Crisi, scissione, direzione e congresso: la grande sfida del Partito Democratico

Partito democratico: la direzione

Toni pacati, ma poco confronto: la direzione del Partito Democratico di Lunedì 13 non è stata quel che tanti si sarebbero aspettati. Tra le antecedenti minacce, celate o meno di scissione, piuttosto che la richiesta, talvolta disperata, di un’analisi delle politiche governative che non hanno funzionato, delle elezioni amministrative perse e infine di quel tragico 4 dicembre, si è lasciato spazio ad un dialogo politico che chiede il rilancio del partito in un auspicato confronto in sede di Congresso.

Un Congresso a cui il Segretario Matteo Renzi acconsente, ma con delle parole che non nascondono una certa durezza.

“Non voglio scissioni. Ma se deve essere sia una scissione sulle idee, senza alibi e non sul calendario. Ho un’idea alta del congresso e ancor di più della scissione. È un momento drammatico che mette in subbuglio i sentimenti. Discutiamo le linee politiche e poi ci dividiamo. Mai avrei pensato a una discussione sul calendario: o si fa il congresso prima delle elezioni o è scissione. È una specie di ricatto morale e sono allergico ai ricatti.”

Fonte: http://www.unita.tv/focus/direzione-nazionale-pd-diretta-e-liveblog/

La Direzione del Partito Democratico viene lanciata così con una discussione su più linee, che privilegia, a partire dalle parole del Segretario, passando per quelle di Fassino, il piano internazionale. “Un piano che non è più possibile ignorare.”

La sinistra è in crisi a livello globale. I populismi trovano consenso ovunque. E la giustificazione pratica di ripartire perché ovunque va male è così servita.

Il piano politico che il Segretario Renzi riserva al Partito Democratico è chiaro. Il richiamo al candidato francese Emmanuel Macron non cade a caso.

Già in passato non erano passati inosservati i parallelismi tra le due figure. Due leader anti populisti, due leader rottamatori, due leader che prendono atto che il piano sovranazionale non è più ignorabile, tenendo presente che non è cercando di chiudersi a riccio su stessi che i problemi finiranno, anzi.

Solo in cammino, en marche, per recuperare il nome del Partito a cui fa capo Macron, è possibile ricostruire un’idea di sinistra universalmente accettata.

Riscoprendo la fondamentale importanza dei valori che uniscono, non che dividono, cercando di lavorare per costruire degli organismi sovranazionali più equi, più giusti, ma da dentro, non da fuori.

Da dentro, non da fuori, stando uniti e non divisi. Esattamente come all’interno del Partito Democratico.

La grande sfida

La grande sfida lanciata all’interno di una direzione del Partito Democratico è chiara e sta proprio in questo: andare avanti insieme, perché da soli non si farà altro che costituire un frammentario puzzle che mai riuscirà a fare qualcosa di concreto per il Paese.

Spicca a tal proposito l’appello del Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.

“Intanto, la paura, il malessere, la rabbia che serpeggiano tra le persone – in assenza di ricette efficaci – non accennano a diminuire. È evidente che questi cambiamenti non richiamano solo a punti di un programma, ci chiamano a ridefinire le ragioni, la funzione e gli obiettivi del Pd stesso e alla necessità di riaffermare le ragioni condivise dello stare insieme.

Io non voglio il Pd di Renzi o di Speranza o di Rossi o di Emiliano, voglio ancora il Pd che, proprio in quanto forte di obiettivi e valori comuni e condivisi, poi si dà una linea e una leadership e chiama tutti a sostenerle. Per questo, forse pur nei tempi congressuali brevi che ci vogliamo dare, sarebbe importante preparare, approvare e accompagnare il congresso da un manifesto comune di valori e sfide condivise che – perimetrando un quadro chiaro – faccia sentire tutti a casa. Liberi di confrontarsi su idee diverse me restando uniti.

È difficile ma, se vogliamo, lo possiamo fare. Per salvare il Pd a mio giudizio andrebbe fatto.”

Ma non è tutto. Vi è anche l’appello dei giovani del Partito Democratico, che già in passato avevano chiesto attraverso una lettera aperta al Ministro Poletti le sue dimissioni sul blog Questione di Rispetto.

“In questi anni abbiamo più volte attraversato momenti di crisi, di dubbio, di forte contestazione e scontro, interni ed esterni, ma un giorno buio come questo il Partito Democratico fatica a ricordarlo. Dov’è finito lo spirito che ha guidato la nascita di questo partito? Vi siete forse dimenticati lo scopo di diventare più forti insieme?

Noi abbiamo ancora questo pensiero in testa, oltre che nel cuore.”

Un appello spassionato, un appello di chi “proviene dalla base del Partito Democratico per esprimere un concetto semplice.”

“Noi non vogliamo rinunciare alla nostra casa e alla nostra famiglia democratica.”

La voglia di ripartire, di fare e che chiede rispetto nei confronti degli oltre 380mila iscritti del Partito Democratico.

Fonte: http://www.bergamonews.it/2014/04/01/ecco-la-squadra-del-pdpronta-per-sostenere-gorinella-sfida-contro-tentorio/187759/

Non passa inosseravato, tra i firmatari, Marco Sarracino, già Segretario dei Giovani Democratici e che ad oggi fa parte della direzione del Partito Democratico.

Ma da cosa ripartire uniti?

Roberto Speranza lo dice durante il suo intervento. In parlamento.

Perché per quanto il Segretario Renzi non sia più il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Partito Democratico è ancora presente nelle aule di un Parlamento democraticamente eletto. E forse proprio a partire da quelle aule può iniziare il suo riscatto.

Non sarà uno sterile dibattito sulle accuse degli uni o degli altri a salvare il Partito Democratico, non saranno dei giochi di forza che infastidiscono e tolgono credibilità di fronte all’elettorato, privilegiando così l’antipolitica alla politica. Avvantaggiando i populismi al buon governo.

Quel che serve, oggi, con umiltà e tanta pazienza – il percorso non sarà semplice – è guardare a sinistra.

Ilaria Piromalli

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