Creare nanoggetti rimpicciolendo oggetti più grandi non è fantascienza

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Se vi state immaginando un raggio che colpisce un oggetto e lo rimpicciolisce un migliaio di volte, ci avete quasi preso, è pressappoco quanto è stato realizzato al MIT, tanto che spiritosamente nell’articolo che riporta la notizia si legge “non è proprio la tuta di Ant-Man, ma il sistema produce strutture 3-D, grandi un millesimo degli originali”.  Se vi state preoccupando che qualcuno possa ridurre il vostro letto o la vostra auto alla dimensione di un pacchetto di fiammiferi colpendole con un raggio rimpicciolente invece potete stare tranquilli, naturalmente non si tratta di nulla del genere.
La ricerca pubblicata su Science documenta un nuovo modo per creare nanoggetti costruendone una versione più grande che poi viene rimpicciolita, ma ovviamente il segreto che lo rende possibile è come viene realizzato l’oggetto a dimensioni “naturali”,
Il team è composto da due giovani ricercatori che sono gli autori principali Daniel Oran e Samuel Rodriques e dai due autori anziani Edward Boyden e Adam Marblestone, il primo è professore di Neuroscienze e il secondo è ricercatore presso il Media Lab che fa parte del centro per la ricerca sul cervello del MIT.
A questo punto sarete confusi, ma non si parlava di ingegneria? Il “mistero” è presto svelato, il suddetto laboratorio alcuni anni fa inventò un metodo che permetteva di studiare il tessuto cerebrale a livello cellulare con un’attrezzatura normale, il tessuto viene immerso in un gel composto della stessa sostanza che rende soffici i pannolini (poliacrilato) e poi viene espanso, la nuova tecnica inventata nel 2015 è chiamata microscopia a espansione.



Ora nello stesso laboratorio del MIT i due giovani ricercatori hanno pensato di rovesciare il processo, creare un oggetto in quello stesso gel e poi rimpicciolirlo. E il raggio? In realtà c’è anche un raggio laser coinvolto, ma non serve a rimpicciolire la struttura, quel compito lo svolge un acido, la luce serve invece per fissare in punti precisi della struttura una sostanza chiamata fluoresceina, questa di solito viene usata come indicatore, ma in questo caso può servire per attaccare delle molecole nel punto desiderato (ad esempio frammenti di DNA) . Il nuovo procedimento è stato battezzato “Implosion fabrication” cioè costruzione da implosione.
Finora la creazione di nanoggetti 3-D  era limitata a oggetti fatti di materiali specifici (polimeri e plastiche) oppure veniva realizzata costruendoli strato dopo strato da strutture 2-D, il metodo sperimentato al MIT invece apre la strada alla creazione di strutture complesse, composte da elementi diversi, direttamente in 3-D.

Fonte immagine: news.mit.edu

Roberto Todini

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