Il 3 Novembre il Nevada non si è solamente espresso per l’elezione di Joe Biden come prossimo presidente degli Stati Uniti, ma ha anche votato a favore di una modifica della propria Costituzione finalizzata al riconoscimento dei matrimoni omosessuali.
Il 62% degli elettori ha votato sì al “Marriage regardless of gender amendment”, che in italiano viene tradotto con “emendamento sul matrimonio a prescindere dal genere”. Solo il 38% dei votanti si è dichiarato contrario alla modifica costituzionale.
Il referendum va a cancellare una norma costituzionale, votata anch’essa attraverso un quesito referendario nel 2002, che definiva il matrimonio come “unione tra un uomo e una donna” escludendo esplicitamente dalla definizione giuridica le unioni tra persone dello stesso sesso. La nuova regola lascia comunque la possibilità ai membri del clero di non celebrare matrimoni omosessuali.
Lo Stato dove ha sede la città di Las Vegas diventa così il primo tra quelli americani a riconoscere nella propria Costituzione la parità tra i diversi tipi di unioni matrimoniali.
Chris Davin, Presidente di “Equality Nevada”, intervistato da NBC News, si è detto particolarmente soddisfatto che la decisione sia stata presa dalle persone e non “da giudici o legislatori”. Il fatto che la scelta di allargare il riconoscimento costituzionale a tutte le tipologie di coppie sposate sia stata determinata da un momento di democrazia diretta è considerato un valore aggiunto dall’attivista.
Le unioni tra persone dello stesso sesso erano state di fatto istituite in Nevada nel 2014, a seguito di una sentenza del nono circuito della corte d’appello americana che aveva sentenziato che i divieti di matrimoni tra persone dello stesso sesso in Nevada e Idaho violavano il 14esimo emendamento.
Nel 2015, poi, sotto l’amministrazione Obama, la Corte Suprema si era pronunciata a favore dell’abolizione dei divieti delle unioni tra persone dello stesso sesso in tutta America.
Sapendo tutto questo potrebbe sembrare che la decisione referendaria ratificata pochi giorni fa dal Segretario di Stato del Nevada abbia un valore puramente simbolico. Così non è.
Dalla morte di Ruth Bader Ginsburg, giudice progressista della Corte Suprema americana, e dal momento in cui la sua posizione è stata ricoperta dall’ultraconservatrice Amy Coney Barrett nominata da Trump a fine mandato, molti esperti legali e attivisti temono un regresso nel campo dei diritti della comunità LGBT.
Ruth Ginsburg aveva infatti giocato un ruolo fondamentale nel raggiungimento di tante conquiste per i diritti degli omosessuali. La Corte Suprema americana aveva spinto il paese a compiere importanti passi avanti nel campo dei diritti civili negli ultimi anni. Contestualmente a questi sviluppi, però, il conflitto tra progressisti e conservatori, anche all’interno dell’organo giudiziario, si è fatto sempre più teso.
L’oggetto del confronto interno tra le due fazioni è, per usare un’espressione attribuita dal Washington Post a Paul Smith, professore di legge alla George Town University che ha argomentato il celebre caso “Lawrence V. Texas” nel 2003, “la continua ridefinizione della collocazione della linea di confine tra libertà religiosa e protezione dalle discriminazioni”.
Sapendo che Ruth Bader Ginsburg aveva spesso lavorato per tenere quella linea sempre un po’ spostata a favore della parità di trattamento, tenendo a bada le eccezioni di origine religiosa, lo scenario che gli attivisti LGBT e tutti coloro che hanno a cuore il rispetto dei diritti civili temevano maggiormente era proprio quello che si è avverato: la nomina di Amy Coney Barrett.
La scelta di Donald Trump, infatti, è ricaduta su una personalità molto conosciuta in America per i suoi rapporti con l’organizzazione cristiana conservatrice “Alliance defending freedom” e per le numerose lettere pubbliche da lei firmate a favore del “matrimonio e della famiglia fondate sull’impegno indissolubile tra uomo e donna”.
Tutti questi elementi fanno temere i trans e gli omosessuali per i propri diritti.
Di qui l’importanza della novità introdotta nella Carta Costituzionale del Nevada che, alla luce di quanto appena detto, dovrebbe risultare più facile leggere come un riconoscimento con un fondamentale valore concreto e un impatto reale nella vita delle persone.
Chris Davin, già citato in precedenza, interrogato da NBC news, ha dichiarato che i cittadini del Nevada, approvando questa modifica costituzionale, hanno fatto qualcosa di concreto che contribuisce a proteggere la validità dei matrimoni tra persone dello stesso sesso anche “nel caso in cui a livello federale tale diritto venisse revocato”. A questo ha aggiunto anche che molte persone sono effettivamente preoccupate da questa eventualità da quando la Corte Suprema ha una nuova formazione.
Il voto espresso nel referendum del 3 Novembre, quindi, ha una valenza tutt’altro che formale e dice molto circa l’importanza concreta del riconoscimento in ambito giuridico, dell’incidenza che questo ha nell’esistenza delle persone.
Chi appartiene a categorie di persone per cui tale riconoscimento è scontato, spesso ignora o dimentica la sua importanza, ma l’augurio è che dal Nevada possano imparare gli altri Stati americani e, in generale, del mondo che spesso trascurano certi temi rilegandoli in secondo piano nel dibattito pubblico. Sono in tanti, anche nel nostro paese, a fare l’errore di considerare certi argomenti sempre secondi, mai prioritari, senza accorgersi o senza curarsi del fatto che in questo modo si crea una gerarchia tra cittadini, tra chi è sicuro dei propri diritti e coloro cui non è dato esserlo.
Silvia Andreozzi