La corte penale internazionale ha sede all’Aja nel Palazzo della Pace.È il primo tribunale penale internazionale permanente al mondo. Indaga e, se necessario, processa individui accusati dei crimini di genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimine di aggressione.
Due giorni fa è stata data la notizia che Ursula Von der Leyen è stata denunciata presso la Corte Penale Internazionale per complicità in crimini di guerra e genocidio in Palestina da GIPRI. Gipri è l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Ginevra che si è unito al Collectif de Juristes pour le Respect des Engagements Internationaux de la France (CJRF) e a una coalizione di cittadini internazionali per dimostrare le responsabilità del presidente della commissione europea.
La Corte Penale Internazionale ha solo 22 anni di vita, ma ha già proceduto a chiudere 10 casi e molti altri sono in fase istruttoria.
Il 20 maggio Karim Khan, il Procuratore capo della Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant e i tre leader di Hamas. La Corte ha una competenza complementare a quella dei singoli Stati, dunque può intervenire se e solo se gli Stati non possono, o non vogliono, agire per punire crimini internazionali.
L’enorme valore di un Tribunale del genere è intuibile, infatti la sua nascita non è stata per niente scontata, ma il frutto di un lavoro diplomatico di anni e anni, in cui l’Italia si è distinta nel momento decisivo.
La nascita della Corte penale internazionale e l’azione diplomatica italiana
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale vennero istituiti per la prima volta dei tribunali militari internazionali. Il primo fu chiamato a giudicare i capi nazisti nel Processo di Norimberga, mentre il secondo era quello del Processo di Tokyo istituito il 3 maggio 1946 per giudicare le più importanti personalità dell’Impero Giapponese, accusate di aver commesso, prima e durante la seconda guerra mondiale, crimini contro l’umanità. La campagna per l’istituzione della Corte Penale Internazionale fu poi rilanciata negli anni novanta da una coalizione di 300 organizzazione non governative. A seguito delle guerre nella Ex Jugoslavia e in Ruanda l’azione delle ONG dava voce all’indignazione dell’opinione pubblica internazionale nei confronti delle violenze in atto e dell’incapacità dei governi di farle cessare.
A partire dal 1998 si svolse a Roma, presso la sede della FAO, una conferenza diplomatica il cui costo fu sostenuto dal governo italiano. Fu un’occasione storica che vide unirsi società civile, governi ed esperti per creare il primo passo verso un diritto internazionale e condiviso. Il trattato internazionale che attesta quello sforzo condiviso è lo Statuto di Roma. La speranza degli Italiani era che la conferenza di Roma non diventasse una tappa intermedia, ma la chiusura dei lavori. La decisione venne presa da Lamberto Dini, il Ministro degli Esteri di allora che disse che sarebbe stata una bella pagina della storia italiana
A 50 anni dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani porteremo avanti qualcosa che va nel senso di ciò che tutti proviamo e vogliamo.
La mobilitazione in Italia era già iniziata grazie al movimento legato al Partito Radicale Non c’è pace senza giustizia.
Presidente della conferenza era Giovanni Conso, giurista italiano. È Umberto Vattani, all’epoca Segretario generale del ministero degli esteri che racconta il successo della firma dello Statuto di Roma.
Come ricorda Umberto Vattani, gli Stati Uniti sembravano boicottare la conclusione dei lavori. Ci fu il tentativo di far cambiare la posizione degli americani, era un fatto di coscienza. Si chiedeva loro
Possibile che non siate d’accordo che si puniscano crimini aldilà delle posizioni politiche? Come potete rifiutarvi? Voi siete il paese della democrazia. Inoltre la Corte Penale Internazionale interverrà solo se il paese già non persegue…
Purtroppo sembrava che la posizione degli Stati Uniti non cambiasse, inoltre cercavano di influenzare negativamente anche le altre delegazioni. Dopo cinque settimane si era arrivati a una situazione di stallo, chiamata da Vattani, una situazione al cloroformio: quando ci si abbatte e si diventa passivi. Serpeggiava l’idea che il lavoro non si sarebbe concluso a Roma, ma in Olanda. L’idea di rimandare la conclusione dei lavori era inaccettabile, si mirava al mondo intero.
Una fiaccolata che colpisca al cuore
Così Sergio Stanzani ed Emma Bonino pensarono: dobbiamo elevare il livello della tensione, fare qualcosa che colpisca al cuore coloro che sono più negativi, più disfattisti. Fu immaginata e organizzata una straordinaria fiaccolata che attraversava tutta la via sacra dei Fori Imperiali e arrivava al Circo Massimo. Lì era stata creata una tribuna dove la delegazione italiana consegnò la petizione per la conclusione positiva della conferenza ad Hans Corell che durante la convenzione rappresentava il segretario generale dell’ONU Kofi Annan. Alla fiaccolata partecipò anche il Presidente del Consiglio di allora, Romano Prodi.
L’ultimo aereo per Kofi Annan
La delegazione italiana si impegnò a dialogare con tutti i paesi, chi parlava con gli arabi, chi con gli africani, cercando di convincere gli indecisi. Erano convinti di non poter permettersi di perdere un’occasione storica, ma gli americani proposero problemi di procedura che non avevano previsto. Si arrivò agli ultimi due giorni, si doveva votare: il 17 luglio si sarebbe conclusa la convenzione e tutte le delegazioni sarebbero tornate ai rispettivi paesi.
Chi avrebbe dovuto ratificare lo statuto era proprio Kofi Annan che si trovava a Buenos Aires, ma mentre Umberto Vattani cercava di convincere il segretario dell’Onu che ci sarebbe stata la firma, il suo segretario Hans Corell lo dissuadeva a venire, finchè Vattani prese coraggio e parlò così ad Annan
Lei si prende una grande responsabilità perché noi domani firmeremo e lei non sarà presente a una firma che ha un’importanza storica per le Nazioni Unite e per il mondo!
Così Kofi Annan richiamò più tardi dicendo che l’unico volo che aveva trovato l’avrebbe portato a Francoforte, quindi non avrebbe fatto in tempo ad arrivare per la firma il mattino successivo. Fu a quel punto che intervenne Lamberto Dini e mise a disposizione un volo di stato che da Francoforte avrebbe portato Kofi Annan a Roma in tempo.
E così andarono a prendere Kofi Annan in una notte indimenticabile. Si votò finalmente lo Statuto. Era l’1 di notte ormai e molti dimenticarono che il voto andava confermato all’assemblea, quindi tornarono a dormire nei propri alberghi. Così inventando imprevisti come la tosse di Conso che lo impossibilitava a parlare, la delegazione italiana mandò in fretta e furia tutti i giovani diplomatici disponibili negli alberghi affinché svegliassero le delegazioni e li riportassero in Assemblea a votare. Lo Statuto di Roma fu pronto solo alle 4 mattino dopo le ultime febbricitanti trattative: il 17 luglio 1998 risultarono i voti favorevoli di 120 stati, contro sette voti contrari e ventuno astensioni. Lo Statuto è entrato in vigore dal 1 luglio 2002, dopo la sessantesima ratifica. I paesi che aderiscono allo Statuto di Roma sono 123. Altri 32 paesi hanno firmato ma non ratificato il trattato. Fra questi, Israele, Russia, Stati Uniti e Sudan hanno dichiarato di non avere intenzione di ratificarlo.
Persecuzioni alla Corte Penale Internazionale
Per comprendere il valore della Corte Penale Internazionale si ricorda che nel 2020 Donal Trump ha emanato un ordine esecutivo per colpire e sanzionare i singoli funzionari della Corte Penale Internazionale che si era resa colpevole di aver autorizzato l’indagine della Procura sui possibili crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Afghanistan dal 2003. Considerato illegittimo e incompleto da molti esperti di diritto, a posteriori è risultata più una mossa intimidatoria che una reale e concreta azione legale. Di recente un’inchiesta del Guardian ha svelato che l’ex capo del Mossad ha spiato e minacciato i membri della Corte Penale Internazionale per impedire indagini su Israele.
La necessità di un diritto internazionale condiviso
Questo ci fa comprendere come la Corte Penale Internazionale sia un organo necessario e salutare per una democrazia solida e globale che vada oltre gli interessi del singolo, anche se questo singolo è malauguratamente un capo di stato.
Come disse Daisaku Ikeda, filosofo e leader buddista, nella sua annuale Proposta di pace del 2002 inviata all’Onu la Corte Penale Internazionale
Rappresenta un mezzo per sostituire all’uso della forza quello della legge, contribuendo a interrompere le reazioni a catena di odio e le rappresaglie che hanno arrecato così tante sofferenze all’umanità. Ha il potenziale di trasformare qualitativamente il modo in cui gli esseri umani fino a oggi hanno risolto i propri problemi collettivi.