Cosa resta del renzismo e dell’era Renzi

La nascita del Governo Renzi era stata accolta con molta fiducia e forti aspettative, sia per la personalità carismatica del nuovo Presidente del Consiglio, che per la forza derivante dall’aver vinto le primarie aperte del Partito Democratico. In particolare, ci si aspettava il rilancio dell’economia e dell’occupazione, il contenimento di forze populiste come Movimento 5 Stelle e Lega, l’avvio di riforme strutturali e istituzionali fondamentali per rimettere in moto il Paese.

Dopo tre anni di governo, il bilancio non è stato particolarmente positivo. Ne è conseguita una sonora sconfitta al referendum del 4 dicembre 2016, che è il riflesso di una crisi stagnante che da molti anni affligge il Paese e colpisce ancora molti ambiti della vita quotidiana degli italiani: disoccupazione giovanile, disagio sociale, crisi aziendali che hanno coinvolto interi territori come la Sardegna. Il tutto è sicuramente molto difficile da affrontare per qualsivoglia governo, ma una cosa appare altrettanto certa: quel “premier ragazzino” che aveva fatto sognare, sperare, rianimare anche quella fetta della popolazione disillusa e insofferente verso un’Italia ripiegata su se stessa e che si era presentato come riformista e “rottamatore”, ha deluso una parte consistente dell’elettorato italiano. Il suo modo di fare tracotante, trionfalista e poco empatico ha affossato la simpatia e la vicinanza da parte dell’elettorato italiano che aveva saputo, in un primo momento, conquistare.

Il referendum costituzionale di dicembre ha un valore storico, essendo stato richiesto da cinque Consigli Regionali per la per la prima volta nella storia della Repubblica. L’importanza del referendum è che è stato, dal punto di vista politico, il primo banco di prova della minoranza del PD contro l’allora premier Renzi ed il suo governo, in primo luogo le ministre Maria Elena Boschi e Marianna Madia che, pur essendo le grandi sconfitte di questo referendum, sono state riconfermate e hanno ottenuto una “promozione” nell’attuale governo Gentiloni. Viene da pensare che il ruolo della prima sia quello di vigilare l’operato dell’attuale premier allo scopo di tenere informato Renzi su quanto accade a Palazzo Chigi.

Quanto a quest’ultimo, dovrebbe ormai aver capito che la gente desidera riforme, ma vorrebbe allo stesso tempo capirne finalità e modalità. Desidera essere coinvolta, ma soprattutto vedere una classe dirigente preoccupata dei problemi e delle difficoltà dei cittadini comuni, anziché di leggi elettorali e superflue riforme della Costituzione. In particolar modo, ci sarebbe bisogno, una volta per tutte, di una classe dirigente competente e all’altezza del proprio ruolo. Uno degli errori del Governo Renzi è stato proprio quello di aver aperto la strada ad una classe dirigente amorfa di “yes men”, priva di consistenza e di spessore politico.

Per quanto riguarda l’economia, è apparsa contraddittoria e discutibile la linea seguita in Europa. La presidenza italiana dell’Unione Europea poteva essere l’occasione per porre formalmente in discussione la politica economica imposta dal cancelliere tedesco Angela Merkel,  in quanto errata sul piano teorico e dannosa e su quello pratico, salvo che per la Germania stessa. Gli argomenti e le occasioni non mancavano di certo. A questo si è arrivati molto più tardi, dopo un periodo che è sembrato di remissività quasi totale innanzi alle posizioni del ministro delle finanze tedesco Schauble.

Sono state inoltre sprecate ingenti quantità di denaro pubblico con l’obiettivo apparente di rilanciare il consumo delle famiglie – che invece è rimasto stagnante (per es. la Banca d’Italia ha valutato che l’erogazione degli 80 euro si è tradotta in consumi solo per il 40%) – e di aumentare i profitti delle imprese nella speranza che esse avrebbero aumentato gli investimenti, cosa che in carenza di domanda interna e in presenza di una pressione fiscale così elevata non poteva accadere.

Oggi il Paese è oggi più diviso, il centro-sinistra ha perso consenso a livello nazionale, le riforme attuate sono state scarse e poco significative, l’economia è tendenzialmente ferma, il tasso di disoccupazione ancora troppo elevato.  L’opinione pubblica è confusa, disorientata, stanca e sempre più influenzabile da posizioni populiste e demagogiche come quelle propinate dalla Lega dei Salvini e dai 5 Stelle di Grillo. L’Italia ha bisogno di essere radicalmente cambiata e di riprendere terreno sul piano internazionale, non certo di essere guidata da un “condottiero”, con o senza stivali. 

 

Giulia Cortese

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