La Casa Bianca ha chiesto all’ufficio per la gestione e il bilancio di rivedere i finanziamenti destinati ai corsi federali di sensibilizzazione razziale.
Russel Vought, direttore del “White house office of Management and Budget”, ha affermato di aver ricevuto da Trump la richiesta di revisionare tutti i corsi di formazione federali che trattino le tematiche relative alle disuguaglianze sociali derivanti dal colore della pelle.
Il presidente mi ha chiesto di assicurarmi che le agenzie federali cessino di utilizzare i dollari dei contribuenti per finanziare sessioni di formazione divisive e piene di propaganda anti-americana.
Con queste parole contenute in una nota diffusa nella giornata di Venerdì, Vought intende riferirsi ai corsi di sensibilizzazione razziale indirizzati ai lavoratori delle agenzie del ramo esecutivo del governo americano nell’ambito dei quali vengono affrontati temi legati ai concetti del “privilegio bianco” e della “Critical race theory”.
Il problema di questi programmi, secondo Trump, è che sarebbero pensati per diffondere la retorica falsa e divisiva che dipinge l’America come un “paese razzista e cattivo”.
I lavoratori del governo, dice sempre la nota, sarebbero spinti a credere che “tutti i bianchi contribuiscono al razzismo”. A queste persone, poi, sarebbe richiesto di ammettere di aver beneficiato delle iniquità intrinseche della società americana.
I corsi di sensibilizzazione razziale sono una delle tante iniziative pensate al fine di procedere al superamento delle iniquità di trattamento che contraddistinguono i rapporti di tipo sociale ed economico nell’ambito della società statunitense.
Alcune di queste disparità, infatti, sono generate da scelte e comportamenti delle istituzioni federali. Tra i tanti esempi che si potrebbero citare, basti considerare che, come riportato dal Washington Post, i contratti federali vengono assegnati, nella maggioranza dei casi, alle attività guidate da cittadini bianchi.
La richiesta del presidente, pur nella sua gravità, non sorprende più di tanto.
L’attacco ai corsi di sensibilizzazione razziale, infatti, è da leggere come contestuale alla tattica adottata da Trump al fine di ottenere la rielezione. Di fronte ai moti di indignazione provocati dai tanti casi di violenza ai danni di cittadini afroamericani che si sono succeduti in questa difficile estate americana, Donald Trump ha deciso di negare il problema del razzismo negli USA e bollare i manifestanti che chiedono giustizia come violenti e anarchici.
Poco importa il fatto che, come mostra un report pubblicato dal giornale americano Washington Post, nel 93% dei casi le proteste di questa estate si siano svolte in modo pacifico. Prima, durante e dopo la Convention repubblicana Trump ha deciso di raccontare una storia diversa.
Anche in occasione della sua recente visita a Kenosha, nel Wisconsin, l’attuale Presidente non ha ceduto all’evidenza della realtà sociale statunitense.
Avendo l’intento di presentarsi come il “difensore della legge e dell’ordine”, Trump non ha voluto incontrare i familiari di Jacob Blake, il cittadino afroamericano rimasto paralizzato a causa delle ferite infertogli da un poliziotto, preferendo visitare le attività commerciali che avevano subito danni durante gli scontri notturni in città.
Ignorando le vittime e le morti Donald Trump porta avanti la sua versione della storia.
Il razzismo sistemico non esiste, chi dice il contrario è anti americano. Chi manifesta è un sovversivo e un criminale.
Non solo Biden, suo avversario politico alle presidenziali di Novembre, ma anche molti opinionisti e giornalisti temono che l’atteggiamento tenuto dal Presidente in questo periodo abbia portato ad un inasprimento della tensione e possa condurre l’America a sperimentare ulteriori violenze.
Trump, però, non la pensa così. Lui e la sua amministrazione, si legge infatti nella nota relativa ai corsi di sensibilizzazione razziale, “sono impegnati nel tentativo di adottare un giusto e uguale trattamento nei confronti di tutti i cittadini degli Stati Uniti”.
Silvia Andreozzi