La Russia avrà presto una nuova moneta. Si tratta del “criptorublo”, un conio crittografato, voluto dal governo Putin, al fine di regolamentare il mercato monetario digitale. Ad annunciarne l’imminente uscita, il ministro delle comunicazioni e dei mass media, Nikolay Nikiforov, in seguito a una riunione tenutasi a porte chiuse.
Il criptorublo, una volta entrata in circolo, sarà l’unica unità digitale consentita in Russia. Il ministro Nikiforov ha voluto, infatti, precisare che qualsiasi altro tipo di valuta elettronica (tra cui la più famosa Bitcoin) sarà vietata in tutto lo Stato. Un progetto ambizioso, quello di voler regolamentare tale fenomeno finanziario.
Ma quali benefici potrebbe trarre Mosca dal rilascio di un conio digitale? Per rispondere a questa domanda è anzitutto necessario capire come funzionano le criptovalute. Prendiamo l’esempio del Bitcoin. Differentemente rispetto alla maggior parte delle valute tradizionali, il Bitcoin non fa riferimento a un ente centrale (o più semplicemente a una banca): esso utilizza un database diviso tra i vari nodi della rete. Questi nodi tengono traccia delle singole transazioni avvenute. E qui entra in gioco la crittografia. Questa tecnica, come nelle transazioni bancarie, consente di gestire gli aspetti funzionali, come la produzione di nuova moneta e la destinazione dei bitcoin. Dunque la rete Bitcoin permette il trasferimento anonimo di ricchezza senza l’intermediazione di un ente centrale o autorità governativa.
Il caso del bitcoin è stato tanto eclatante da divenire, in poco meno di un decennio (2009, data di prima circolazione), un vero e proprio fenomeno in continua crescita. Si pensi che attualmente i bitcoin possono essere scambiati con quasi una novantina di valute. Ma il Bitcoin, sebbene sia la più famosa, non è l’unica rete esistente: si contano più di 1.100 criptovalute sparse in tutto il mondo, o sarebbe meglio dire nel web.
Il criptorublo russo sarà in grado di competere con le divise digitali già presenti sul mercato? Nikiforov si è mostrato fiducioso sottolineando la volontà da parte del governo russo di anticipare, attraverso questa mossa, i “vicini” della Comunità Economica Euroasiatica. Pare che Cina e India si siano già mobilitate al fine di realizzare proprie monete virtuali. Il ministro delle comunicazioni ha poi aggiunto che tutte le transazioni finanziarie effettuate col criptorublo saranno soggette a tassazione. In caso di conversione in rublo, all’apprezzamento del valore sarà corrisposta la flat-tax (pari al 13%).
Curiosità: sembra che Putin abbia deciso di sfruttare le potenzialità dei nuovi sistemi valutari anche in seguito all’incontro con Vitalik Buterin, creatore di Ethereum, altro membro dell’economia digitale (St. Petersburg Economic Forum). L’intento principale del governo russo è quello di intercettare il crescente interesse per le nuove reti finanziarie peer-to-peer. Quella lanciata da Putin è una moneta che, come quelle reali usate nelle scommesse, può atterrare su due lati opposti: rivelarsi un fallimento oppure un grande successo, senza contare l’infinitesima possibilità che essa cada di taglio, opzione alla quale si potrebbe correlare l’incertezza del funzionamento del sistema nel lungo periodo. Non resta che attendere l’ufficialità della manovra per analizzare gli effetti prodotti in Russia dal nuovo conio digitale.
Giuseppe Bua