Gli scienziati sono riusciti in una storica impresa. Sono riusciti a salvare un file in formato gif (un’immagine in movimento) all’interno di un batterio grazie all’ormai noto sistema CRISPR. Quali sono le implicazioni di questo successo?
Il sistema CRISPR
Per poter realizzare tutto ciò, i ricercatori hanno usato il sistema CRISPR (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeat), una sorta di sofisticato “sistema immunitario” dei batteri. Semplificando, possiamo così spiegare il suo funzionamento. Una volta che un batterio viene attaccato da un virus, se sopravvive, cattura frammenti di DNA virale grazie alle proteine CRISPR-Cas1 e CRISPR-Cas2, creando sequenze di DNA non codificate (sequenze spacer) aggiunte al genoma del batterio. Qualora il virus dovesse ripresentarsi, il batterio può dunque usare le informazioni precedentemente immagazzinate per usare una specifica proteina (CRISPR-Cas9) con cui contrastare il virus. Questo sistema, con le dovute modifiche, viene dunque utilizzato come strumento estremamente potente e preciso di ingegneria genetica. Risulta inoltre più economico e semplice rispetto alle tecnologie preesistenti. Di seguito trovate il video del canale Kurzgesagt per una spiegazione un po’ più approfondita su CRISPR e su cosa potrebbe comportare in futuro.
Qual è lo scopo dello studio?
In questo caso specifico, i dati fanno riferimento all’articolo pubblicato da un team di ricercatori di Harvard guidato da Seth L. Shipman e pubblicato sulla prestigiosissima rivista Nature. Shipman e colleghi, nello specifico, hanno utilizzato un Escherichia coli, sfruttando le sue Cas1 e Cas2 per inserire dati digitali provenienti da file raffiguranti l’immagine di una mano e il filmato di un cavallo in movimento. In particolare, questo filmato è il frutto di una sequenza di immagini in cinque fotogrammi realizzata nella seconda metà dell’Ottocento dal fotografo britannico Eadweard Muybridge (Human and Animal Locomotion), che sviluppò sistemi precursori dell’odierno cinema.
Trasformare bit in DNA
Semplificando ancora una volta, le informazioni digitali presenti in ogni pixel del fotogramma sono state trasformate in un codice a DNA, codici inseriti negli spacer, per cui a ogni fotogramma corrispondono più spacer. Quindi gli spacer sono stati posti in modo da presentare fotogrammi consecutivi. Successivamente, è stato analizzato il DNA del batterio con un apposito software, che è riuscito a riprodurre il breve filmato con un’accuratezza maggiore del 90%. Rimando all’articolo originale per chi volesse approfondire ulteriormente. Di seguito invece trovate la gif originale e quella presente nel batterio.
È qualcosa di nuovo?
In realtà è già possibile conservare dati all’interno del DNA, tra l’altro di dimensioni molto maggiori rispetto alle immagini “salvate” all’interno del batterio (circa un anno fa Microsoft e l’Università di Washington sono riusciti a immagazzinare 200 MB di dati su un filamento di DNA). La gif utilizzata per l’esperimento ha una risoluzione di appena 36 × 26 pixel. La portata rivoluzionaria di questo studio consiste in altro, infatti: per la prima volta è stato possibile salvare all’interno di un organismo vivente dei dati estranei. Cosa comporta tutto ciò? Le implicazioni sono diverse, soprattutto etiche (e non tutte positive, ma se avete già visto il video, sapete ciò di cui si parla). Chissà che non sia la risposta dell’umanità al tanto temuto possibile dominio delle IA. Voi che scenario immaginate? È giusto o meno proseguire con questo tipo di sperimentazione?
Davide Camarda