Si parla di corporazioni
Corporazioni di arti e mestieri esistono fin dal medioevo.
Molti ultimamente parlano di corporazioni, evidentemente perché son diventate più influenti e invasive.
Sono come una grande piovra che controlla il sistema.
Ne parlano gli stessi che fanno parte di una o più corporazioni; ne parlano quelli che ripetono la parola a pappagallo perché l’hanno sentita pronunciare da qualcuno in televisione; ne parlano quelli che vorrebbero far parte di una corporazione e ne parlano quelli che vorrebbero far capire che queste corporazioni non sono mai scomparse da quando esistono e comandano senza sosta la vita dei comuni mortali (non associati)!
Chiarimenti per capire
La corporazione è “un’Associazione medievale organizzata per la salvaguardia o il raggiungimento di fini economici nell’ambito di un determinato settore della produzione e del commercio” (definizione tratta dal Dizionario della Lingua Italiana, Devoto-Oli).
Dalla corporazione si deve distinguere (anche se simile) la Gilda che è il “nome delle antiche associazioni di mutua assistenza, a carattere religioso e quindi mercantile e artigiano, caratteristiche dell’epoca medievale nell’Europa settentrionale, con funzioni analoghe a quelle delle corporazioni medievali (definizione tratta dal Dizionario della Lingua Italiana, Devoto-Oli).
Si ricorda anche che il 19 gennaio 1939 la Camera dei Deputati viene eliminata e al suo posto viene costituita la Camera dei Fasci e delle Corporazioni formata dal Gran Consiglio del Fascismo e dagli appartenenti al Consiglio Nazionale delle Corporazioni.
Le corporazioni mutano in lobby
E se una volta si formavano questi gruppi di persone, di lavoratori, per aiutarsi l’un l’altro, per avere mutua assistenza, per cercare di far lavorare tutti quelli che rientravano nel gruppo e quindi avevano delle qualifiche, oggi sono dei gruppi chiusi che dettano legge e trovano lavoro per mutua conoscenza a chi non ha proprio le qualifiche giuste ma, forse, un portafoglio pieno.
Oggi queste corporazioni sono diventate lobby: “termine usato negli Stati Uniti d’America, e poi diffuso anche altrove, per definire quei gruppi di persone che, senza appartenere a un corpo legislativo e senza incarichi di governo, si propongono di esercitare la loro influenza su chi ha la facoltà di decisioni politiche, per ottenere l’emanazione di provvedimenti nomativi, in proprio favore o dei loro clienti, riguardo a determinati problemi o interessi” (definizione tratta dal Dizionario della Lingua Italiana, Devoto-Oli).
Praticamente fanno il bello e cattivo tempo e ormai sono fuori controllo.
Sono ovunque naturalmente. In politica, nella finanza, nel settore giuridico (avvocati, magistrati, notai) , nel settore farmaceutico, nel settore medico, nel settore accademico, in quello giornalistico, ecc… .
La lobby politica è all’apice perché tutti rincorrono, per i propri interessi, il deputato di turno che può esaudire i desideri del richiedente. “La quota dei deputati appartenenti a qualche ordine è l’unica cosa che continua a crescere nell’economia italiana” scriveva Tito Boeri nella prefazione del libro Dinastie d’Italia. “Nella XVI legislatura ci sono ben 338 tra avvocati, medici, ingegneri, commercialisti, architetti, notai, giornalisti e farmacisti in Parlamento. Più di un terzo del numero totale di deputati e senatori”.
In qualunque settore di interesse e di controllo le lobby sono presenti.
Solo loro vedono la qualità
Da una recente stima, sono 27 le professioni che comportano l’iscrizione ad un albo.
Naturalmente c’è chi giustifica questi raggruppamenti di persone che sono scelte rispetto ad altre usando come scusa la qualità!
Sembra che molte persone rimangano fuori pur avendo delle qualità superiori, quindi non si capisce con quale criterio qualitativo i pochi vanno avanti. Oppure si sa, ma meglio non pubblicizzare che qualcuno lavora grazie a mezzi quali il nepotismo (famoso in molte categorie lavorative) e la collaborazione tra classi.
Oggi dicono che questi blocchi al normale svolgimento di una professione (se non si è incorporati ad una corporazione non si va da nessuna parte) stanno scomparendo.
Non si capisce se son convinti delle cose che dicono oppure se confidano sul fatto che le persone che recepiscono non siano in grado di capire o comunque di lottare per i loro diritti.
Tanto dicono di andare via dall’Italia o di giocare a calcetto se si rimane nel luogo d’origine.
Fatto sta che le lobby son diventate sempre più salde sui campi di loro interesse, hanno creato una fitta rete di rapporti con lobby estere e continuano a controllare il mercato del lavoro.
Si spera in un cambiamento che abolisca le lobby o le corporazioni, che dir si voglia, così il Paese potrà ripartire.
Marianna Di Felice