In libreria dal 24 aprile, il nuovo saggio di Igor Sibaldi, “Il coraggio di essere idiota”, analizza uno degli autori russi più citati e conosciuti in Europa, Dostoevskij. Lo stesso titolo è un chiaro riferimento all’opera, “L’idiota”, che l’autore moscovita terminò nel 1869, durante l’esilio. Partiamo da questo legame per giungere al vero obiettivo dell’opera: ovvero, di cosa si tratta? O meglio, di “chi si tratta”? Si tratta di noi.
La ricerca della felicità è affare di tutti, non soltanto di saggisti o romanzieri, ma dell’intera umanità. La felicità è un obiettivo dai caratteri sfuggenti, una “creatura” seducente della quale ci si innamora facilmente.
Igor Sibaldi, nato da madre russa e padre toscano, è studioso di filologia, teologia, filosofia e storia delle religioni; è autore di opere sulle Sacre Scritture e sullo sciamanesimo, oltre che di opere di narrativa e teatro. Negli anni Ottanta e Novanta ha tradotto varie opere di letteratura russa, tra cui Tolstoj e, appunto, Dostoevskij, dedicandovi monografie e saggi introduttivi.
Il suo rapporto con la letteratura russa è uno degli elementi chiave da tenere in considerazione nel momento in cui ci si avvicina alle sue opere e, in particolare, a questo saggio.
Il primo ostacolo da superare, secondo l’autore, nel viaggio che porta alla felicità, è l’abbandono delle convenzioni sociali, della moralità e delle ambizioni sentite come doverose. Una casa di vetro opaco che non permette di apprezzare pienamente la realtà che ci circonda. L’obiettivo principale è abbandonare questo approccio conformista per abbracciare un modus vivendi rivoluzionario. Il più grande peccato è non sentirsi etichettati come idioti.
Così è per il protagonista de L’idiota di Dostoevskij: il giovane principe Minskin, che a tutti appare ingenuo, ma che, in realtà, vuole soltanto insegnare a non opporsi ai propri desideri più profondi. Il principe subito viene bollato quale idiota per la sua semplicità e schiettezza. Ma tutti non potranno che restarne affascinati. È un uomo semplice, forse non farà molta strada nella vita, ma di lui ci si può fidare.
In una lettera del 1867 indirizzata al poeta Apollon Majkov, Dostoevskij descrisse il nucleo significativo del romanzo a cui stava lavorando:
Da tempo mi tormentava un’idea, ma avevo paura di farne un romanzo, perché è un’idea troppo difficile e non ci sono preparato, anche se è estremamente seducente e la amo. Questa idea è raffigurare un uomo assolutamente buono. Niente, secondo me, può essere più difficile di questo, al giorno d’oggi soprattutto.
La profonda conoscenza dei temi cari a Dostoevskij permette all’autore di confezionare una guida per vivere una vita libera e autentica. Un libro dalla forte carica motivazionale che spinge il lettore verso la rivalutazione di se stesso.
L’opera, sebbene intrinsecamente legata a “L’idiota” dostoevskijano, si presta a una lettura autonoma rispetto alla conoscenza dell’autore russo. Esso si pone a cavallo tra un “vademecum” e un genere a sé stante: una volta aperto, quasi fosse un carillon, un sentito consiglio riecheggia di pagina in pagina.
Non essendo un testo di critica, non richiede ai lettori una dimestichezza con l’opera dostoevskijana: chi ne ha letto qualcosa, riconoscerà le fonti; chi non ne sa ancora nulla, imparerà comunque le acrobazie.
Il libro, edito da Mondadori, è un piccolo capolavoro letterario. Il consiglio è quello di trovare un posto appropriato che permetta di raggiungerlo e aprirlo ogniqualvolta sorga in voi il dubbio di essere idioti.
Giuseppe Bua