Di Francesca de Carolis
“Sono un delinquente politicizzato. Così mi hanno sempre chiamato i giornalisti, i giudici, i direttori di carcere. Non me ne è mai fregato niente, ma è giusto che avverta il lettore…”.
Esordisce così, nel suo “Correvo pensando ad Anna”, Pasquale Abatangelo. Il lettore è avvisato. La storia che gli verrà incontro, addentrandosi nelle pagine del libro, non fa sconti a nessuno. Neanche al suo autore, protagonista di “una storia degli anni Settanta, che non è stata solo una storia individuale”. Da leggere, se vogliamo capire qualcosa in più delle dinamiche che nel bene e nel male hanno animato quegli anni tanto sofferti della storia del nostro paese, a entrare nel senso delle scelte di tante persone che ne sono state protagoniste, vivendo nei conflitti sociali generati dal Sessantotto, mettendo in gioco fino in fondo la propria vita. Pensando di poter cambiare il mondo.
Inizia, la vicenda personale di Abatangelo, in una famiglia di sfollati, affollata di figli e povera, e fa i primi passi lungo un percorso uguale a quello di tanti altri che poi dietro le mura di una prigione ho incontrato. Entrato in carcere molto presto, “ero stato assegnato a quella fogna fin da ragazzino. Venivo dal collegio e dal carcere minorile”.
Il carcere. Che, come sempre, è scuola di violenza, che è Violenza, dove la contenzione è prassi (e chi ha letto “Il carcere in Italia”, la ricerca sociologica sulla violenza penale di Ricci e Salierno, che all’alba degli anni Settanta per prima svelò i meccanismi più segreti dell’ingranaggio più oscuro dello Stato che è il sistema penitenziario, sa di cosa si parla). Un violento, Abatangelo, ma che ha molto chiaro di essere fra quei violenti “che odiavano la criminalità organizzata”.
E il carcere non è solo rabbia. La ribellione individuale diventa corale, con l’incontro con gli studenti del Sessantotto finiti in prigione, e la nascita della stagione delle lotte in carcere. Incrocia, la sua vicenda, la nascita dei Nap, i Nuclei Armati Proletari di cui ha fatto parte, e le vite di tanti altri che volevano cambiare la storia impugnando le armi. Incontrerete tanti nomi e sigle che hanno riempito le cronache anche di sangue di quegli anni. Abatangelo era fra l’altro nella lista dei tredici detenuti politici di cui le Brigate Rosse chiesero la liberazione, in cambio del rilascio del presidente della Dc Aldo Moro. Ha scontato venti anni di detenzione, sei anni di semilibertà, quattro di libertà vigilata. Non si è mai pentito o dissociato.
Tutto racconta, Pasquale Abatangelo, delinquente sì, ma politicizzato, che molto ha studiato e riflettuto. Tutto racconta senza paura delle contraddizioni, molto interrogando e interrogandosi. Molto parlando di quel luogo “ribollente” che era il carcere in quegli anni, considerando “il nostro agire e passare nella storia, presi in un vento più grande di noi, che inseguiamo mentre spinge ai crocevia dove la vita obbliga a capire davvero chi siamo”.
Così spiega l’editore (PGRECO):
“Ho pubblicato questo libro di Pasquale Abatangelo perché i giovani possano conoscere la storia recente di una generazione che ha sofferto e saputo affrontare le vicissitudini della vita. Un giovane che ha saputo modificarsi attraverso lo studio e la lotta del proprio quotidiano. Una storia vera e forte come tante storie di giovani che hanno lottato credendo di poter cambiare il mondo”.
Giudizi politici di questo percorso io non ne do, ché non ne posso né so dare… e non è ciò che mai cerco, neanche in un libro “bollente” come questo. Ma l’emozione che a tratti mi ha dato vi assicuro è fortissima. Perché libro pieno di quella forza che solo la verità sa dare, scritto senza alchimie di formule né infingimenti, senza ipocrisie… senza assegnarsi ruoli, né da eroe né da vittima… a cominciare da quell’incipit… che è un chiaro onesto avviso al lettore.
Come chiara è la patente di autore, autore con la A maiuscola, che guadagna. E che bel riscatto, anche questa sua scrittura, che non mente…
Scrittura con a tratti passaggi molto belli, espressioni che ti fiaccano l’anima, che fanno, a volte, piangere, e non sai nemmeno perché. O forse lo sai, pensando alle domande che in quegli stessi anni, noi che più o meno c’eravamo, ci siamo fatti…
Ragionando da qualche tempo sulla necessità della scrittura, è cosa che dà gioia trovarne di quella “necessaria”, che compone le pagine della vera letteratura, pagine “scritte col sangue”, per usare un’espressione del “maestro” Marcello Baraghini. Ascoltate…
“Durante la notte non chiusi occhio. Il veleno mi saliva alla gola. Grattavo continuamente i tatuaggi che mi riempivano il corpo, come vecchie onorificenze sbiadite dalla storia”.
E forte un messaggio arriva oggi per tutti.
“Le storie come le mie ricominciano sempre. Prendete un ragazzino e destinatelo alla povertà. Poi speditelo lontano da sua madre, in un posto dove non vuole stare e, se disobbedisce, punitelo severamente. Fategli anche subire qualche molestia dai preti. Quando diventa grande, mostrategli che polizia e carabinieri sono lì per fregarlo, in nome della legge e della sicurezza delle persone per bene. Cosa potete aspettarvi? Che vi dica grazie?……forse arriverà anche a pensare di lottare insieme agli altri e di potere vincere”.
Sempre fermo, Pasquale Abatangelo, nella convinzione dell’importanza di rendere testimonianza, dell’essenza del suo essere comunista, che significa “passare il testimone… pensando a chi chiede l’elemosina agli angoli delle strade, agli immigrati sfruttati e respinti, ai ragazzi delle periferie cui è rubata ogni prospettiva…”.
Ancora una riflessione, molto personale. Più forte di tutte, devo dire, mi è rimasta altra impressione, forse per via della suggestione soffiata dal titolo, “Correvo pensando ad Anna”. Come quando un quadro, uno specchio, un riflesso di luci… messo all’ingresso di una casa, imprime la suggestione che poi ti accompagnerà senza mai abbandonarti all’interno di ogni ambiente, e lo scopri particolare che tanto particolare non è… così tutta la lettura del libro è stata accompagnata per me dalla presenza silente e fortissima di quell’Anna, che di Abatangelo è stata moglie, che tutta la vita del suo uomo ha seguito, nei momenti, pochi, fisicamente insieme, e nei momenti, infiniti, separati dalle mura di un carcere, dal riflesso di un vetro divisorio, dalle lontananze… sempre pronta ad esserci quando possibile, come possibile, dove possibile. Parla tantissimo, la presenza silente di Anna, ricchissima di quell’amore che penso ognuno almeno una volta ha sognato, nella vita, di incontrare…