Sono passati ormai 7 mesi dall’approvazione nel Parlamento Europeo della controversissima riforma del copyright. La proposta era nata in difesa dei creatori di contenuti originali, ma a distanza di mesi chi ne sta pagando le conseguenze?
Al centro della controversia
Gli articoli che più hanno infiammato il dibattito internazionale sul diritto d’autore sono l’art.11 e 13, i quali approfondiscono due aspetti diversi della condivisione digitale di contenuti online.
- L’articolo 11 è soprannominato “link tax” ed interessa gli aggregatori online (ad esempio “Google News” ), che pubblicano le anteprime degli articoli. Tali aggregatori sono tenuti a munirsi di apposita licenza e a pagare gli editori per l’utilizzo dei loro articoli.
- L’articolo 13 invece è più incentrato sulle piattaforme che creano contenuti digitali e multimediali, in particolare “Youtube”. L’intento dell’articolo difende i creatori di contenuti originali da chi diffonde materiale protetto da copyright in modo non onesto.
Per quanto riguarda l’articolo 11, parlare di “link tax” non è del tutto appropriato, si tratta più precisamente di un accordo che compensa gli editori per l’utilizzo degli “snippet” (letteralmente ritaglio): codici sorgenti che forniscono una breve anteprima dell’articolo. Questa retribuzione potrebbe favorire giustamente gli editori. Si pensi a tutte le volte che una notizia viene copiata ed incollata nel mare magnum di questi aggregatori, come Facebook, Google, Linkedin, ma gli esempi sono tanti. La condivisione perchè dovrebbe favorire solamente le grandi società e non anche gli editori, produttori di contenuti? La riforma in questione dovrebbe responsabilizzare la diffusione e la fruibilità dei prodotti editoriali, ricompensando gli editori e sanzionando chi non ne rispetta il copyright.
Google e gli editori: un’accesa diatriba
Uno dei primi paesi europei ad accogliere la normativa sul copyright è stata la Francia, durante quest’estate. La presa di posizione di Google, a fronte della normativa, suscita subito sdegno tra gli editori. Il motore di ricerca infatti decide di rimuovere dalle notizie gli snippet, sradicando il problema alla radice. Il servizio di Google News in Francia mostra solamente il titolo ed il link degli articoli, nessuna immagine di anteprima, a meno che non sia l’editore a richiedere il servizio.
L’altro caso che sta facendo parlare è quello spagnolo: lungo la penisola iberica la sezione notizie di Google non è presente. Il motivo risale al 2014, anno in cui venne emanata in Spagna una legge sul diritto d’autore, anticipando la direttiva europea: i motori di ricerca sono tenuti a pagare il copyright.
A fronte di questi avvenimenti come mai il colosso di Mountain View ha preso questa decisione? In realtà per un motivo molto semplice. Il servizio di Google è gratuito e offre potenzialmente enorme visibilità ai creatore di contenuti editoriali, senza bisogno di costi pubblicitari. L’idea di un servizio gratuito agli editori e allo stesso tempo pagarli per gli snippet potrebbe sembrare paradossale.
Come si evolverà la situazione?
Al momento il rischio più grande è che Google decida di rimuovere il suo servizio “News” da tutta Europa, scelta che sarebbe fatale per le piccole realtà editoriali e le redazioni online, che basano la loro visibilità sul servizio che i grandi aggregatori offrono. Allo stesso tempo, non si creda che l’attuazione in toto della riforma sia la soluzione migliore, anche in quel caso c’è il rischio che ciò favorisca solo le grandi case di produzione, che si arricchiscono ancora di più.
In Italia la riforma deve ancora essere attuata, ma gli scenari possibili potrebbero non essere molto diversi da quelli che si stanno prospettando in Europa (alcuni quotidiani italiani, come La Repubblica e La Stampa si sono espressi in favore dei colleghi francesi) . Si parla già di una riforma “boomerang”: per quanto nata con i migliori intenti, potrebbe rischiare di danneggiare proprio coloro che dovrebbero essere tutelati.
Sicuramente è una riforma che divide, che attacca le grandi aziende, che ormai purtroppo monopolizzano il mercato editoriale. Il fine, che continua a rimanere incurato, dovrebbe rimanere la libera informazione, fatta di condivisione e incontro con l’altro.
Jacopo Senni