Il primo appuntamento in Commissione Lavoro, per discutere del disegno di legge che prevede l’istituzione del reddito di cittadinanza, ha rischiato il fallimento. L’accordo con Roma, che ha sbloccato 550 milioni di euro, ha suscitato non poche polemiche. E Rosario Crocetta pensa già a ricandidarsi.
“Annunciazione! Annunciazione!”…no! Non è Lello Arena stavolta a fare proclami. E’ stato questo, però, lo stile adottato da Rosario Crocetta nell’annunciare il famoso “pacchetto speranza”. La speranza di fare le cose per bene, almeno una volta. Quantomeno di concretizzarle! Eppure, complici i molteplici impegni istituzionali, il primo appuntamento di ieri mattina in commissione Lavoro è stata una vera e propria buca. Sia Rosario Crocetta, che Gianluca Micciché – assessore al Lavoro – non si sono presentati; tanto da far alterare il presidente di commissione, Marcello Greco. Non c’è stato bisogno di rinviare l’incontro, perché poi il Micciché si è presentato, chiedendo che venisse portato avanti il proprio disegno di legge così come previsto, con buona pace dei pentastellati o di altri partiti che già prima avevano presentato iniziative analoghe. Ma che strada percorrerà, questo benedetto disegno di legge?
La questione reddito di cittadinanza ha già dei trascorsi altalenanti. Presentato l’anno scorso, abbandonato lo scorso febbraio dalla Finanziaria; cinque assenze consecutive del Governo in commissione e ora ben sette disegni di legge sul tema, presentati sia dai partiti che dalla Giunta. Insomma, il reddito di cittadinanza è come una bella donna ricca di corteggiatori o, se si vuole, un ottimo specchietto per le allodole, almeno per il governo Crocetta che in tempo record di disegni di legge sull’argomento ne ha presentati più d’uno, senza poi dare indicazioni in commissione su quale portare avanti. Ci ha pensato Micciché a evitare la grama figura, liquidando la questione con il “suggeridiktat” di puntare sul disegno di legge del governo. Sì, ma quale? Lo stesso che era stato bloccato dalla finanziaria! Entro martedì prossimo, impegni istituzionali “altri” permettendo, Crocetta dovrà presentare il testo definitivo della legge e nella settimana successiva si potranno presentare gli emendamenti. In questo modo soltanto da metà luglio si potrà procedere a votare in commissione. Ce la farà, questa volta, ad essere qualcosa in più di uno squillo di tromba?
A proposito di squilli e proclami altisonanti, c’è poi la questione autonomia sì, no, forse. Facciamo di no… Con l’altro “regio proclama” – squillino le trombe! – riguardante lo sblocco di 550 milioni, a completamento di altri 900, provenienti da Roma, Crocetta ha fatto in modo che si esultasse per l’arrivo di pecunia tralasciando però qualche “piccolo particolare”. Che nessuno regali nulla è pacifico; ben altra cosa è il cappio che, a fronte di questa piccola elargizione, viene messo sul collo della bella Trinacria. Sul banco degli imputati l’accordo Stato-Regione che era stato siglato per favorire il trasferimento del mezzo miliardo di euro. Ebbene, tra i punti salienti dell’accordo c’era anche la rinuncia, da parte della Regione, a qualsiasi contenzioso nei confronti del governo centrale. Una rinuncia più volte ribadita, come recita il testo di un precedente accordo analogo, siglato nel giugno 2014: “La Regione si impegna a ritirare, entro il 30 giugno 2014, tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinnanzi alle diverse giurisdizioni relativi alle impugnative di leggi o di atti conseguenziali in materia di finanza pubblica, promossi prima del presente accordo, o, comunque, a rinunciare per gli anni 2014-2017 agli effetti positivi sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di indebitamento netto che dovessero derivare da eventuali pronunce di accoglimento”. Parliamo di un “cadeau” da 5 miliardi – riconosciuti dalla Corte Costituzionale – che la Sicilia ha fatto a Roma, ma che importa…ci hanno dato 500 milioni! E che importa se quei soldi, i 500 milioni, erano di fatto nostri? Eh già! Nel 2014 la Struttura di gestione dell’Agenzia delle Entrate ha trattenuto 585 milioni di euro di entrate riscosse nel territorio regionale, riversandole direttamente al bilancio dello Stato come accantonamenti tributari. Ora che abbiamo i 500 milioni, pensiamo a goderceli, anche perché entro il prossimo 30 settembre dovremo ritirare tutti i ricorsi in materia di finanza pubblica presentati prima del 31 dicembre 2015 (quanto ci piace, la retroattività!).
E dei tagli che ogni anno dovremo fare che importa? Cosa sarà mai un misero 3% di tagli che la Sicilia si impegna a fare anno per anno, fino al 2020? Oggi ci sono i soldi, domani ci aspettano le lacrime. Ma ci stiamo abituando a piangere lacrime amare, così come ci stiamo abituando a non essere più una Regione a Statuto speciale. A Roma è stata offerta la nostra autonomia per 500 milioni, due spicci rispetto ai soldi che ci sarebbero spettati; un solo spiccio rispetto a settanta anni di autonomia. Ma a questo, il caro “Saro” Crocetta non pensa, concentrato com’è a stare sotto i riflettori, mentre culla il suo sogno di ripresentarsi per un Crocetta bis, “perché non dovremmo? Abbiamo avuto molto successo”, disse la primadonna a quei passacarte dell’Ars.
Alessandra Maria