La crisi dell’acqua

Le recenti catastrofi naturali sono connesse alla crisi dell’acqua e ci ricordano il ruolo di questa risorsa nell’ecosistema Terra. L’oro blu, da poco commerciabile, è il nuovo elemento di politica internazionale. Il futuro della specie umana è indissolubilmente legato a quello dell’acqua.

Non c’era mai stata una Conferenza sull’acqua alle Nazioni Unite (formalmente “Revisione globale di medio termine riguardo l’attuazione degli obiettivi del Decennio internazionale d’azione 2018-2028”) come quella che si è tenuta a New York a marzo 2023. Questo appuntamento internazionale ha dimostrato che la crisi dell’acqua è ora al centro dell’attenzione politica globale.

La salvaguardia di questo bene comune non può che rientrare nelle priorità delle agende politiche dei vari paesi, vista la necessità biologica che ci lega all’acqua. Siamo portati a pensare che essa sia una risorsa infinita e che le riserve di acqua dolce necessarie alla vita si rinnovino periodicamente. In realtà, anche l’acqua è una risorsa finita e tocca solo a noi occuparcene.

la crisi dell'acqua
L’idea del “ciclo dell’acqua” ci porta a pensare che essa sia una risorsa in continua rigenerazione.

Agenda dell’Azione idrica

La Conferenza sull’acqua delle Nazioni Unite ha portato alla stesura dell’Agenda dell’Azione idrica, un documento che impegna gli stati a impegnarsi nel raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), soprattutto il numero 6 (“Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie”). I recenti sviluppi dell’intervento umano sulla situazione climatica hanno però dimostrato che i SDGs sono impossibili da raggiungere entro l’anno prestabilito a livello internazionale, ovvero il 2030.

Più di 700 sono stati gli impegni sottoscritti alla Conferenza (soprattutto da imprese private e dal settore civile, in qualità di attori non governativi) sotto forma di contributi finanziari e progetti di collaborazione. È stata poi sviluppata un’iniziativa di ripristino di laghi, fiumi e zone umide in via di degrado chiamata “Sfida Freshwater“, proposta da Colombia, RDC, Gabon, Ecuador, Messico, Zambia.

Importante ricordare, in questo senso, che le risorse di acqua dolce costituiscono a malapena il 2,5% del volume totale di acqua presente sulla Terra. Il 70% di questo 2,5% rappresenta ghiaccio e formazioni nevose, il 30% l’acqua dolce contenuta nelle falde acquifere e solo lo 0,3% contempla fiumi e laghi.

Sicurezza e disponibilità idrica

La “sicurezza idrica” di un paese o di un territorio è definita come l’accesso costante a un approvvigionamento di acqua pulita e sicura in un contesto climatico variabile ed esacerbato dal cambiamento climatico. Essa include i problemi legati alle infrastrutture idriche, le competizioni territoriali per una medesima fonte, la prevenzioni di eventi estremi come inondazioni o alluvioni.

La nozione scientifica di disponibilità idrica, invece, rappresenta l’insieme di fattori che influiscono sull’utilizzo dell’acqua da parte di un dato territorio e determina, eventualmente, problemi di approvvigionamento. Quantità, qualità (acqua inquinata o alterata dalle temperature) e accesso (legato soprattutto alle infrastrutture) rappresentano i tre pilastri della disponibilità.




Per quanto riguarda le infrastrutture idriche, l’Italia rappresenta un caso tipico: secondo le statistiche Istat per gli anni 2020-2022, l’Italia è il primo paese in Europa per prelievo di acqua dolce da fonti sotterranee (85% del totale) o superficiali. Tuttavia, quasi la metà della quantità d’acqua fornita alla cittadinanza viene persa durante la distribuzione, a causa dell’inefficienza delle strutture di trasporto (nel 2020, le perdite idriche totali in distribuzione erano il 42,2% del totale, quantità che potrebbe soddisfare il fabbisogno idrico di 43 milioni di persone per un intero anno).

Le differenze territoriali lungo la Penisola sono considerevoli anche in termini di problematiche idriche. Le regioni settentrionali hanno un’erogazione giornaliera di acqua pro capite maggiore rispetto alle regioni meridionali; queste ultime però soffrono maggiormente lo spreco in distribuzione (nel 2020, Sicilia – la regione con la copertura idrica minima in Italia – e Sardegna hanno registrato le cifre più alte in termini di perdite d’acqua). Queste perdite idriche sono tristemente in aumento. Inoltre, l’accesso alla rete idrica pubblica non è garantito a tutta la popolazione: quasi 6,7 milioni di persone non sono allacciate alla rete dell’acqua e 40 comuni soffrono un servizio completamente assente.

Finanziarizzazione e privatizzazione

Per la prima volta a fine 2020, accanto a oro e petrolio in Borsa sono comparsi i futures contracts sull’acqua (i futures sono “impegni di acquisto” che l’investitore sottoscrive per acquistare la merce, a un prezzo stabilito, in un dato momento del futuro). Ad operare questa novità è stato il CME Group, una compagnia finanziaria americana che opera nel Nasdaq. Il funzionamento di questo strumento è semplice: quando questa risorsa scarseggia per qualsiasi motivo, il suo prezzo sale e l’investitore guadagna; quando essa invece non è sottoposta a particolare stress, i valori in Borsa diminuiscono. L’acqua è diventata anche una componente imprescindibile in molti fondi d’investimento.

L’idea dietro alla “finanziarizzazione” dell’acqua punta su prospettive poco rosee: attuale e futura scarsità della risorsa, fallimento della governance ad essa legata e peggioramento della crisi idrica, determinata soprattutto da aumento della popolazione mondiale e criticità del cambiamento climatico.

Questi recenti atteggiamenti di speculazione vanno però nella direzione opposta rispetto a una visione dell’acqua come bene pubblico, accessibile ed equo e dei problemi ad essa legati come fenomeni da mitigare tramite un’azione collettivamente coordinata.

Luca Oggionni

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