Abbiamo più volte ribadito l’importanza che del ruolo che il lavoro gioca nel determinare l’identità delle persone, al di là della chiara importanza che riveste per la nostra sopravvivenza. Come in tutte le cose, però, non bisogna esagerare, perché i rischi legati al troppo lavoro e al lavorare male sono molteplici. Per evitare situazioni simili, il Governo della Corea del Sud, in cui c’è una forte cultura del lavoro (analoga a quella presente in Giappone), ha deciso di prendere provvedimenti…prima che sia troppo tardi.
Una situazione insostenibile
La decisione di fare qualcosa per tutelare i lavoratori da orari lavorativi massacranti deriva da importanti avvenimenti che si sono svolti in Corea del Sud. Infatti, un funzionario pubblico si suicidò nel 2017 proprio a causa dell’eccessivo carico di lavoro che non riusciva a gestire. Inoltre, sempre più coreani lamentano di non riuscire a conciliare vita privata e lavorativa (quello che in letteratura viene chiamato work-life balance). Avevamo già discusso, infatti, dell’importanza di questo equilibrio. E ancora, gli orari di lavoro possono essere estenuanti, come dimostra l’intervista a un giovane coreano che sostiene di lavorare anche 60 ore a settimana, senza nemmeno ricevere gli straordinari che gli spetterebbero.
In Corea del Sud si lavora troppo
Com’è possibile lavorare così tanto? Possibile che il Governo coreano non faccia niente per tutelare i propri lavoratori? Più o meno. In Corea del Sud esiste una legge (Labor Standard Act) che impone un orario lavorativo di massimo 40 ore settimanali (più massimo 12 ore di straordinari). Tuttavia, il Ministero del Lavoro coreano ha escluso sabato e domenica dal conto dei giorni della settimana lavorativa, per cui in questi giorni non si applica il limite della settimana lavorativa e si può lavorare altre 16 ore. Arriviamo a un massimo totale di 68 ore settimanali. Solo i messicani lavorano più ore all’anno.
Cambio direzione
Finalmente, comunque, la Corea del Sud sembra voler rimediare. Il 28 febbraio 2018, infatti, il Parlamento coreano ha approvato una legge che rende la settimana lavorativa di massimo 52 ore, includendo anche i sabati e le domeniche. Per evitare potenziali effetti negativi sul costo del lavoro e sul salario minimo, questa legge sarà applicata gradualmente. Le aziende con più di 300 dipendenti saranno le prime ad adottare questa misura, seguite da quelle con 50-299 dipendenti e infine da quelle con meno di 49 dipendenti. Questa legge si aggiunge all’iniziativa di spegnere i computer dei lavoratori in modo che non sforino l’orario di lavoro. Vediamo nel dettaglio come funziona questo stop.
Si parte da Seul
L’iniziativa partirà il 30 marzo 2018 nella capitale coreana, Seul, in cui l’amministrazione cittadina ha dato ordine di procedere allo spegnimento automatico dei computer alle 20:00 (ora coreana). I lavoratori coinvolti sono chiaramente dipendenti pubblici, che nello specifico lavorano praticamente in tutti gli edifici legati al municipio di Seul (municipio compreso). I computer verranno spenti alle 19:30 ogni secondo e quarto venerdì del mese. A partire da maggio, l’orario si ridurrà ulteriormente, disponendo lo spegnimento alle 19:00 per tutti i venerdì. Come riportato da Korea Herald, questa iniziativa si estenderà gradualmente anche ad altri edifici pubblici di Seul.
Quali conseguenze?
Nonostante le lamentele dei coreani sulla lunghezza dell’orario lavorativo, ben il 67% dei dipendenti pubblici ha già chiesto di essere esentato da questa iniziativa. Tuttavia, si verrà esclusi solo in casi particolari. Questa richiesta di esenzione non può che sorprendere, visto ciò che abbiamo affermato prima. Che la loro cultura del lavoro sia, in fin dei conti, così forte da non concepire una reale riduzione dell’orario di lavoro? Che ne pensate? In Italia abbiamo il problema opposto? Come vi spiegate questa reazione dei dipendenti pubblici coreani? Fatecelo sapere con un commento.
Davide Camarda