Perdonate il titolo scherzoso, che l’universo sia in espansione è fatto confermato da tempo (con grande scorno di Einstein che non amava l’idea ma da bravo scienziato dovette arrendersi all’evidenza) da qualche anno però gli scienziati che studiano il cosmo hanno un problema: il modello dell’universo e del Big bang che hanno costruito (giova ricordare che gli scienziati riescono ad osservare le prime fasi di vita dell’universo puntando i loro strumenti molto lontano perché essendo la velocità della luce grande ma non infinita guardare lontano significa in effetti guardare il passato) prevede una velocità di espansione dell’universo (conosciuta come costante di Hubble) che è più bassa di quella reale risultante dalle misurazioni. Vista la difficoltà di ottenere una misura precisa c’era anche la possibilità che la misurazione fosse sbagliata, uno sforzo congiunto della NASA col suo telescopio spaziale Hubble e un team della John Hopkins University (una della più prestigiose università americane per quel che riguarda la ricerca) coadiuvato da osservazioni condotte dal progetto Araucaria (collaborazione tra istituzioni cilene, statunitensi ed europee) ha ridotto il margine di incertezza sull’effettivo valore della costante di Hubble all’1,9%, nel 2001 il valore di incertezza era addirittura il 10% e nel 2009 era al 5%. La ricerca è stata pubblicata su The Astrophysical Journal ma la notizia se non siete cervelloni ferrati in astrofisica la trovate sul sito della John Hopkins.
Il risultato della nuova e più precisa misurazione è che l’universo si espande il 9% più velocemente di quanto i nostri modelli prevedono e che la possibilità che questa discrepanza sia solo un abbaglio è solo 1 su 100000, il che suggerisce che ci sarà bisogno di nuove teorie fisiche per capire meglio il cosmo.
Finora la notizia che non è molto complicata, non sorprenderà che una spiegazione anche superficiale di come si sia giunti alla misurazione più accurata è faccenda molto più complessa. Partiamo da un nome: Cefeidi, cosa sono le Cefeidi? Le Cefeidi sono una classe di stelle variabili (cioè che pulsano espandendosi e contraendosi variando quindi la propria luminosità) in maniera molto regolare, hanno un’importanza enorme in astronomia in particolare le Cefeidi osservate nella Grande nube di Magellano (una galassia nana satellite della Via Lattea) sono uno dei metodi più accurati per misurare le distanza intergalattiche della nostra zona di universo. Il team guidato dal professor Adam Riess ha inventato una nuova tecnica chiamata DASH (Drift And Shift) che permette ad Hubble di catturare la luce di più Cefeidi insieme, il metodo precedente invece limitava il telescopio spaziale ad osservare una sola stella ad ogni giro attorno alla Terra (90 minuti) , questo ha permesso di osservare 12 Cefeidi nel tempo prima richiesto per una, il che a sua volta ha consolidato la scala usata per misurare le distanze nell’universo e quindi la velocità di espansione.
Ma non è finita: il progetto Araucaria ha fornito stime più precise delle distanze nella Nube di Magellano osservando la diminuzione di luminosità di una stella quando la sua compagna in un sistema binario le passava davanti, questi dati sono stati usati dal team di Riess per raffinare la loro stima della reale luminosità delle Cefeidi.
Roberto Todini
Basta sbarazzarsi dell’espansione.
E’ oggettivamente difficile accettare un Universo in espansione che contemporaneamente mostra proprietà attrattive/collassanti a livello globale, in forma di gravità. E recenti misurazioni su supernove lontane Ia, utilizzate come candele standard, hanno dimostrato che l’Universo sta effettivamente accelerando, fatto questo che è contro la teoria della nostra presunta attuale espansione post Big Bang, in quanto, dopo che l’effetto di una esplosione è cessato, le schegge proiettate si propagano, sì, in espansione, ma devono farlo ovviamente rallentando, non accelerando.
Insomma, se la materia mostra attrazione reciproca in forma di gravità, allora siamo in un Universo armonico oscillante in fase di contrazione, che si sta contraendo tutto verso un punto comune che è il centro di massa di tutto l’Universo. Forse, al momento, ogni osservatore può essere il centro.
Infatti, l’accelerare verso il centro di massa ed il mostrare proprietà attrattive gravitazionali sono due facce della stessa medaglia. Inoltre, tutta la materia intorno a noi mostra di voler collassare: se ho una penna in mano e la lascio, essa cade, dimostrandomi che vuole collassare; poi, la Luna vuole collassare nella Terra, la Terra vuole collassare nel Sole, il Sole nel centro della Via Lattea, la Via Lattea nel centro del suo ammasso e così via, e, dunque, anche tutto l’Universo collassa. No?
Ma allora come si spiegherebbe che vediamo la materia lontana, intorno a noi, allontanarsi e non avvicinarsi? Beh, facile: se tre paracadutisti si lanciano in successione da una certa quota, tutti e tre stanno cadendo verso il centro della Terra, dove poi idealmente si incontreranno, ma il secondo paracadutista, cioè quello che sta in mezzo, se guarda in avanti, vede il primo che si allontana da lui, in quanto ha una velocità maggiore, poiché si è buttato prima, mentre se guarda indietro verso il terzo, vede anche questi allontanarsi, in quanto il secondo, che sta facendo tali rilevamenti, si è lanciato prima del terzo, e dunque ha una velocità maggiore e si allontana dunque pure da lui. Allora, pur convergendo tutti, in accelerazione, verso un punto comune, si vedono tutti allontanarsi reciprocamente. Hubble era un po’ come il secondo paracadutista che fa qui i rilevamenti. Solo che non si accorse dell’esistenza della accelerazione di contrazione come background.
A tale scenario, ogni tanto, oppongono l’obiezione secondo cui per due paracadutisti perfettamente paralleli, ossia uno di fianco all’altro, l’allontanamento non ci sarebbe. Beh, questa è una situazione limite che è la classica eccezione che conferma la regola. Nella Legge di Hubble per l’Universo in espansione, invece, le eccezioni manco si contano e la Legge di Hubble è violata quotidianamente!