La ventiquattresima Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite, anche nota come COP24, si sta svolgendo da ieri a Katowice, in Polonia. Protagonisti sono i rappresentanti di 200 Paesi, teoricamente accomunati dal medesimo obiettivo: salvare il Pianeta.
Ma la pratica è ben diversa dalla teoria. O meglio, dall’utopia. Durante la COP24 ognuno sembra perseguire i propri interessi, inconsapevoli che la non-tutela dell’unica Terra che abbiamo a disposizione renderà il loro grande sogno economico ed egemonico una triste illusione. E le conseguenze saranno devastanti.
I rappresentanti dei 200 Stati hanno a disposizione due settimane per ridare linfa agli Accordi di Parigi sul clima e fermare il riscaldamento globale entro i 2°. L’obiettivo è definire un libro-guida per attuare tutti i principi dell’Accordo, per sostenere i Paesi meno sviluppati, per mitigare le proprie emissioni e per adattarsi al clima già mutato. Ma, come da previsioni, tutti fanno a gara per difendere il diritto di inquinare ancora un po’.
La deforestazione in Brasile non sarà controllata. Le centrali a carbone in Germania non saranno chiuse. L’India non ridurrà le emissioni, perché d’altronde deve potersi sviluppare pure lei. La Cina ha bisogno di aumentare la sua produzione per tenere testa agli Stati Uniti. Tutti i Paesi emergenti chiedono misure meno restrittive sulle proprie emissioni di CO2, dall’Indonesia al Brasile, dalla Russia all’Arabia Saudita, ma anche Paesi più piccoli come la Thailandia e la Colombia. Gli USA hanno addirittura scelto di uscire dall’Accordo, negando la drammaticità del climate change.
L’irresponsabile posizione della padrona di casa
A conclusione della prima giornata della COP24, il presidente polacco Andrzei Duda fa un passo indietro destabilizzante. “La Polonia non può rinunciare al carbone, una materia prima strategica che garantisce la sovranità energetica dei polacchi”, afferma il padrone di casa. Varsavia conta ancora sul carbone per l’80% del suo fabbisogno energetico, quando il target fissato dalla Commissione europea è del 40% entro il 2030. Interessi personali 1, responsabilità collettiva 0.
“Le parole del presidente mettono a rischio l’esito della conferenza”, sottolinea il direttore polacco di Greenpeace Bohdan Pekacki, ricordando che secondo gli scienziati il mondo può evitare la crisi climatica solo se rinuncerà definitivamente all’uso del carbone entro l’anno 2030.
Ma non solo. I media locali annunciano che Duda celebrerà in una miniera di carbone la tradizionale festa di Santa Barbara, patrona dei minatori. E lo farà oggi, mentre è in corso la COP24. Una beffa a danno di tutti.
Rischi e conseguenze del climanegazionismo
Il 2018 è stato uno degli anni più caldi da sempre e la concentrazione media di CO2 ha superato le 410 parti per milione, il valore più alto degli ultimi 800.000 anni. I segnali che arrivano dagli INDC, la metrica di progresso degli Accordi di Parigi, segnalano una situazione mediocre, insoddisfacente e insufficiente. Riduzione delle fonti fossili, efficienza energetica, mobilità sostenibile, lotta alla deforestazione, adattamento al climate change, sono tutte preoccupazioni che stanno a cuore soltanto a quei pochi governi capaci di mettere da parte la corsa alla ricchezza. Troppo pochi per auspicare un miglioramento climatico. Gli INDC attuali urlano cifre spaventose: nel 2100 il mondo raggiungerà una temperatura di 3,2°C, se adottiamo il climanegazionismo e usciamo dall’impegno parigino di raggiungere i 2°.
Rimangono due generazioni per salvare il Pianeta dai cambiamenti climatici e dagli effetti che questi avranno sulla salute dell’uomo e di tutte le altre specie viventi. Due generazioni, ovvero circa 20 anni. Oggi le morti in Europa dovute all’aumento di temperatura del clima sono migliaia ogni anno, ma diventeranno presto milioni se non si attuano politiche internazionali responsabili.
Ilaria Genovese