I giovani sembrano i più capaci ad affrontare l’isolamento. Tuttavia, a circa un mese dall’inizio della quarantena anche le nuove generazioni cominciano ad accusarne i colpi.
Che la quarantena sia indispensabile per contenere la pandemia di Covid-19, non si discute.
Men che meno l’importanza del rispetto delle norme di protezione.
Tuttavia, è ormai evidente che gli Italiani, in quarantena da quattro settimane, stiano iniziando a mostrare i primi segni di insofferenza.
Disparati studi in questi giorni stanno evidenziando gli effetti drammatici che l’isolamento sta avendo sulla popolazione mondiale, al di là dell’appartenenza generazionale.
La rivista scientifica Lancet ha recentemente pubblicato una review del Dipartimento di medicina e psicologia del King’s College di Londra, in cui sono presentati i maggiori effetti dell’isolamento. Il fine è quello di trovare soluzioni che possano mitigarne l’impatto negativo sulla salute mentale.
Calo dell’umore, maggiori livelli di ansia e paura, irritabilità, insonnia, confusione mentale e deficit cognitivi, risultano essere i disturbi più frequenti causati dall’isolamento.
Ma come vivono l’isolamento la generazione Y (i celebri Millenians) e i giovanissimi appartenenti alla Generazione Z (nati dopo il 2000)?
Sicuramente per chi è nato sotto il segno della tecnologia, non è stato difficile adattarsi in una certa misura allo scossone provocato dall’epidemia.
In pochi giorni, infatti, abbiamo assistito ad un’ impennata nell’utilizzo dei social media.
Le videochiamate, specialmente quelle di gruppo, hanno vissuto una nuova giovinezza, trasformandosi nel principale sostituto della vita mondana, utilizzate per organizzare aperitivi, cene, brindisi e sbronze virtuali durante l’isolamento.
Anche l’uso di dirette Instagram, impiegate prevalentemente come forum di discussione, ha registrato un aumento. Volte a riunire più voci, spesso sconosciute fra loro, sono divenute strumento per la condivisione dei propri dubbi e le proprie paure, ma anche un luogo di scambio e consigli su come affrontare i momenti di sconforto che questo periodo può costringerci a vivere.
Quotidianamente sui social media vengono lanciate “challenges”, sfide virtuali più o meno intelligenti, volte a coinvolgere più utenti possibili; insomma, tutto quello che ci può aiutare a non perdere il contatto con la realtà.
Sotto questo punto di vista, la connessione Wi-Fi ha sicuramente alleggerito l’attuale situazione per milioni di giovani italiani. Tuttavia, a circa un mese dall’inizio della quarantena anche noi iniziamo ad accusarne i colpi.
Quale sono le reazioni?
Dagli studi emerge che i giovani tra i 18 e i 29 anni, in precedenza i più reticenti ad accettare le limitazioni imposte dal governo, i colpevoli degli “assembramenti”, sono quelli che stanno reagendo meglio all’isolamento.
Tuttavia, la fatica ad accettare la distanza sociale, la possibilità di future proroghe alla quarantena e l’incertezza per i risvolti futuri, sono fra le maggiori preoccupazioni.
Molti, rientrati dai luoghi in cui studiano o lavorano, per affrontare con i propri cari questi momenti di difficoltà, si ritrovano spaesati, sempre meno abituati a condividere il tempo con le proprie famiglie. In egual modo, anche chi non aveva abbandonato ancora il nido, accusa la mancanza di spazi personali, diventando vittima di stress ed ansia.
Difatti, oggigiorno siamo molto poco inclini a “vivere la casa” nel senso tradizionale del termine.
E anche i più grandi esponenti di “Netflix&Chill”, i cultori dell’otium moderno di solito accompagnato da cibo spazzatura, birre e sostanze non totalmente legali, sentendosi costretti da fattori esterni, sembra ci stiano perdendo gusto.
Ma forse una soluzione c’è…
La solitudine spaventa ed ora più che mai la soluzione è quella di mantenere vivi i rapporti, attraverso la comunicazione, virtuale e non.
Anche se essa può comportare (lo dico con un sorriso), situazioni al limite del grottesco.
Come suggerito da Zerocalcare, che ha dedicato un suo episodio del fumetto “Rebibbia quarantine” alla condizione dei giovani rinchiusi in casa a causa del Coronavirus, questi giorni ci appaiono distorti, a causa del “filtro quarantena”.
Il “filtro quarantena”
Ci ritroviamo in conversazioni con persone o conoscenti che non sentivamo da molti anni, ma che comunque “alla fine vivono quello che viviamo noi”.
Elemosiniamo qualche risposta dalla cassiera del supermercato o da qualche altro disperato che si ritrova a vagare (sempre a distanza di sicurezza) nelle lande desertiche fra i pelati e i cereali.
Riesumiamo ex fidanzati, ex amici, ex gruppi di calcetto seppelliti nell’archivio di Whatsapp, pur di ricreare una connessione con la nostra vecchia vita. Per evitare di sentirci i protagonisti sfigati del remake “Io sono leggenda” senza Will Smith e con più cibo sullo stomaco.
L’importanza della ricostruzione sociale
Magari concluso questo periodo tutto ciò ci sembrerà ridicolo e forse un po’ imbarazzante, ma potrebbe aiutarci nell’affrontare il futuro. La coesione sociale, la solidarietà e il senso di comunità sono indispensabili nella “ricostruzione”.
L’empatia fra gli individui è necessaria al pari del bisogno di supportare la continuità economica.
Nel caso la situazione si faccia tragica e le relazioni social ci sfuggano di mano, possiamo chiedere a Conte di seguire il suggerimento di Zerocalcare e dichiarare che siamo stati tutti “vittime di una sbronza collettiva”.
Arianna Pepponi