I crimini di guerra ucraini non verranno puniti per 7 anni

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Volodymyr Zelenskyy visited Bucha, where he talked to local residents and journalists. April 4, 2022

Il parlamento ucraino ha approvato la ratifica del trattato della Corte penale internazionale, con una riserva: l’Ucraina per sette anni sarà esente dalla giurisdizione della Corte sui crimini di guerra.

Il 21 agosto 2024, il Parlamento dell’Ucraina ha approvato la legge di ratifica dello Statuto di Roma, il trattato istitutivo della Corte penale internazionale (CPI). Questo trattato rappresenta uno strumento giuridico di primaria importanza perché persegue i crimini internazionali più gravi, tra cui genocidi, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. L’approvazione della ratifica da parte del parlamento ucraino segna una svolta nel rapporto del Paese con la giustizia internazionale, ma introduce anche una riserva che potrebbe suscitare dibattiti e controversie sul piano interno e internazionale.

Uno degli aspetti più rilevanti della legge di ratifica riguarda la dichiarazione adottata ai sensi dell’articolo 124 dello Statuto di Roma. Questa clausola consente agli Stati membri di escludere temporaneamente la giurisdizione della Corte penale internazionale sui crimini di guerra commessi da propri cittadini ed è stata sfruttata dall’Ucraina per ritardare di sette anni l’applicazione della giurisdizione della Corte su tali crimini. Questa riserva è di particolare importanza, soprattutto alla luce della complessa situazione interna ed esterna che il Paese sta affrontando, e ha sollevato diverse questioni sulla reale portata dell’impegno ucraino nei confronti della giustizia internazionale.

L’Ucraina mira chiaramente a proteggere i propri militari da future indagini e processi da parte della Corte penale internazionale per crimini commessi. E questo solleva interrogativi significativi sul piano etico e giuridico. C’è il rischio che tale riserva possa essere percepita da parte dei soldati ucraini come un’azione volta a garantire l’impunità, e che quindi possa incoraggiare ulteriori angherie, crudeltà e violazioni dei più basilari diritti umani, minando la credibilità dell’Ucraina agli occhi della comunità internazionale.

La clausola approvata dal parlamento ucraino contrasta con i principi cardine della giustizia internazionale e potrebbe generare incertezza nei procedimenti della Corte penale internazionale, sia presenti che futuri, rischiando di entrare in conflitto con le precedenti dichiarazioni dell’Ucraina che avevano conferito alla Corte giurisdizione sui crimini perpetrati nel suo territorio a partire dal 20 febbraio 2014.



Ci si potrebbe legittimamente chiedere se l’eccezione riguardante i cittadini ucraini permetterà ancora alla Corte di esercitare la propria giurisdizione sui presunti crimini di guerra commessi da cittadini russi o di altre nazionalità in Ucraina.

L’adesione al sistema della Corte penale internazionale dovrebbe impegnare l’Ucraina a conformarsi a standard elevati di giustizia e responsabilità. Sarebbe un segnale importante soprattutto in un contesto di conflitto in cui il rispetto dei diritti umani è costantemente messo a dura prova. Ma tutto ciò viene meno se si è immuni dalle conseguenze per il mancato rispetto dei diritti previsti dai trattati.

Buoni e cattivi

È da osservare che questa “immunità” dai crimini di guerra stona con l’obiettivo di Zelensky di velocizzare il processo di adesione dell’Ucraina all’Unione europea e alla Nato; le quali, almeno formalmente, proprio sul rispetto dei diritti umani hanno costruito uno dei tratti identitari della democrazia occidentale e un elemento di differenziazione dai “regimi autoritari”, salvo poi ignorare democrazie e diritti dei Paesi contro i quali c’era da combattere per esportarvi la propria democrazia e i propri diritti.

Forse in questo l’Ucraina non è tanto diversa dai paesi occidentali. Ne condivide l’immagine di Paese buono, che tale resta anche in guerra, purché giustificata da buoni propositi e purché combattuta contro un Paese cattivo. E ne condivide anche la facoltà di tradire quei buoni propositi, purché lo si faccia in nome degli stessi, cioè per fare la guerra al Paese cattivo. Del resto, è proprio in nome di Dio che si sono compiuti i più diabolici assassini.

Vincenzo Ciervo

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