Il mondo intero sta attraversando un periodo di grandi disordini che, a questo punto, non possiamo più ignorare. Ma in questo panorama di guerre e tensioni, qual è il ruolo dell’Italia?
Quali guerre minacciano gli equilibri del mondo? Siamo davvero di fronte alla Terza Guerra Mondiale? E se sì, che ruolo ricopre l’Italia in tutto ciò?
Queste sono alcune delle domande che i cittadini del mondo si pongono ormai da diverso tempo, se non da diversi anni. E, anche se l’Italia non è al momento coinvolta in prima persona in nessun conflitto, non è possibile ignorarne il ruolo dietro le quinte del business della guerra.
Quando il Papa nominò, per la prima volta, la Terza Guerra Mondiale
Nel 2014, Papa Francesco, in volo da Seul a Roma, parlò per la prima volta di “Terza Guerra Mondiale a pezzi“.
Oggi siamo in guerra dappertutto. Qualcuno mi ha detto: viviamo la terza guerra mondiale, ma a pezzi
In quel momento, si assistette al precipitare della situazione dei talebani in Afghanistan e in Pakistan, e all’inasprimento del conflitto tra israeliani e palestinesi. Era il periodo dell’esplosione della violenza degli jihadisti in Iraq, con la proclamazione del califfato islamico e la lunga scia di sangue degli attentati terroristici, che giungerà in Europa nel 2015. Il 2014 è anche l’anno dell’inizio della guerra del Donbass nell’Ucraina orientale, scoppiata solo un mese dopo l’annessione illegittima della Crimea alla Russia.
Il tutto, nel mezzo di una profonda crisi economica.
Ma l’episodio che ha concretizzato, una volte per tutte, i timori di un nuovo conflitto globale è avvenuto nel febbraio 2022. Si tratta dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, appena fuori dai confini europei.
Crisi globale del 2023: cosa sta succedendo intorno al mondo
Pochi mesi dopo l’invasione, nel maggio 2022, il Papa è tornato a parlare di Terza Guerra Mondiale.
Qualche anno fa mi è venuto in mente di dire che stavamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi. Ora, per me, la Terza Guerra Mondiale è stata dichiarata
In poco più di due anni, si sono susseguite crisi e conflitti in tutto il globo. A partire dall’esplosione del conflitto tra Russia e Ucraina, con la conseguente destabilizzazione politica ed economica di tutta l’Europa. In più di un’occasione, la comunità internazionale ha tenuto il fiato sospeso, temendo il coinvolgimento della NATO e persino l’utilizzo di armi nucleari.
Nel frattempo, le relazioni tra Cina e USA si sono raffreddate pericolosamente intorno alla questione di Taiwan, e vanno via via peggiorando con l’aumento delle tensioni in Medio Oriente e in Ucraina.
Si sono acuite tensioni, rappresaglie e sconfinamenti tra Azerbaigian e Armenia nei confronti della repubblica separatista del Nagorno-Karabakh, raggiungendo punti di alta tensione. Senza dimenticare i dissidi tra Serbia e Kosovo.
In Africa centro-occidentale, i colpi di Stato hanno portato istituzioni sempre meno democratiche, dittature sempre più feroci e sgretolamento dei diritti umani. La regione MENA (Medio Oriente e Nord Africa) è precipitata in un periodo di crisi senza precedenti, con 16 milioni tra rifugiati e sfollati interni per i quali il resto del mondo fatica a trovare soluzioni e accordi.
Nel frattempo, il pluridecennale conflitto nella Striscia di Gaza si è trasformato in una vera e propria guerra, che per alcuni esperti ONU potrebbe persino diventare un “genocidio“. E rischia di inglobare il cosiddetto “asse della resistenza” anti-israeliano e anti-statunitense (milizie provenienti da Iran, Libano, Siria, Yemen, e Iraq) facendo temere, ora più che mai, uno scontro globale.
Ma ci sono anche altri conflitti, nel mondo, di cui non sentiamo parlare. In totale, il 21 marzo 2022, sono state registrate 59 guerre. Tra queste, oltre 20 sono classificate ad alta intensità.
Business militare: a chi vendiamo le nostre armi?
Quando si parla di guerra, non si può ignorare l’enorme flusso di denaro che questa comporta, derivante dall’importazione e l’esportazione di armamenti e tecnologie avanzate. Proprio in questo campo della crisi globale del 2023 si inserisce l’Italia.
Per esportare armi e tecnologie militari in Italia, secondo la legge 185 del 1990, serve un’autorizzazione governativa rilasciata dal Ministero degli Esteri.
Viene concessa solo se le armi vengono vendute a nazioni che non hanno attaccato o invaso altri Paesi, o a nazioni non sottoposte a embargo dalle organizzazioni internazionali. La vendita deve essere inoltre conforme alla politica di difesa dell’Italia e rispettare i principi costituzionali. In caso di esportazioni non conformi, si potrebbero persino configurare “crimini di guerra“.
Secondo l’ultimo rapporto del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), tra il 2018 e il 2022, l’Italia è stata responsabile del 3,8% della vendita internazionale di armi. Si classifica, quindi, sesta nella scala mondiale – dominata da Stati Uniti (40%) e Russia (16%) – aumentando le proprie vendite del 45% rispetto al periodo 2013/2017.
In particolare, il nostro Paese è il primo fornitore di armi (35%) per la Turchia di Erdogan. Dato che solleva diversi dilemmi etici, dal momento che l’Italia stessa ha più volte indicato la Turchia come “dittatura“. Etichetta confermata dai dati del Democracy Index, che classificano il Paese come unico “regime ibrido” d’Europa.
L’Italia è anche secondo fornitore per l’Egitto (dopo la Russia), che è a sua volta il nostro secondo acquirente. Tali accordi commerciali sono stati spesso oggetto di discussione, in particolare in relazione ai casi Regeni e Zaki. Tuttavia, negli anni, gli affari non hanno fatto che crescere. Nel 2019, l’Egitto è stato il primo acquirente di armi per l’Italia, ed è stato protagonista di affari militari poco trasparenti nel 2020. Sullo stesso piano come acquirente si classifica il Kuwait, dopo gli USA.
Il primo acquirente di armamenti italiani è il Qatar, al quale va il 24% della nostra produzione. Paese che, oggi, è sotto i riflettori come principale alleato di Hamas, e presumibilmente finanziatore dell’organizzazione terroristica. Ma il Qatar gode anche di buoni rapporti con Israele (a sua volta, acquirente di armi italiane), ed è quindi un potenziale mediatore.
Crisi globale 2023: dobbiamo avere paura?
Giornali, telegiornali, radio. Ovunque, siamo circondati da immagini raccapriccianti e aggiornamenti che ci fanno raggelare. Di fronte a un panorama del genere, viene naturale chiedersi se non siamo sull’orlo di un nuovo conflitto globale.
Tuttavia, è bene tenere a mente che non è il primo periodo di alto tensione che l’umanità si trova ad affrontare. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono stati molti gli eventi che hanno fatto ipotizzare una “Terza Guerra“.
Dalla guerra di Corea del 1950, alla Crisi di Suez nel ’56. Dalla crisi dei missili di Cuba del 1962, alla guerra del Kippur un decennio dopo.
Per quanto riguarda la crisi globale del 2023, le ipotesi sul futuro possono solo rimanere ipotesi, e la situazione potrebbe cambiare da un momento all’altro.
Nel frattempo, è importante tenersi lucidi e informati (con le giuste precauzioni).