Di Federico Feliziani
Ci stavamo quasi abituando a una società “covizzata”. Avevamo fatto l’abitudine anche alle bordate ignoranti fra rigoristi e “aperturisti”. La paura sembrava scomparsa: d’altronde siamo esseri umani e per continuare a vivere in una condizione anomala ci dobbiamo assuefare.
Poi però è arrivata lei, la terza ondata. Tutta un’altra storia, un’altra guerra: diversa da quella precedente che ci potrebbe trovare impreparati. Il motivo? Si è drasticamente abbassata la mira del Covid. Colpisce sempre più spesso i più piccoli. Proprio quella fascia di popolazione non autosufficiente, che il giro della vita ci porta ad accudire. Il problema, il dramma, è che con il Covid nessuno può accudire nessuno.
E questo equivale a un disarmo. Nel momento in cui la malattia punta i bambini e i ragazzi più piccoli bisogna cambiare schema perché, quello applicato fimo ad adesso non può più funzionare. È necessario chiudersi in una stanza e non uscire fin quando non si arrivi a una nuova strategia. La politica deve ammutolirsi perché è iniziato un nuovo capitolo molto più pervasivo dei due precedenti.
Bando alla propaganda da chi vuole strizzare l’occhio a categorie in sofferenza. Bando alle schermaglie su riaperture legate all’interesse elettorale. Arriva un momento nel quale un politico si deve dimenticare del consenso lavorando per risolvere la situazione.
Basta con i finti lockdown e le sfumature di colore facilmente aggirabili da un daltonismo provvidenziale. Le due fasi precedenti sono passate con la tranquillità che i più piccoli non avrebbero rischiato. Così la politica ha dovuto gestire solo gli adulti con i quali i metodi forti si possono usare. L’attacco ai più piccoli rimette in discussione tutto. Isolare un bambino mette tristezza solo a pensarlo. Metterlo in regime di quarantena è logisticamente impossibile. E sapere che non è più immune come si pensava è ancora più terribile.
Il tentativo squinternato di salvare capra, cavolo, lupo e traghettatore è fallito molto tempo fa. Adesso sarebbe dannoso riprovarci. Dare un colpo al cerchio e uno alla botte oggi è divenuto pericoloso.
Chi detiene il volante deve guidare senza pregiudizi. La retorica del non lasciare debito alle future generazioni si scontra con la vita. Non c’è più spazio per chiacchiere politiche su quanto sia onorevole tagliare il debito. Il problema è salvare la vita al futuro e, se fare debito può servire a salvarla, allora debito sia. Come del resto fanno tutti gli Stati del mondo.
Non è pessimismo. Colorare un Paese in questa situazione è solo un modo per trascinarsi la scelta più dura. Abbiamo due armi certe: vaccini e lockdown. Siccome con la prima siamo ancora alla ricerca delle munizioni, il ventaglio di possibilità fra cui scegliere sembra piuttosto stretto. Allora si scelga una volta per tutte.
A integrazione del commento precedente: l’espressione “coglione rigorista” va intesa come un unicum, non conosco l’autore e non ho elementi per dire al signor Federico Feliziani “tu sei un coglione” magari è uno che aiuta ad attraversare le vecchiette, salva i gattini sugli alberi e fa volontariato nelle mense dei poveri. Ma per me tutti i rigoristi in buona fede sono degli sciocchi che pensando di fare il bene di tutti fanno il male di tutti anche di quelli che se la fanno sotto per la paura del COVID
PS abbiamo due armi certe vaccino e lockdown dice l’autore, da persona che si interessa di scienza vorrei precisare che la letteratura scientifica che si sta procedendo in questi mesi non è univoca sull’efficacia dei lockdown, se richiesto posso ricercare gli articoli. Per onestà devo però riconoscere che raramente la scienza è univoca e che se andiamo a contare gli studi non dubito che prevalgano quelli a favore dei lockdown, ma certezza a casa mia è altra cosa. La velocità della luce nel vuoto è un dato certo