La Corte ha deciso : con la sentenza di oggi elimina il confronto fra i due partiti più votati e limita le candidatura multiple: la legge elettorale però adesso è pronta per essere applicata
La Corte costituzionale ha comunicato il verdetto in merito ai numerosi ricorsi proposti in merito al cosiddetto Italicum, cioè la legge elettorale varata sotto la spinta del governo Renzi.
La suprema Corte ha dichiarato che alcune parti della legge erano contrari alla Costituzione.
La Corte: via il ballottaggio
In particolare : è stato bocciato il ballottaggio.
Cioè la possibilità, per i due partiti che avessero ottenuto più voti, di tornare a sfidarsi di fronte al giudizio degli elettori, per aggiudicarsi la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento.
Il ballottaggio o “secondo turno”, però, non è stato bocciato in linea di principio: ma solo perché non era stato collegato, nella legge, a una soglia minima di accesso.
In sostanza, la Corte ha voluto evitare il rischio che un partito, accreditato nel primo turno magari del 10 % dei voti, ottenesse poi un artificioso 54% dei seggi in occasione del secondo turno.
Però il premio di maggioranza pari al 54 % dei seggi rimane valido qualora un partito, come prevedeva già la legge, ottenga almeno il 40 % di voti : la soglia di accesso minima di accesso, appunto.
Rimangono le candidature bloccate e multiple
Fra l’altro, poi, la Corte doveva pronunciarsi sulla legittimità delle pluricandidature bloccate: cioè sul potere delle Liste elettorali (i partiti, in buona sostanza) di candidare al primo posto nei vari collegi un nominativo, garantendone l’elezione a prescindere dalle preferenze ricevute.
In sostanza, se nel collegio di Roma il partito X candiderà al primo posto tal Mario Rossi, e se quel partito riceverà abbastanza voti da ottenere un seggio, quel seggio andrà a Rossi. Anche nel caso che una degli altri candidati della stessa lista dovesse ricevere più preferenze personali che Rossi. E anche nel caso che Rossi risultasse candidato e poi eletto in altri collegi.
Rossi in quel caso avrebbe potuto scegliere in quale collegio risultare eletto, e dove e quindi a favori di chi rinunciare.
Quest’ultimo punto è stato bocciato: sarà un sorteggio a decidere.
La nuova legge elettorale
Insomma, la Corte riconsegna una legge proporzionale, con ipotesi di premio di maggioranza e soglia di sbarramento del 3 %, limite per i partiti più piccoli.
Il sistema è organizzato sulla base di collegi non grandi, in cui ogni lista presenterà per lo più 6 candidati, di cui il primo “bloccato”.
Questa legge comunque vale solo per la Camera.
Ma risulta chiaro che non è disarmonica rispetto a quella valida per il Senato, che era stata disegnata dalla stessa Corte in una precedente sentenza tre anni fa.
La legge per il Senato si basa su principi analoghi, ma con sbarramento all’8 % e soprattutto con la rilevante differenza che il Senato deve essere eletto su base regionale (quindi i collegi saranno circa una ventina).
Rimane un rischio quindi di formazione di due diverse maggioranze nelle due camere.
D’altro canto la Corte non avrebbe potuto scrivere da capo una legge: non è una sua prerogativa.
Ciò che ha fatto, in maniera reputiamo corretta, è stato quanto le si poteva chiedere : cioè eliminare quanto di scorretto vi fosse nel testo dell’Italicum, ma lasciando in piedi una struttura di legge che potesse essere immediatamente utilizzabile.
Infatti, è una necessità e un principio basilare in una democrazia che si possa in ogni momento andare a votare, avendo a disposizione una legge elettorale valida.
Legge elettorale e crisi della democrazia
Magari evitando, per sempre si spera, obbrobri come l’attuale condizione di “non piena legittimità” del Parlamento.
Condizione dichiarata proprio dalla Corte, in quanto il Parlamento era stato eletto con il Porcellum, la precedente legge elettorale dichiarata sua volta in buona parte incostituzionale.
Il vero errore commesso dalla classe politica italiana, probabilmente, è stato proprio quello di non andare a votare subito dopo quella sentenza, tre anni fa.
E di avviare invece un percorso costituente, nientedimeno, pur se il Parlamento stesso non ne aveva piena legittimità politico-giuridica.
Ora, e forse non per caso, quel percorso costituente è finito nel nulla – a seguito del referendum dello scorso dicembre.
La difficile situazione politica : rappresentanza e governabilità
In questo momento è possibile andare a votare in qualsiasi momento, 45 giorni dopo lo scioglimento delle Camere.
E infatti, le pressioni di diversi soggetti politici – da Renzi, a Grillo, a Salvini e Meloni e non solo – monteranno.
Proprio quando invece sembrava che il governo di Gentiloni stesse consolidandosi.
La logica democratica crediamo spinga a tornare di fronte agli elettori, per cominciare un nuovo percorso politico finalmente limpido e legittimo.
Il carattere proporzionale della legge oggi uscita dalla sentenza della Corte, fra l’altro, sembra quello più rispondente alla domanda espressa in occasione del referendum: una domanda di rappresentanza.
Cioè che la classe politico-parlamentare corrisponda il più possibile alla volontà espressa dall’elettorato.
Dopo un decennio di scostamento fra elettori ed eletti, i frutti avvelenati della limitazione della democrazia li raccogliamo tutti, anche nella nostra esperienza quotidiana .
Però la democrazia si basa anche sulla governabilità, e al momento non si capisce bene che razza di maggioranza politica potrebbe esprimere il prossima Parlamento – se i sondaggi attuali venissero confermati.
E’ quasi sicuro che nessuno otterrà il 40% dei voti e quindi la maggioranza dei seggi– e pertanto le alleanze in vista della formazione di un Governo verranno siglate dopo le elezioni, cioè senza tener troppo in conto le intenzioni degli elettori.
Quanto di più lontano dalla stessa domanda di rappresentanza e di sovranità manifestata dal popolo col referendum.
La crisi globale
Inoltre, la congiuntura internazionale a dir poco caotica e convulsa potrebbe consigliare una certa prudenza- affinché il popolo possa recarsi alle urne, solo dopo aver conosciuto i reali orientamenti dei francesi e dei tedeschi, che si recheranno a votare fra aprile e settembre prossimi (in Italia la scadenza prevista è fra circa un anno).
Per non dire, della necessità di capire fino in fondo di che pasta sia fatto Trump.
Sono in ballo cosucce da niente come il destino dell’Euro, della Ue, della Nato, e non soltanto.
Chi vivrà vedrà : ma intanto la Corte ha giudicato, togliendo di mezzo un elemento di incertezza che limitava il dibattito politico – il che per alcuni poteva essere un alibi, per altri un impedimento.
Forse la Corte poteva eliminare del tutto le candidature multiple e bloccate, disegnando una legge ancor più limpida : ma l’importante è che abbia assolto al proprio compito, con la sentenza sull’Italicum.
ALESSIO ESPOSITO