Il Muslim Ban
Che cos’è il Muslim Ban?
Un ordine esecutivo firmato dal neo presidente Donald Trump per chiudere i confini degli Stati Uniti, bloccando il programma di accoglienza profughi e ritirando i permessi per i migranti provenienti da 7 paesi, accusati di “maggioranza islamica”, quali Siria, Libia, Iraq, Iran, Somalia, Yemen, Sudan.
Perché se ne sta parlando così tanto?
Per riprendere le parole di Edel Rodriguez, illustratore nonché esule cubano, “Trump ha decapitato la democrazia, il che di recente è stato associato con le decapitazioni dell’Isis. Entrambi sono estremisti”, in riferimento alla vignetta fatta per il settimanale tedesco Der Spiegel.
Ma in che termini Trump ha con il suo Muslim Ban decapitato la democrazia?
Vediamola nella prospettiva concreta: i cittadini provenienti da 7 paesi differenti, che essi siano piloti, hostess, imprenditori, semplici turisti, studenti in scambio, ristoratori, comuni lavoratori (il caso Google ne è la dimostrazione) attualmente lì dislocati, vengono cacciati, gli viene rifiutato in qualsivoglia modo l’accesso per presunzione di colpevolezza – di non si sa ancor bene quale reato.
Una forma di razzismo subdola, ove la religione, ancora, diventa un marchio di colpevolezza. Gli ebrei che hanno ammazzato cristo e gli islamici terroristi.
Di integralismo se ne è parlato molto. Il caso Georges Bensoussan – storico francese accusato di incitamento all’odio razziale dal Tribunale di Parigi per una citazione sospetta durante una trasmissione telefonica – ci mostra come le critiche ai fedeli non pecchino di razzismo, è pura e semplice onestà intellettuale mutualmente condivisa.
Sia fatto chiaro, sin quando essa non superi i limiti della decenza e del pudore, dell’offesa e della calunnia. Alla Chiesa Cattolica ne vengono fatte di plurime, eppure non è oggetto di scandalo. Altro è l’emarginazione, la diffusione di un clima di terrore denso di stereotipi.
La portata del Muslim Ban
Il Muslim Ban è un atto di razzismo, senza delle dichiarate leggi di Norimberga al suo seguito, che propugna buona fede e beneficio del dubbio nella sua manifestazione.
Da qui la Legge, attraverso i suoi sodali, in rivolta contro l’atto e la dichiarazione che “anche il Presidente è soggetto alla legge”.
“La legge ha la capacità di sottomettere tutti ad essa, e questo include anche il presidente degli Stati Uniti”.
I Paesi colpiti non sono da meno, applicando le doverose sanzioni istituzionali a fronte della cosa.
Ma non è tutto. Dopo due anni di un’Isis al centro dell’attenzione mediatica internazionale, il Muslim Ban ha risvegliato una vecchia fiamma, che ancora accende il dolore dell’attentato dell’11 settembre 2001.
Al Quaida risponde al Muslim Act e al nuovo impegno preso dal Presidente per sradicare l’Isis con un comunicato in cui dichiara ”incosciente” Trump e di ”fiamma della jihad” nuovamente accesa dopo il raid in Yemen che ha ucciso dei civili.
”Ci mostra chiaramente che la minaccia non è diretta solo ai militanti islamici, ma a tutti i musulmani”.
Già in passato si era parlato di come questa presa di ingerenza, di basso pragmatismo negli interventi abbia sempre animato l’integralismo che oggi ci troviamo sempre qui a criticare.
Né un atto che limita la circolazione, senza rispetto alla democrazia, in diretta violazione del XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America, senza alcuna considerazione del favore all’equilibrio internazionale, potrà migliorare la situazione.
Sembra, quasi, di trovarsi di fronte a una partita di risiko, in cui ogni giocata è frutto o della mente di un povero deficiente o di un folle.
Ilaria Piromalli