La crisi energetica a Cuba di questi giorni rappresenta la più importante sfida per il regime socialista nell’epoca post Fidel Castro. Le difficoltà nel reperire carburanti hanno innescato una serie di problematiche nella logistica e nei rifornimenti di cibo e medicinali. Le proteste a Santiago de Cuba e Bayamo fanno tremare il governo, il quale accusa gli Stati Uniti di fomentare i disordini e di non fornire supporto all’isola.
Secondo l’Unión Eléctrica (Une) (l’agenzia statale dell’energia elettrica) attualmente le risorse del paese sono in grado di fornire elettricità per 2.299 megawatt contro i 3.250 megawatt richiesti nelle ore di picco costringendo alcune zone a blackout forzati.
Le cause della crisi
Una delle principali cause della crisi energetica a Cuba è la dipendenza dell’isola dal petrolio. Nel Paese scarseggiano benzina e diesel utilizzati per i mezzi di trasporto e per alimentare le centrali elettriche.
L’embargo statunitense a cui è soggetta la nazione dal 1962, impone al paese caraibico di rifornirsi di greggio solamente da alcune nazioni dell’area centro-sudamericana, in particolare Messico e Venezuela; alcuni barili vengono forniti anche dalla Russia.
Questa dipendenza da fonti energetiche straniere ha reso l’economia cubana estremamente vulnerabile alle fluttuazioni dei prezzi del petrolio e alle interruzioni delle forniture. In particolare nell’ultimo periodo, con il costo dei barili che ha superato i 100 dollari per unità, è diventato particolarmente oneroso per questi stati rinunciare ad una cospicua quota in favore di Cuba.
Soprattutto per il Messico, generalmente pagato attraverso l’invio nel paese dei medici cubani, oggi risulta particolarmente gravoso rispettare l’impegno. In particolare in seguito alla multa di 800 milioni di dollari alla società petrolifera messicana Pemex annunciata dagli Usa proprio per aver fornito petrolio a Cuba.
La situazione si è aggravata dall’inizio di marzo con l’inizio dei lavori di manutenzione alla centrale termoelettrica Antonio Güiteras, la più importante del Paese.
“Corriente y Comida” proteste nelle principali città del paese
La crisi energetica a Cuba ha innestato per effetto domino una serie di problematiche in altri apparati fondamentali del Paese caraibico. La mancanza di carburante ha mandato in tilt il sistema dei trasporti rallentando notevolmente l’approvvigionamento dei centri urbani.
La scorsa settimana, il ministro dell’Economia, Alejandro Gil Fernández, e il ministro dell’Energia, Vicente de la O Levy, hanno annunciato con una diretta televisiva una diminuzione della disponibilità di caffè, carne e medicinali; oltre all’aumento delle ore di blackout a causa del razionamento dell’energia e un parziale stop del trasporto pubblico per la carenza di carburante.
Le restrizioni hanno messo a dura prova il sistema di distribuzione pubblico della libreta, che assicura ai cubani i beni di prima necessità a prezzi calmierati.
Al grido di “corriente y comida” (elettricità e cibo), numerosi cubani, soprattutto a Santiago de Cuba (la seconda città più grande del Paese) e Bayamo sono scesi in piazza contro il governo.
Le testimonianze delle manifestazioni stanno circolando sui social accompagnate da alcune voci che accusano il governo di star interrompendo la connessione ad Internet nell’isola per impedire la diffusione delle immagini delle proteste.
Le accuse agli Stati Uniti per la crisi energetica a Cuba
Il governo cubano, mediante il viceministro agli affari esteri, Carlos Fernandez de Cossío, ha comunicato formalmente agli Stati Uniti di non intromettersi nelle vicende attraverso atti diffamatori; una nota formale di protesta è stata consegnata al diplomatico americano Benjamin Ziff.
L’Havana ha accusato formalmente l’organo diplomatico statunitense di appoggiare le proteste e di star sfruttando la crisi energetica a Cuba per fare della propaganda. Sulle principali pagine social dell’ambasciata sono comparsi alcuni post di sostegno ai manifestanti oltre ad un chiaro appello alle istituzioni cubane ad adottare il modello democratico e ad aprire l’economia agli investimenti privati per far fronte all’emergenza ed accontentare le richieste del popolo.
Le accuse americane risultano essere piuttosto ipocrite dal momento che la causa principale della crisi energetica a Cuba attualmente in corso è imputabile proprio all’embargo che questi continuano ad imporre all’isola caraibica.
L’embargo consiste in una serie di restrizioni commerciali, economiche e finanziarie imposte, in maniera unilaterale, dagli Stati Uniti all’isola con l’obiettivo di isolare il regime comunista cubano e promuovere un cambiamento politico sull’isola.
Negli ultimi anni diverse risoluzioni Onu hanno tentato di far abrogare quello che, sotto molti aspetti, può essere considerato un antiquato residuo della Guerra Fredda. L’ultima risoluzione è stata proposta il 2 novembre 2023, hanno votato a favore della rimozione dell’embargo 187 paesi; gli unici voti a sfavore sono stati quelli di Stati Uniti e Israele.
Alessio Ricciuto