Crisi economica in Gran Bretagna: le riforme di Liz Truss per risollevare il paese

crisi economica in Gran Bretagna

Dopo le dimissioni forzate di Boris Johnson, i conservatori hanno nominato Liz Truss come nuova leader del Partito. La nuova premier, eletta qualche giorno prima della scomparsa della regina Elisabetta II, ha dovuto prendere le redini in un momento di piena crisi economica in Gran Bretagna.

Le dimissioni di Boris Johnson

Boris Johnson nel luglio 2022, in un discorso alla nazione a Downing Street, ha annunciato le sue dimissioni da leader del Partito Conservatore e da premier, in seguito alla perdita di consensi in parlamento arrivata nel mezzo di una profonda crisi economica in Gran Bretagna. Sono state le numerose defezioni del governo a spingere il premier alle dimissioni: nel giro di due giorni più di 50 parlamentari hanno lasciato il loro incarico, manifestando contro l’ennesimo scandalo che ha coinvolto il premier. Dopo le polemiche che hanno seguito il caso del Partygate, scoppiato alla fine del 2021, la tempesta mediatica che si è scatenata sul premier dopo lo scandalo Pincher è stata decisiva.

Chris Pincher, nominato vicecapogruppo del Partito Conservatore alla Camera dei comuni e vicinissimo a Johnson, è stato accusato di molestie sessuali. Il Primo Ministro ha negato di essere al corrente degli eventi, ma nel giro di due giorni più di 50 parlamentari conservatori si sono dimessi, ritenendolo indegno del suo ruolo a Downing Street.

Boris Johnson, in seguito alle dimissioni, non ha avuto scelta e ha annunciato di sentirsi costretto a lasciare il “lavoro più bello del mondo”; il premier ha mantenuto il ruolo di caretaker  fino al 2 settembre quando il Partito dei Conservatori ha deciso di eleggere Liz Truss come leader del Partito e di conseguenza come nuovo Primo Ministro.

Un subentro difficile

La nomina di Truss è avvenuta a seguito di una vera e propria crisi politica, scatenata dalla sfiducia dei cittadini e dei membri del Partito conservatore nei confronti del governo Johnson che ha condotto alla distruzione mediatica del Partito; come mostrano i sondaggi raccolti il giorno del giuramento del nuovo Primo ministro solo il 12% dei britannici nutriva fiducia nel nuovo governo.

Oltre al difficile contesto socio-politico, acuito dalla scomparsa della Regina Elisabetta II, la premier ha dovuto anche fronteggiare le conseguenze delle decisioni economiche prese da Johnson negli anni in cui è stato in carica e che hanno determinato una profonda crisi economica in Gran Bretagna.

L’inflazione è ai massimi storici

Era da 40 anni che l’inflazione in Gran Bretagna non toccava picchi così alti: l’Indice dei Prezzi al Consumo è salito del 10,1% nel luglio 2022, e un rialzo annuale a doppia cifra non si presentava dal febbraio del 1982. Nell’agosto, come riportato dall’Office for National Statistics (ONS), si è verificata una lieve flessione del CPI dovuta a un ribasso nelle quotazioni del petrolio. Al contrario i prezzi degli alimenti, soprattutto di latte, uova e formaggio e delle bevande non alcoliche, hanno continuato a crescere (con un un incremento del 13,3%), facendo percepire il peso dell’inflazione soprattutto nell’acquisto dei beni di tutti i giorni. Secondo le previsioni, l’inflazione raggiungerà un picco più alto a ottobre, forse dell’11% e  continuerà a crescere anche nel 2023.

L’influenza del periodo storico

A influenzare notevolmente la situazione economica in cui verte la Gran Bretagna è anche il periodo storico: nell’ultimo biennio, lo sviluppo dell’economia globale ha subito l’influenza della pandemia del Covid-19 e anche dei conflitti fra Ucraina e Russia. Gli effetti di questi avvenimenti hanno colpito tutto l’Occidente, ma in Gran Bretagna le conseguenze sono state particolarmente pesanti a causa dell’isolamento conseguente alla Brexit.

A causa della pandemia di Covid-19 tra il 2019 e il 2020 c’è stato un importante calo, del 9,3%, del PIL e si è verificata anche una contrazione dei flussi commerciali, dovuto alle misure di contenimento della pandemia. La recessione, che ha coinvolto le economie di tutto il globo, ha definito, in Gran Bretagna, l’aumento dell’inflazione. Secondo quanto riportato dall’ITA, Italian Trade Agency, la pandemia ha avuto un impatto decisivo nella recessione della Gran Bretagna a causa dell’aumento della disoccupazione e della crisi del finanziamento pubblico.

La ripresa economica dopo il 2020 è stata ostacolata dall’innesto della crisi geopolitica fra Russia e Ucraina che ha portato all’incremento dei prezzi di beni quali petrolio, grano e gas. Da luglio la Bank of England aveva preannunciato  le conseguenze del conflitto sull’economia inglese ed europea sui tassi di inflazione sui beni essenziali come cibo ed energia.

La Brexit

L’economia inglese è stata ulteriormente danneggiata dalle conseguenze dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Gli effetti della Brexit sono molteplici e riguardano diverse sfere dell’economia inglese: il ripristino delle dogane ha portato all’aumento dei prezzi per i beni provenienti dall’Europa, la carenza di manodopera ha avuto pesanti conseguenze sul mercato del lavoro e anche gli investimenti delle imprese sono crollati vertiginosamente.

Il piano d’azione di Liz Truss

Liz Truss, ereditando la situazione che Boris Johnson e il periodo storico hanno determinato, una volta eletta, ha annunciato che avrebbe fatto di tutto per rilanciare l’economia. Sul piano della Brexit la premier ha dichiarato che sarebbe andata apertamente contro l’Unione Europea, per la situazione con l’Ucraina che avrebbe garantito spese militari per oltre il 3% del PIL.

Tuttavia, già con la prima riforma economica del 23 settembre, annunciata da Kwasi Kwarteng, ministro delle finanze inglese, il governo Truss è finito in una bufera. A fine settembre il Governo aveva presentato un pacchetto di misure economiche che prevedeva un importante taglio del prelievo sui ceti abbienti (un’eliminazione dell’aliquota pari al 45% per coloro che guadagnano più di 150 mila sterline all’anno) e  la disposizione di un piano da sessanta miliardi di sterline volto a limitare il costo dell’energia elettrica.  L’obiettivo della riforma era raggiungere un tasso di crescita economica del 2,5% a medio termine, per incoraggiare gli investimenti e rimuovere gli ostacoli finanziari alle imprese.

La mini-legge è stata definita dai media “Kamikaze” e dal giorno dopo l’annuncio della riforma, la sterlina è calata vertiginosamente a causa del crollo della fiducia degli investitori e la Bank of England è stata costretta a intervenire con un finanziamento. Il 1 ottobre Truss ha ritirato la proposta, tornando sui suoi passi: subito la sterlina è risalita ai livelli precedenti alla riforma. La premier britannica, secondo quanto riportato da ANSA, ha affermato di «non provare nessuna vergogna» per la rapida retromarcia sull’abolizione dell’aliquota fiscale del 45%. Truss ha sicuramente tentato di sminuire un’azione che ha portato uno scontento generale tra i cittadini che già nutrono una profonda insofferenza per i governi dei Conservatori.

Su Twitter la premier sostiene che il focus del governo sarà ora volto a costruire un’economia con alti tassi di crescita per garantire servizi pubblici di massimo livello, e per aumentare i salari creando opportunità in tutto il paese.

Le proiezioni di un governo difficile

Difficile prevedere quali saranno le mosse della premier in merito alla crisi economica della Gran Bretagna che si sta muovendo verso una crescente recessione e i cui cittadini nutrono una pesante sfiducia nel governo.  In un’intervista alla BBC la premier ha affermato di non aver preparato sufficientemente il terreno per le sue riforme e che è pronta a riprendere il controllo del mercato inglese.  Truss e Kwasi Kwarteng avrebbero dovuto presentare un piano fiscale il 23 novembre, ma hanno deciso di correggere la rotta anticipandolo al 31 ottobre.

Ludovica Amico

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