Al “tratteremo a certe condizioni” di Pyongyang pareva trovarsi davanti a una distensione rispetto a quei rapporti turbolenti tra Stati Uniti e Corea del Nord che negli ultimi mesi hanno tenuto con il fiato sospeso l’intera popolazione.
Il timore di una guerra mondiale ha turbato tutti, e tra improvvisate missioni di pace, di scarsa efficacia, e un presidente statunitense che ha poca confidenza con i modi della diplomazia, sembra tutto il frutto di un gioco affidato ad un funambolo cieco.
Arriva durante la notte la notizia di un altro test missilistico effettuato dalla Corea di Pyongyang, un test ben più pericoloso di quelli fatti volare finora.
“La Corea del Nord ha lanciato un missile balistico non meglio identificato intorno alle 5.27 di oggi da un’area nelle vicinanze di Kusong, nella provincia di Pyongan.”
Mentre lo stato maggiore sudcoreano informa dell’avvenuto – succede tutto in concomitanza con l’apertura del meeting con cento nazioni in Cina – cominciano le analisi relative a pericolosità, strategia ed intenzioni di un dittatore che si muove schizofrenicamente tra disgelo e tensione, in una politica fatta di innumerevoli giri di valzer.
Le caratteristiche
Da quanto emerge, si tratterebbe di un missile a medio raggio, molto più pericoloso di quelli precedenti, ma fortunatamente non intercontinentale da quanto fa sapere il comando Usa del Pacifico, Hawaii.
Il missile avrebbe volato per 30 minuti, percorrendo all’incirca settecento chilometri prima di finire sulla Nuova Via della Seta, nel Mar del Giappone.
David Wright, esperto del settore, sulla base dei calcoli fatti tuttavia informa che nella se un missile vola per 30 minuti, lanciato nella giusta traiettoria, potrebbe tranquillamente arrivare a fare 4500 chilometri.
Da un punto di vista strategico tuttavia quella della Corea del Nord non sarebbe che l’ennesima di una lunga serie di provocazioni, nonché un palese braccio di forza con l’ONU. Kim sembra infatti non considerare affatto le sanzioni del Consiglio di Sicurezza.
Una dimostrazione di potenza, che se da un lato arriva nel bel mezzo dei segretissimi colloqui con gli USA, dall’altra si inquadra in concomitanza con i festeggiamenti della pax cinese e il supermeeting di Pechino.
L’intervento
Sappiamo che Kim è disposto a scendere a patti, nulla ancora si sa di quali siano.
Trump da parte sua continua a tranquillizzare l’opinione pubblica, proponendo il dialogo. Intervento sì, ma non militare.
Vi è dietro la considerazione degli addetti agli esteri del bene maggiore della Corea del Sud, prima in prossimità di pericolo nel caso in cui scattasse un conflitto. La vicinanza poi alla Cina, dai comportamenti non sempre chiari, al Giappone e alla grande Russia è poi un deterrente rispetto a qualsiasi gioco a somma zero si voglia mettere in atto.
Eppure la sfacciata prontezza con cui Kim continua a far test missilistici allarma sulle mire del dittatore nordcoreano e non solo.
Il dilemma legato all’assenza, per le caratteristiche geologiche, di materie prime atte alla costruzione di armi atomiche, continua ad allarmare rispetto alla presenza di un mercato nero e quindi alla presenza di uno o più stati terzi che potrebbero avere interessi nel tenere la situazione calda e la tensione alta.
Certo è che la vicenda non si ferma qui e continuerà a tenere ancora per molto tempo alta l’attenzione.
Ilaria Piromalli