Cosa ha capito solo Macron (e a parti capovolte Le Pen)

C’è una sola cosa, ma non è poco, che differenzia il candidato Macron (ma anche, a parti capovolte, Marine Le Pen) rispetto ai candidati delle forze politiche più o meno tradizionali (Fillon, Hamon, Melenchon) da quelli di nicchia, la consapevolezza che il Presidente francese eletto direttamente non è onnipotente e che le possibilità di un rilancio del Paese si giocano dentro un’Unione europea rafforzata in termini di unità politica.

Problemi di lungo termine e urgenze

Questa consapevolezza nel 2012 Macron l’ha espressa da intellettuale nella prestigiosa rivista “Esprit” a ridosso delle Presidenziali precedenti (numero di marzo/aprile) spiegando quanto pesi il doppio scarto di tempo e di spazio tra problemi e decisioni. I problemi sono di “lungo termine”, ma la politica deve comunque rispondere a “urgenze” per non creare rigetto nelle opinioni. Sono anche spesso di dimensione globale e per questo sfuggenti ai “responsabili politici nazionali”. Insomma chi affronta oggi un “orizzonte politico elettorale” come quello delle Presidenziali francesi (persino quello, perché non è uno Stato piccolo e impotente) deve essere consapevole che la dimensione “spazio temporale” gli sfugge.

Di fronte a questa “aporia” fondamentale dell’ “azione politica contemporanea” come rilanciare un’ azione propria e durevole del politico” se non ripartendo dalla “ridefinizione chiara delle responsabilità politiche?”

Linea di frattura

Qui corre esattamente la linea di frattura che, con molta probabilità, al netto di un elettorato sempre meno prevedibile e sempre più mutevole, vedremo al secondo turno. Mentre Fillon, Hamon e Melenchon fanno campagna astoriche con singole proposte come se si trattasse delle Presidenziali del 1981 (a sinistra: ultimo revival di keynesismo nazionale, durato poi solo due anni) o del 2007 (sarkozysmo duro e puro), Le Pen propone di ritrovare una coerenza all’indietro, rinazionalizzando le politiche, consapevole che dentro la zona Euro questa gara di proposte divaricanti ha poco senso se le economie restano integrate. All’opposto Macron propone di ritrovare coerenza distinguendo bene il nuovo livello di integrazione europea democratizzata (bilancio europeo significativo di cui risponda un Ministro dell’Economia davanti a un Parlamento dell’Eurozona, fondo comune per la difesa, ecc.) da ciò che deve restare invece nella disponibilità dei singoli Stati.  Senza questo doppio e ben distinto livello di sovranità è illusorio proporre singole misure dentro retoriche tradizionali che sollecitano solo le vecchie identità.

Insomma, al di là di singole questioni (alcune scelte di Fillon discutibili in termini di etica pubblica con risposte pasticciate e contraddittorie, il bombardamento costante di Hamon contro i Governi socialisti di questa legislatura mentre ora di quel partito sarebbe il candidato e chiederebbe coesione) non è poi così casuale che i due candidati in testa siano quelli con ricette opposte ma, a differenza degli altri, sulla linea di frattura che è la più decisiva.

Stefano Ceccanti

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