Crimini d’odio a Kakuma, il rapporto di Amnesty International

Amnesty International e la Commissione Nazionale per i diritti umani di gay e lesbiche hanno evidenziato i tanti crimini d’odio a Kakuma, campo per rifugiati in Kenya.

I crimini d’odio a Kakuma sono stati registrati in base a una serie d’interviste fatte tra il 2018 e il febbraio del 2023 a 41 rifugiati LGBTQIA+. Sul sito di Amnesty International si possono leggere diverse testimonianze che mettono i brividi.

Violenze psicologiche e fisiche vengono perpetuate costantemente sui rifugiati impunemente, lì sembra tutto normale. Ad attuare queste violenze, tra cui stupri e torture, sono poliziotti e funzionari politici. Il direttore generale di Amnesty International Kenya si è espresso in merito.

Il piano Marshall, proposto dal governatore del Kenya per la protezione dei rifugiati, deve tener conto delle specifiche esperienze vissute dai richiedenti asilo LGBTQIA+.

Aiutare le persone sul territorio non vuol dire solo mandare soldi, controlli e sicurezza per le persone devono essere garantiti, su ogni piano.

Kakuma, l’orrore dei poveri

Il Kenya è uno dei Paesi africani dove essere omossessuale è un reato. Viene punito con il carcere, anche fino all’ergastolo. Non c’è quindi da stupirsi se i crimini d’odio a Kakuma rimangono impuniti. Retaggio del colonialismo, l’omofobia non accenna a sradicarsi da questo Paese e i rifugiati ne pagano il prezzo. Persone che scappano da guerre o dalla povertà o da altri Stati in cui l’omosessualità è punita con la pena di morte, si ritrovano a stare in baracche fatiscenti senza nessun tipo di comfort o di igiene. Ora sono negati anche i più principali dei diritti umani, come la libertà.

A Genova, a gennaio di quest’anno, è stato portato a teatro l’orrore di Kakuma con lo spettacolo Fishing in the Desert. In questo caso si può parlare solo di tragedia, uno spettacolo che mirava a sensibilizzare le persone sugli orrori che avvengono ogni giorno in quel campo.

Il piano Marshall deve andare oltre

Sono molti i campi per i rifugiati che fortunatamente funzionano, ma non Kakuma. Torture e violenza psicologica sono all’ordine del giorno. I funzionari che dovrebbero occuparsi di aiutare gli sfollati e i richiedenti asilo sfruttano la loro posizione per dare sfogo alle loro fantasie più sadiche, in onore delle loro belle tradizioni. Perché in molti Paesi, tra cui il Kenya, essere gay non rientra nelle regole tradizionali, l’omosessualità è una malattia e una devianza importata dall’occidente. Nessuno aiuta i rifugiati e ciò che si vede è semplicemente orrore.




L’invio di denaro, come prevede il piano Marshall, non è sufficiente per aiutare i profughi. Per questo non riusciamo ad “aiutarli a casa loro”. La loro casa non è una vera casa. Le leggi violano i più semplici dei diritti umani ed è per questo che molti si imbarcano per raggiungere le nostre coste. Se il denaro che ricevono serve solo a costruire campi come Kakuma, tanto vale non inviarlo e sfruttare i fondi per aiutare le persone a emigrare. Non basta creare campi di accoglienza, perché non sono controllati.

Gli aiuti umanitari dovrebbero comprendere anche controlli sul territorio, aiuti reali, con mano, che pongano fine non solo alla povertà, ma all’arretratezza di certi Stati. I regimi totalitari in Africa non aiutano di certo a cambiare la situazione. Inviare denaro e sperare che venga usato per la popolazione non è un buon piano e di certo non aiuta in concreto nessuno. Per questo moltissimi volontari si occupano costantemente dell’istruzione dei bambini, perché solo così in futuro si potranno avere cittadini consapevoli di cosa vuol dire libertà e vita.

I crimini d’odio a Kakuma esistono da sempre

I crimini d’odio a Kakuma sono sempre esistiti. Sono anni che se ne parla eppure ancora non è cambiato niente. Nulla è stato fatto eppure la situazione la si conosce bene. Il nuovo rapporto di Amnesty non dovrebbe stupire nessuno, crea solamente orrore e disperazione per una situazione che sembra non cambierà mai. Ogni anno ci sono nuovi rapporti sui crimini contro i diritti umani, ogni anno si denuncia. Finché la situazione africana non cambierà, finché esisteranno leggi che puniscono con la reclusione l’omosessualità, non è immaginabile che questi crimini d’odio smettano di esistere.

La situazione del Kenya e di Kakuma è dunque contraddittoria. Il Paese si occupa di accogliere e “proteggere” richiedenti asilo che scappano da altri Stati per le persecuzioni ricevute come omosessuali, ma allo stesso tempo il Kenya criminalizza l’omosessualità. Non è chiaro come tutto ciò possa funzionare. Infatti non funziona. Le vittime di crimini d’odio a Kakuma hanno più volte denunciato i vari stupri o le torture, ma la polizia non ha mai fatto nulla per trovare e arrestare i responsabili. Questo è un chiaro segno di quanto l’omofobia sia radicata nella popolazione. Le discriminazioni delle persone LGBTQIA+ non finiranno mai di esistere in uno Stato dove regna l’omofobia, intesa per i kenioti come un valore e non un problema. Il rapporto di Amnesty fa aprire gli occhi, ma fa anche venire dei grandi dubbi sul futuro degli africani che in cambio della vita chiedono solo la libertà di essere.

Helena Rori

 

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