La decisione della corte d’Appello dell’Aquila sull’estradizione di Anan Yaeesh
La recente decisione della Corte d’appello dell’Aquila riguardo al caso di Anan Yaeesh, il trentasettenne palestinese detenuto a Terni e oggetto di una richiesta di estradizione da parte di Israele, ha sollevato importanti questioni riguardanti il rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone detenute. Questa sentenza sulla potenziale estradizione di Anan Yaeesh ha visto però nelle ultime ore un respingimento da parte dell’organo giudiziario italiano. Il No della Corte del capoluogo abruzzese rappresenta un passo significativo nel garantire la tutela dei diritti fondamentali di individui coinvolti in procedimenti penali internazionali.
I giudici si sono espressi chiaramente sulla questione dell’estradizione di Anan Yaeesh, quasi come a svelare la punta di un grande iceberg che nasconde sotto tanta repressione e complicità nel genocidio palestinese. Il caso dell’estradizione di Anan Yaeesh si è allargato però anche su altre questioni, andando ad abbracciare le condizioni delle carceri e il poco funzionante sistema giudiziario in Italia. I giudici hanno poi menzionato anche le condizioni dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Torture, poca igiene, cibo scaduto, sovraffollamento, violenze fisiche e psicologiche sui corpi di giovani e anziani martiri che non possono fare altro che resistere.
Le ragioni della decisione della Corte dell’Aquila sull’estradizione di Anan Yaeesh
Secondo quanto dichiarato dalla Corte d’appello dell’Aquila, non vi sono le condizioni per procedere con l’estradizione di Anan Yaeesh in Israele. La motivazione principale di questa decisione risiede nel rischio concreto che Yaeesh, una volta trasferito in Israele, sia soggetto a trattamenti disumani o degradanti, o addirittura a torture. Tale rischio è stato evidenziato dalle relazioni fornite dalla difesa, provenienti da organizzazioni internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch, che hanno documentato le terribili condizioni di detenzione per i cittadini palestinesi nelle carceri israeliane.
Inoltre, la Corte ha preso in considerazione il fatto che Yaeesh è coinvolto in un procedimento penale simile in Italia per gli stessi fatti oggetto della richiesta di estradizione. Questa sovrapposizione di procedimenti giudiziari ha portato la Corte a concludere che non esistono le condizioni per una sentenza favorevole all’estradizione.
Il No della Corte sull’estradizione di Anan Yaeesh è arrivato ieri, mentre tanti solidali aspettavano speranzosi la risposta dell’organo giudiziario: intanto, fuori dal Palazzo di Giustizia, sventolava una bandiera della Palestina e uno striscione che gridava libertà per le terre occupate e per Anan.
Il contesto del caso
Anan Yaeesh è stato coinvolto in un’inchiesta per presunto terrorismo internazionale – secondo l’articolo 146 bis del codice penale italiano sui reati per terrorismo – condotta dalla Dda dell’Aquila. Gli investigatori sostengono che Yaeesh e altri due suoi connazionali, Ali Saji Rabhi Irar e Mansour Doghmosh, abbiano collaborato con le Brigate Tulkarem per organizzare attentati suicidi in Israele e in Cisgiordania. Durante l’udienza, il detenuto palestinese era collegato tramite una videoconferenza, in quanto attualmente detenuto nel carcere di Terni.
Nonostante il ministero della Giustizia avesse dato parere favorevole all’estradizione di Anan Yaeesh, la Corte ha deciso diversamente, considerando il rischio per Yaeesh e ribadendo il principio fondamentale della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Inoltre, durante il processo è stato invocato l’articolo 3 della CEDU riguardo all’inderogabilità del divieto di estradare o deportare un detenuto in un paese – in questo caso Israele – in cui può subire torture e rischiare la vita.
Le implicazioni della decisione sull’estradizione di Anan Yaeesh
Questa decisione sull’estradizione di Anan Yaeesh solleva importanti questioni sulla cooperazione internazionale in materia di giustizia e diritti umani. Mentre Yaeesh rimarrà in custodia a Terni in attesa del completamento del procedimento giudiziario in Italia, la Corte d’appello dell’Aquila ha inviato un chiaro messaggio sul rispetto dei diritti umani e sulla necessità di garantire la dignità delle persone detenute, indipendentemente dalla natura dei reati di cui sono accusate.
Dopo la decisione della Corte sull’estradizione di Anan Yaeesh, il prossimo appuntamento sarà verso fine mese, quando lo stesso organo deciderà la pena e le condizioni di detenzione. Intanto, Yaeesh sarà interrogato e rimarrà nel carcere di Terni.
Contro le torture e l’apartheid israeliana
La decisione della Corte d’appello dell’Aquila sull’estradizione di Anan Yaeesh rappresenta un importante precedente nel campo della giustizia internazionale e dei diritti umani. Questa sentenza sottolinea l’importanza di valutare attentamente le condizioni di detenzione e il rischio di trattamenti disumani o degradanti prima di procedere con l’estradizione di individui coinvolti in procedimenti penali internazionali.
La lotta e la resistenza non sono però ancora terminate: le indagini sono ancora aperte ma sopratutto la Corte non ha ancora deciso riguardo al futuro del giovane palestinese. Quello che si può capire e forse dedurre da questo scenario, è che le possibilità di negare l’estradizione per Anan Yaeesh sono abbastanza, grazie ad una serie di articoli del codice penale italiano e della Convenzione Europea sull’estradizione – che l’Italia ha ratificato – che afferma chiaramente che si può negare la richiesta di estradizione.
Lucrezia Agliani