Cop29 di Baku, giorno supplementare: 300 miliardi sul tavolo

COP29 di Baku

La COP29 di Baku, che si sarebbe dovuta concludere ieri, entra nel suo giorno supplementare con l’ardente speranza di trovare un compromesso tra le nazioni sviluppate e quelle in via di sviluppo. Le trattative, che si sono intensificate nella notte, ruotano attorno alla creazione di un fondo per il clima che possa garantire il sostegno finanziario ai Paesi più vulnerabili, minacciati dai cambiamenti climatici, ma divisi sulla quantificazione degli aiuti.

Nel corso della giornata di ieri a Baku, le discussioni della Cop29 si sono concentrate su un aspetto cruciale: il mancato accordo sul nuovo fondo per gli aiuti climatici. Il nodo principale riguarda il totale degli stanziamenti che i Paesi ricchi sono disposti a mettere in campo. Nonostante gli sforzi diplomatici, i negoziati non hanno prodotto un’intesa definitiva, portando alla necessità di un ulteriore prolungamento della conferenza. Oggi, infatti, è prevista una nuova assemblea plenaria, dove si tenterà di giungere a una conclusione soddisfacente.

A complicare la situazione della COP29 di Baku, le differenze di vedute tra le potenze economiche e i Paesi in via di sviluppo sembrano ancora molto forti. Mentre i Paesi industrializzati si sono resi disponibili ad aumentare il contributo per il clima, la proposta avanzata dalla presidenza azera, che prevede un fondo da 250 miliardi di dollari all’anno a partire dal 2025, è stata respinta dalle nazioni emergenti. Queste ultime ritengono l’offerta insufficiente e chiedono una cifra ben più alta per rispondere adeguatamente alle sfide che affrontano.

Il principale blocco in queste discussioni è costituito dalla richiesta avanzata dalla coalizione G77+Cina, che rappresenta i Paesi in via di sviluppo e che sollecita un impegno di 1.300 miliardi di dollari all’anno, con una parte consistente di questi fondi destinata a contributi pubblici a fondo perduto. Secondo la visione di questi Paesi emersa bel corso della COP29, un importo inferiore a 300 miliardi di dollari all’anno fino al 2030, e 390 miliardi entro il 2035, sarebbe inadeguato per sostenere la loro crescita economica e allo stesso tempo affrontare i danni provocati dai cambiamenti climatici.

Le posizioni degli attori principali alla COP29 di Baku

I negoziati si sono concentrati su due elementi chiave: l’entità dei fondi e la modalità di erogazione. Gilberto Pichetto, il Ministro italiano per l’Ambiente e la sicurezza energetica, sta trattando all’interno della delegazione dell’Unione Europea, guidata dal Commissario per l’Energia Wopke Hoekstra. L’Italia, pur supportando la posizione europea, sta cercando di bilanciare la necessità di incrementare il contributo economico, ma senza compromettere l’efficienza e la sostenibilità degli aiuti.



Nella notte, sono emerse voci che suggeriscono una possibile revisione della proposta, con un possibile aumento dei fondi annuali fino a 300 miliardi di dollari. Tale mossa potrebbe essere la chiave per chiudere il negoziato e trovare una soluzione che soddisfi entrambe le parti. Tuttavia, la situazione rimane ancora fluida, con i Paesi in via di sviluppo che non sembrano disposti a scendere a compromessi su cifre troppo basse.

Un altro elemento di discussione riguarda la composizione del fondo: mentre alcuni Paesi propongono che i contributi provengano da una combinazione di risorse pubbliche e private, i rappresentanti dei Paesi del G77+Cina sottolineano che la maggior parte degli aiuti dovrebbe essere destinata come finanziamenti pubblici a fondo perduto, per evitare che le nazioni vulnerabili si ritrovino a dover affrontare pesanti debiti legati alla lotta contro il cambiamento climatico.

Il rischio di non trovare un accordo

La minaccia di una non intesa finale è ancora concreta. Se non si riuscirà a raggiungere un compromesso soddisfacente, la credibilità della COP29 potrebbe risentirne gravemente, con ripercussioni anche sulle future negoziazioni. La conferenza di Baku rappresenta infatti un banco di prova fondamentale per la comunità internazionale, che si è impegnata a contrastare il cambiamento climatico attraverso la solidarietà finanziaria e l’adozione di politiche globali coordinate.

Gli osservatori internazionali sottolineano che il rischio di non raggiungere un accordo potrebbe compromettere gli obiettivi a lungo termine stabiliti nell’ambito dell’Accordo di Parigi. L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali è a portata di mano solo se tutti i Paesi, in particolare quelli più ricchi, accettano di fare la loro parte, sia dal punto di vista delle politiche di decarbonizzazione che dei finanziamenti per l’adattamento ai cambiamenti climatici.

I possibili scenari futuri

I giorni supplementari potrebbero portare a una soluzione, ma resta da vedere se i Paesi sviluppati accetteranno di aumentare significativamente i loro contributi. Se si arriverà ad un accordo che prevede 300 miliardi di dollari all’anno, i Paesi in via di sviluppo potrebbero essere disposti a entrare in un compromesso. Tuttavia, sarà fondamentale che tali fondi siano distribuiti in modo equa e sostenibile, affinché possano davvero rispondere alle esigenze di mitigazione e adattamento.

Il tempo stringe e le prossime ore saranno decisive per l’andamento della conferenza. Se non si troverà un accordo, le prossime edizioni della COP potrebbero subire una flessione di credibilità in un contesto in cui il cambiamento climatico è ormai una delle sfide più urgenti e globali.

Vincenzo Ciervo

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