Maduro presidente illegittimo
La crisi venezuelana non accenna a migliorare. L’inflazione ha raggiunto livelli altissimi e oltre a questa non bisogna dimenticare l’embargo commerciale posto da Stati Uniti ed Europa.
In più, governo e opposizione sono allo scontro politico aperto. L’Assemblea nazionale del Venezuela aveva dichiarato, nei giorni scorsi, come il secondo mandato presidenziale di Maduro non sia legittimo. Il presidente dell’Assemblea, Juan Guaido, ha in seguito ulteriormente marcato le posizioni anti-governative del parlamento. Infatti, nel discorso di apertura della sessione legislativa del 2019, ha aggiunto:
“Il 10 gennaio Nicolas Maduro usurperà la presidenza di questo paese assumendo il suo secondo mandato. Di conseguenza questa Assemblea è l’unico rappresentante legittimo del popolo. Inoltre, promuoviamo la formazione di un governo di transizione fino alle prossime elezioni.”
Un disconoscimento forte, seppur dal valore meramente simbolico. È infatti dal 2016 che la Corte Suprema, filo-governativa, ha annunciato la non validità di qualsiasi decisione presa dall’Assemblea.
Il disconoscimento dei Paesi di Lima
Il parlamento venezuelano non è il solo a disconoscere ufficialmente la legittimità della seconda presidenza Maduro. Anche i paesi che aderiscono al cosiddetto “Gruppo di Lima”, eccezion fatta per il Messico, non considerano legittime le elezioni dello scorso maggio. Canada, Brasile, Argentina Perù, Colombia e altre nazioni formano suddetto Gruppo, nato nell’agosto 2017 proprio per cercare di porre fine alla crisi venezuelana.
Oltre a non riconoscere il secondo mandato di Maduro, questi paesi hanno chiesto al presidente venezuelano di rispettare le prerogative del parlamento. La richiesta prevede il trasferimento provvisorio del potere all’Assemblea fino a nuove elezioni, libere e democratiche. Incassato il sostegno internazionale, il partito Voluntad Popular, da cui proviene anche il presidente dell’Assemblea, ha esortato popolazione e Forze Armate ad abbattere la dittatura. Leopoldo Lopez, leader dell’opposizione radicale, non ha per ora rilasciato dichiarazioni in merito.
La crisi venezuelana secondo Maduro
Maduro incolpa spesso e volentieri gli Stati Uniti della grave crisi venezuelana.
All’inizio del mese scorso, il presidente aveva denunciato un tentativo di colpo di stato statunitense, con obiettivo il disconoscimento delle legittime istituzioni venezuelane. Il Golpe, orchestrato tramite la manipolazione mediatica di quanto avviene nel paese sudamericano, avrebbe cercato di rompere l’armonia della nazione stessa. Rincarando la dose, Maduro ha infine ricordato come l’impero americano cerchi di controllare il Venezuela dal 2002, finanziando azioni violente contro il governo.
Le relazioni tra Washington e Caracas sono ulteriormente peggiorate alla fine del 2018. Quest’ultima dichiarò di sua proprietà i giacimenti petroliferi posti al confine tra Guyana e Venezuela, scatenando la reazione degli Stati Uniti. Il Dipartimento di Stato USA emise infatti un comunicato, esortando il paese di Maduro a rispettare la sovranità guyanese. L’esecutivo venezuelano definì quella statunitense una brutale ingerenza, promettendo inoltre un’accoglienza a fucili spianati in caso di invasione.
Ultimi aggiornamenti
Le notizie più recenti riportano la fuga di Christian Zerpa , un giudice della Corte Suprema, verso gli Stati Uniti.
Il giudice, in aperta polemica con Maduro, accusò il presidente stesso di aver manipolato la sessione elettorale del maggio scorso.
In un’intervista concessa poco prima della fuga, lo stesso Zerpa rivelò come l’appoggio della Corte Suprema al presidente sia in realtà estorto con la forza. Pesanti condizionamenti minerebbero l’operato dell’organo, così da garantire la delegittimazione dell’Assemblea da parte di questo.
I portavoce del governo di Maduro, nel frattempo, si sono affrettati a screditare il giudice. Infatti, secondo questi, Zerpa sarebbe scappato per evitare le indagini di molestie sessuali a suo carico.
La crisi venezuelana e la questione migratoria al confine con gli Stati Uniti stanno già infiammando il 2019 sudamericano. In molti sperano in un’inversione di rotta della strategia del disimpegno statunitense, di modo che gli americani si impegnino attivamente contro la “dittatura” venezuelana.
Stefano Mincione