini, lasciando spazio al nulla tra centinaia di appartamenti.
Il problema sistemico dietro al crollo del ballatoio nella Vela Celeste
Il crollo di ieri notte a Scampia non è purtroppo né la prima né l’ultima tragedia che si verifica nei quartieri popolari delle grandi e piccole città d’Italia. Come a Napoli, anche a Roma ci sono stati tanti casi di morti e ferimenti in quartieri che vengono abbandonati dalle istituzioni, in quanto simbolo di criminalità organizzata, anarchia, guerra tra bande. Sono gli stessi quartieri in cui, una volta al mese, vengono effettuati blitz di polizia per dare prova che il controllo viene veramente effettuato; quegli stessi quartieri in cui, sotto la campagna elettorale, vengono stese passerelle politiche dai candidati di turno.
Sono quei quartieri di serie B: dentro la città da un punto di vista urbanistico, ma completamente fuori da un punto di vista sociale ed economico. Sono i quartieri poco degni di investimenti in infrastrutture e servizi sociali, che vengono invece mobilitati nelle grandi iniziative turistiche o nel prossimo Giubileo. Tutto questo ignora il diritto all’abitare e tutto ciò che ne concerne, come la sicurezza, l’onere economico nel pagare gli affitti, ma anche la possibilità di muoversi dal centro alla periferia con mezzi pubblici. È un circolo vizioso che porterà solo altre morti, tutte vittime di un sistema che, nonostante le iniziative e le forme di resistenza dal basso, le ha sempre rese invisibili.